La crescita statunitense rallenterà nel corso dell’anno, ma abbiamo rivisto al ribasso le probabilità di recessione e al rialzo l’orientamento dei rischi, in virtù dell’allentamento delle tensioni commerciali e della resilienza del flusso di dati relativo all’economia reale; per l’Area Euro, la prospettiva resta quella di un indebolimento della crescita sequenziale tra secondo e terzo trimestre. Le tariffe indurranno una temporanea spinta al rialzo sui prezzi negli Stati Uniti, mentre avranno impatti limitati in Area Euro, dove diversi elementi lasciano presagire un consolidamento del processo disinflazionistico
Restiamo convinti che la crescita economica degli Stati Uniti andrà incontro a un rallentamento nel corso dell’anno; tuttavia, abbiamo significativamente ridotto le probabilità di una recessione, dal 45% stimato in precedenza all’attuale 25-30%, e al contempo abbiamo introdotto rischi al rialzo per il nostro scenario centrale. Il flusso di dati macro che si conferma solido, nonostante la discrasia tra dati sull’economia reale e gli indicatori di sentiment, un livello di disponibilità liquide ancora elevato e l’allentamento delle tensioni commerciali rappresentano infatti elementi che riducono sensibilmente il rischio che il rallentamento atteso per quest'anno sfoci in una recessione.
Manteniamo invariate le nostre attese per la crescita dell’Area Euro, dove ci aspettiamo un rallentamento della crescita sequenziale a cavallo tra il secondo e il terzo trimestre, poiché le persistenti tensioni commerciali potrebbero gravare sulla crescita economica attraverso il commercio netto e gli investimenti.
In Cina, la crescita è destinata a raffreddarsi nel corso dell’anno, poiché il nuovo livello di tariffe più elevato sarà solo parzialmente compensato da ulteriori stimoli fiscali; tuttavia, abbiamo rivisto al rialzo le nostre stime per la crescita sul 2025 dal 4.2% precedente all’attuale 4.7%, in virtù dei segnali di distensione tra Stati Uniti e Cina.
Con riferimento alla dinamica dei prezzi, le rilevazioni di aprile negli Stati Uniti non hanno mostrato segni di pressioni al rialzo. Tuttavia, ci aspettiamo che le tariffe possano avere un impatto nei mesi a venire e segnare un picco durante l'estate. Se da un lato l'allentamento delle tensioni tra Stati Uniti e Cina è stato accolto con favore, dall’altro il livello medio delle tariffe statunitensi ponderate per gli scambi commerciali si attesta al 14%, rispetto al 2,5% dello scorso anno. Pertanto, ci aspettiamo un temporaneo aumento dei prezzi dei beni, seppur inferiore a quanto stimato in precedenza: l’indice dei prezzi al consumo core per il 2025 dovrebbe attestarsi al 3,0% dal 3.2% precedente.
Ad aprile l'inflazione core in Area Euro ha sorpreso al rialzo, trainata dalla componente dei servizi, ma giudichiamo improbabile una riaccelerazione sostenuta. Sono emersi infatti diversi segnali che continuano a indicare un consolidamento del trend disinflazionistico, e restiamo convinti che l’inflazione core raggiungerà l’obiettivo di policy entro dicembre 2025.
In Cina, le diffuse tendenze deflazionistiche hanno continuato a frenare la risalita degli indici dei prezzi al consumo, mentre il persistente eccesso di capacità produttiva ha contribuito a un ulteriore calo dei prezzi alla produzione.
Con riferimento alla politica monetaria, restiamo convinti che la Fed taglierà i tassi due volte nel corso dell’anno, ma non escludiamo la possibilità che possa intervenire solo una volta nel quarto trimestre. Relativamente alla BCE, ci aspettiamo altri tre tagli dei tassi entro la fine dell'anno, ma introduciamo rischi di un intervento più aggressivo qualora il mix di crescita-inflazione dovesse peggiorare ulteriormente rispetto al nostro scenario centrale. Infine, abbiamo rivisto al ribasso le nostre aspettative sulla PBoC, che dovrebbe tagliare i tassi di 20 punti base nel corso dell'anno (contro i 40 previsti in precedenza), senza intervenire ulteriormente sul RRR prima dell'estate (contro i 50bp attesi in precedenza).
CRESCITA
Stati Uniti – Al banco di prova
Confermiamo l’aspettativa di un rallentamento dell'economia statunitense nei prossimi mesi. La politica commerciale adottata dall'amministrazione statunitense, significativamente più aggressiva del previsto, graverà in futuro sulla spesa dei consumatori e delle imprese (86% del PIL).
Ma il rallentamento non sfocerà in una recessione quest'anno. Rispetto al mese scorso i rischi al ribasso relativi al nostro scenario centrale si sono notevolmente riequilibrati: pertanto, abbiamo rivisto al ribasso la probabilità di una recessione al 25-30%, dal 45% stimato in precedenza.
I dati sull’attività reale, che svolgono un ruolo fondamentale nel nostro quadro previsionale, rimangono solidi, soprattutto quelli relativi alla domanda interna privata aggregata.
1) Il PIL del primo trimestre (-0,3% trimestrale, tasso annuo destagionalizzato, dal 2,5% del quarto trimestre 24), è risultato inferiore sia alle nostre previsioni (0,8%) che a quelle del consenso (-0,2%). Tuttavia, questo rallentamento non è di certo un segnale che l'economia statunitense sia sull'orlo del collasso.
Per diversi motivi:
i) Il PIL è una stima della produzione basata sulla spesa, che rende difficile misurare con precisione la crescita nei trimestri caratterizzati da ampie oscillazioni di componenti intrinsecamente difficili da valutare, come le scorte e le esportazioni nette. Nello specifico, entrambe queste componenti hanno subito variazioni particolarmente rilevanti nel primo trimestre. L’impennata delle importazioni in vista dell’entrata in vigore delle tariffe ha più che compensato un solido aumento degli acquisti interni lordi (C+I+G), determinando un calo della produzione interna nel primo trimestre. Inoltre, non è da escludere che l'aumento delle importazioni si inverta nel secondo trimestre.
ii) La spesa per consumi ha sorpreso al rialzo nel primo trimestre (1,8% su base trimestrale, vs stime di consenso all'1,2%). Nonostante il rallentamento registrato rispetto al dato del quarto trimestre (4,3%), è difficile riconciliare questo dato con il pessimismo che si riflette nei dati sul sentiment dei consumatori. La debolezza è dovuta in gran parte alla correzione dei consumi di beni durevoli (-3,4% su base trimestrale) dopo l'impennata del quarto trimestre (+12,4%). Nel frattempo, la spesa per servizi ha segnato un deciso aumento al 2,4% su base trimestrale, solo leggermente inferiore al forte tasso di espansione registrato nel quarto trimestre del 2014 (+3,0 trimestrale) - mentre il tasso di risparmio, seppur in aumento, si conferma ancora basso (4,0% nel primo trimestre del 2015 dal 3,7% del quarto trimestre del 2024). Se le famiglie fossero davvero diventate più prudenti, così come emerso dai sondaggi di sentiment dei consumatori, ci saremmo aspettati un calo più ampio della spesa in tutte le categorie, o almeno una diversa composizione della spesa. A nostro avviso, se i consumatori fossero effettivamente preoccupati per l’effetto delle tariffe, avrebbe avuto più senso anticipare gli acquisti di beni a scapito dei servizi.
iii) La componente di acquisti finali privati domestici (spesa per consumi + investimenti fissi privati), che costituiscono la spina dorsale dell'economia statunitense e rappresentano l'85% del PIL degli Stati Uniti, è cresciuta del 3,0% su base trimestrale, a un ritmo leggermente superiore rispetto al quarto trimestre. Gli investimenti fissi delle imprese sono saliti al 7,8% trimestrale (dal -1,0% del quarto trimestre 24), trainati principalmente da un forte rimbalzo della spesa per attrezzature. L'impennata è chiaramente insostenibile per il futuro e probabilmente anticipa l'implementazione delle tariffe; tuttavia, a nostro avviso, segnala che le imprese "vedono la luce alla fine del tunnel delle tariffe".
Una domanda interna ancora solida in vista del secondo trimestre. I dati sulle carte di credito continuano a indicare un trend di spesa costante dei consumatori. Secondo BofA, nei sei giorni successivi alla Pasqua, la spesa totale delle famiglie tramite carte di credito è aumentata dello 0,9% su base 52 su base annua. Anche il VISA Spending Momentum Index ha segnato un aumento dal 95,9 in marzo al 97,8 di aprile, grazie a un notevole aumento della spesa non discrezionale (da 98,0 a 101,2). Allo stesso modo, il Bloomberg Second Measure of US Consumer Spending ha mostrato una tendenza al rialzo per tutto il mese di aprile, in gran parte alimentata dall'aumento della spesa in beni generali, servizi alimentari e assistenza sanitaria/personale.
Servizi in continua espansione. Ad aprile, l'indice ISM dei servizi ha sorpreso al rialzo a 51,6 da 50,8 di marzo. Pur non avendo una finestra temporale strettamente definita, la risposta degli intervistati nel corso del sondaggio delle imprese di servizi fa riferimento all'inizio del mese. Pertanto, i risultati di aprile riflettono probabilmente eventi quali il Liberation Day del 2 aprile e la successiva moratoria di 90 giorni introdotta il 9 aprile, a testimonianza del fatto che i rischi derivanti dall’inasprimento delle tariffe hanno avuto finora un impatto limitato sul settore dei servizi non commerciabili. Se l'Amministrazione statunitense dovesse adottare una linea più accomodante in materia, non si individuano ragioni che possano giustificare un peggioramento dell'indice ISM dei servizi nei mesi a venire (a parità di altre condizioni). Inoltre, i dati sottostanti dipingono un quadro da misto a forte. L'indice dell'attività commerciale si è attestato a 53,7, seppur in calo dal 55,9 di marzo (la più alta da gennaio), mentre le altre componenti che contribuiscono al dato principale sono risultate leggermente più forti rispetto al mese scorso.
Il mercato del lavoro rimane solido. Il numero di nuovi occupati nei settori non agricoli di aprile ha sorpreso al rialzo, con una crescita 177 mila unità. Nonostante le revisioni al ribasso dei dati di febbraio e marzo (per un totale di -58k), la dinamica delle assunzioni è rimasta solida. Per il secondo mese consecutivo, i settori ciclici hanno dato un forte contributo positivo, sostanzialmente in linea con le tendenze pre-COVID. Nel frattempo, le buste paga del settore pubblico sono diminuite, a causa del terzo calo mensile consecutivo dell'occupazione federale, suggerendo che il Dipartimento per l'efficienza del governo (DOGE) potrebbe perdere slancio nei suoi sforzi per ridurre il personale del settore pubblico.
Non neghiamo che gli americani siano preoccupati per l'economia. Tuttavia, ciò che conta davvero è se agiscono in base a tali preoccupazioni. Pur riconoscendo che negli ultimi tempi diversi indicatori di sentiment, in particolare quelli relativi ai consumatori, sono peggiorati in modo significativo, suggeriamo di interpretare questi dati con un approccio cauto.
L’indice Citigroup delle sorprese economiche per i sondaggi sull’attività negli Stati Uniti, tra cui la fiducia dei consumatori, ha segnato il dato più debole dal 2022 rispetto all’omologo sui dati relativi all’economia reale. Al tempo, le aspettative del mercato erano per una recessione imminente, in particolare dopo il crollo della Silicon Valley Bank. Tuttavia, l'economia statunitense è cresciuta del 2,9% nel 2023 e ci si aspetta un'espansione del 2,8% nel 2024.
Se il 2025 seguirà le orme del biennio 2022-2024 dipende dalla permanenza dei fattori chiave che hanno permesso all'economia statunitense di evitare la recessione. Infatti, restiamo convinti che l'eccezionale performance dell'economia statunitense dopo la pandemia possa essere in gran parte attribuita all’eccellente stato di salute delle finanze delle famiglie. Secondo i nostri calcoli, i risparmi in eccesso hanno raggiunto 1,5 miliardi di dollari nel quarto trimestre del 2022 e, durante il periodo di lockdown, hanno aiutato i consumatori a compensare l'impatto reale negativo sui consumi causato dall'aumento dell'inflazione e dei tassi di interesse.
L'economia statunitense al banco di prova. Seppur in modo diverso, restiamo convinti che l’economia statunitense abbia ancora l’X-factor. I bilanci delle famiglie si confermano solidi, seppur non più eccezionali. Rispetto Q4 2022, quando l'eccesso di risparmio ha raggiunto il suo picco, ora è sceso a 0,4 miliardi di dollari e si concentra sempre più nelle mani delle fasce di reddito più alte.
La ricchezza liquida aggregata, tuttavia, non è diminuita. Anzi, è migliorata. Secondo i nostri calcoli, la ricchezza liquida degli americani (definita come la somma dei risparmi in eccesso e degli investimenti azionari) ha raggiunto i 3,8 miliardi di dollari ad aprile, circa 1,0 miliardi di dollari in più rispetto al livello registrato nel quarto trimestre del 2022. In altre parole, la ricchezza liquida attualmente disponibile per i consumatori non è molto diversa dalla ricchezza spendibile alla fine del 2022.
Nuovi accordi commerciali alle porte. L'amministrazione Trump ha alleggerito alcune delle sue politiche tariffarie più aggressive. Dopo la pausa di 90 giorni sulle tariffe supplementari "reciproche" e l'esenzione dei prodotti tecnologici dalle tariffe cinesi, gli Stati Uniti hanno recentemente modificato la tariffa sui ricambi auto per evitare che si sovrapponga a quelle sull'acciaio e sull'alluminio, oltre a rimborsare parzialmente le case automobilistiche per l'aumento dei costi. Dopo i recenti accordi con il Regno Unito e la Cina, altri accordi commerciali potrebbero essere all'orizzonte.
Fattorizzare tutti questi sviluppi positivi nel nostro scenario centrale non è un esercizio di poco conto. Ci sono troppi effetti economici secondari derivanti dall'incertezza commerciale del passato e dalle posizioni politiche su questioni sia interne che esterne. Di conseguenza, è troppo difficile integrare questi fattori con un ragionevole grado di fiducia nel nostro scenario centrale, date tutte le considerazioni costruttive di cui sopra.
Tuttavia, riteniamo sbagliato escludere la possibilità di una crescita ancora solida negli Stati Uniti, che consenta ancora una volta di scampare una recessione nel corso dell’anno. Per il momento, l'equilibrio di queste considerazioni ci ha portato a 1) rivedere al ribasso la probabilità di una recessione negli Stati Uniti dal 45% al 25-30% e 2) inserire rischi al rialzo nel nostro scenario centrale per la crescita di quest’anno.
PREVISIONI DI CRESCITA NEGLI STATI UNITI
Abbiamo rivisto al rialzo le nostre prospettive di crescita. Ci aspettiamo un rialzo del PIL del 2,0% in Q2-2025 (dal precedente 1,6%) e un'espansione dello 0,8% nel terzo e quarto trimestre (in precedenza: 0,6% e 0,7%). Il dato decisamente inferiore alle attese del primo trimestre (-0,3% su base trimestrale vs nostre aspettative di +0,8%), ha spinto al ribasso il tasso di crescita media annuale all'1,5% (vs 1,6% atteso in precedenza).
Ragioni della revisione al rialzo:
1) Ci aspettiamo una moderata revisione al rialzo del PIL del primo trimestre 2025 di 0,1 punti percentuali a -0,2% trimestrale. La seconda lettura del dato relativo al Q1 sarà pubblicata il 29 maggio. Le stime della bilancia commerciale statunitense per il mese di marzo, pubblicate nella prima settimana di maggio, mostrano un deficit record di 140,5 miliardi di dollari, con un'impennata delle importazioni complessive di 17,8 miliardi di dollari (+4,4% m/m), a causa dell’operato di famiglie e imprese per limitare gli effetti delle tariffe. Le esportazioni sono aumentate di 0,5 miliardi di dollari (0,2% m/m). Lo spaccato del dato ha chiarito la distorsione causata dai flussi di arbitraggio dell'oro, che sono inclusi nelle stime commerciali ma esclusi dalla contabilità del PIL. Secondo le stime di marzo, le importazioni di oro sono scese a 21 miliardi di dollari, un calo notevole rispetto ai 30 miliardi di dollari registrati a gennaio e febbraio. Questo importo supera le aspettative fissate dal BEA nella sua stima preliminare del PIL del primo trimestre: pertanto, le importazioni escluso l'oro si sono rivelate inferiori a quanto ipotizzato, a parità di altre condizioni, e lasciano presagire una revisione al rialzo della crescita del PIL reale del primo trimestre da -0,3% trimestrale SAAR a -0,2% nella prossima seconda stima.
2) Abbiamo rivisto al rialzo le nostre previsioni per il secondo trimestre e ci aspettiamo una crescita del 2,0% trimestrale, rispetto all'1,6% del precedente scenario centrale. La contrazione del PIL primo trimestre è stata determinata da un'impennata delle importazioni dovuta al front running delle tariffe, che ha sottratto 5,0pp alla crescita del Q1. In linea di principio, le importazioni non dovrebbero pesare sulla crescita a meno che non comportino un calo della produzione interna. Probabilmente non è stato così nel primo trimestre, poiché la produzione industriale e la spesa per i servizi di produzione nazionale sono rimaste robuste. Tuttavia, non vediamo prove di una piena compensazione dell'aumento delle importazioni da parte di altre componenti del PIL. Le scorte hanno contribuito alla crescita solo per 2,3 punti percentuali.
Abbiamo rivisto le nostre previsioni per il secondo trimestre per incorporare un'inversione dell'impennata delle importazioni del primo trimestre. Prevediamo inoltre cali molto più consistenti negli investimenti non residenziali, in particolare nella spesa per attrezzature, che ha registrato un aumento senza precedenti del 22,5% trimestrale nel primo trimestre, e un contributo positivo più forte da parte delle scorte, che riflette l'assorbimento del picco di importazioni accumulato nel primo trimestre. Questi aggiustamenti tengono conto del recupero previsto a seguito della domanda anticipata.
3) Abbiamo incorporato nel nostro scenario le ultime notizie sulle tariffe. Per il secondo e terzo trimestre 2025, abbiamo rivisto moderatamente al rialzo le nostre precedenti previsioni, portandole allo 0,8% trimestrale nel Q3 e allo 0,8% nel Q4-25 (dallo 0,6% e 0,7%, rispettivamente, del precedente scenario centrale). Queste revisioni incorporano l'accordo commerciale USA-Regno Unito raggiunto il 9 maggio, che mantiene l'aliquota tariffaria di base del 10% ma riduce l'aliquota tariffaria settoriale per le auto britanniche (fino a 100.000 veicoli) dal 27,5% al 10% ed elimina le tariffe sull'acciaio (dal 25% allo 0%), nonché l'accordo commerciale preliminare USA-Cina. Il 12 maggio, le tariffe statunitensi sulle merci cinesi sono state ridotte dal 145% al 30% per un periodo di 90 giorni.
Area Euro – Maneggiare con cura
I fattori di crescita sottostanti rimangono fiacchi. Nonostante una crescita del PIL reale più forte del previsto nel primo trimestre, i fattori sottostanti e la distribuzione della crescita tra i vari Paesi suggeriscono che la forza complessiva potrebbe essere sopravvalutata.
1) Il PIL dell’Area Euro si è attestato allo 0,3% su base trimestrale. Escludendo la notoriamente volatile Irlanda, la crescita del PIL è stata dello 0,2% trimestrale, allineata al nostro scenario centrale e invariata rispetto al quarto trimestre.
2) La crescita dei Paesi dell’Area Euro si è dimostrata eterogenea. I Paesi core hanno segnato una crescita poco brillante, con la Francia che ha registrato un modesto aumento dello 0,1% e la Germania +0,2%, allineato alla prolungata tendenza di crescita insoddisfacente in atto dalla fine del 2021. Nel frattempo, la Spagna ha registrato una robusta espansione con una crescita dello 0,6% trimestrale, mentre l'Italia ha mostrato una buona tenuta con un aumento dello 0,3%.
3) La ripartizione della spesa non è ancora disponibile, ma i dettagli a livello nazionale indicano che i consumi privati e la spesa per investimenti in capitale non hanno registrato alcuna crescita, mentre i dati sul commercio disponibili fino a febbraio suggeriscono che l'attività del primo trimestre ha probabilmente beneficiato di un certo anticipo delle esportazioni verso gli Stati Uniti, in particolare nei settori chimico e farmaceutico dell'Irlanda.
Nel secondo trimestre il quadro è destinato a indebolirsi. I primi dati non brillanti di aprile suggeriscono l'arrivo di venti contrari.
1) Il PMI composito finale dell'Area Euro è sceso di 0,4 pp a 50,4. Il calo è stato interamente guidato dal settore dei servizi (-0,9 a 50,0), mentre la produzione manifatturiera ha registrato un modesto aumento (+0,5) pur rimanendo in territorio di contrazione (49,0). I comunicati stampa relativi sottolineano che la battuta d'arresto del settore dei servizi è dovuta ai timori di un eccessivo indebolimento della domanda interna in un contesto di maggiore incertezza, mentre il settore manifatturiero sta beneficiando di una spinta di breve durata dovuta al frontloading delle tariffe, che potrebbe presto essere erosa dal recente inasprimento delle condizioni finanziarie.
2) La fiducia dei consumatori è scesa a -16,7 in aprile, raggiungendo il livello più basso dal novembre 2023. Le famiglie hanno abbassato significativamente le loro aspettative sulle prospettive economiche generali di 5,4 punti, portandole a -33,7, e sono ora più pessimiste sulla loro situazione finanziaria attuale e futura. Inoltre, sono diminuite le previsioni di acquisti importanti nei prossimi 12 mesi, il che non lascia presagire una ripresa dei consumi privati nei prossimi trimestri.
Lo scenario base di ANIMA. In questo contesto, il nostro scenario centrale resta inalterato: ci aspettiamo un rallentamento della crescita in termini sequenziali tra il secondo trimestre (0,1% trimestrale) e il terzo trimestre (0,1% trimestrale), con una ripresa nel quarto trimestre (0,2% trimestrale). Le tensioni commerciali in corso dovrebbero pesare significativamente sulla crescita, complici il rallentamento del canale commerciale e degli investimenti, nonostante la moratoria di 90 giorni concessa dal Presidente Trump. Inoltre, ci aspettiamo che l'indebolimento della crescita globale peserà negativamente sulle esportazioni. Incorporando il dato relativo al primo trimestre 2025, e mantenendo inalterata la traiettoria di crescita sequenziale, ci aspettiamo una crescita media annua per il 2025 dello 0,9%.
Cina – I colloqui limitano (non cancellano) l’impatto della guerra commerciale
Una crescita del PIL del primo trimestre migliore del previsto. L'economia cinese ha iniziato il 2025 con una solida espansione del PIL al 5,4% annuo nel primo trimestre, trainata dall’accelerazione delle esportazioni, in parte dovuta al front-loading delle tariffe e a crescenti stimoli delle Autorità. I dati sull'attività di marzo hanno mostrato una crescita della produzione industriale e del settore dei servizi superiore alle attese, mentre le vendite al dettaglio sono aumentate del 5,9% annuo, grazie all'espansione dei sussidi al commercio e alle misure fiscali. Le vendite di auto, elettronica e mobili sono state particolarmente forti. Gli investimenti in capitale fisso (FAI) sono cresciuti del 4,2% annuo nel primo trimestre, trainati dal settore manifatturiero e dalle infrastrutture, anche se il settore immobiliare ha continuato a rappresentare un freno importante, con un calo del 10% annuo nel primo trimestre, a causa del calo delle vendite di case, dei prezzi e dell'avvio di nuove abitazioni. Anche il mercato del lavoro è leggermente migliorato, con un tasso di disoccupazione sceso al 5,2%. Nonostante i rischi esterni, in particolare i dazi statunitensi e le preoccupazioni per il rallentamento globale, i buoni risultati del primo trimestre potrebbero dare ai responsabili politici la fiducia di mantenere politiche interne di sostegno per tutto l'anno.
Le esportazioni cinesi sono rimaste solide ad aprile, mentre il surplus commerciale è stato ancora leggermente influenzato dai dazi. Le esportazioni sono aumentate del 9,3% annuo, battendo le aspettative nonostante il duro impatto dei dazi statunitensi. Anche le importazioni hanno sorpreso al rialzo, con un aumento dello 0,8% annuo. Il buon andamento delle esportazioni riflette in parte l’effetto base positivo e deriva anche dal successo del reindirizzamento del commercio cinese attraverso Paesi terzi. A livello regionale, le esportazioni verso gli Stati Uniti sono crollate, mentre le spedizioni verso l'ASEAN sono aumentate notevolmente. Per categoria di prodotto, le esportazioni di beni legati all'edilizia sono diminuite, mentre sono aumentate quelle di chip. L'avanzo commerciale della Cina ha raggiunto i 96,2 miliardi di dollari, leggermente inferiore al livello di marzo.
Nonostante i colloqui bilaterali tra Stati Uniti e Cina sembrino incoraggianti, restiamo convinti che la guerra commerciale peserà sul PIL cinese per uno 0,6% quest'anno. In seguito all'escalation tra Stati Uniti e Cina nei mesi di marzo e aprile, l'aliquota effettiva dei dazi statunitensi sulle merci cinesi è salita dal 64% al 104%. Tuttavia, dopo un incontro in Svizzera, gli Stati Uniti e la Cina hanno concordato di ridurre significativamente le tariffe durante un periodo di moratoria di 90 giorni. In questo contesto, la stima dell'impatto economico è non lineare e di conseguenza, abbiamo rivisto al rialzo il contributo delle esportazioni nette al PIL a -0,6 punti percentuali, da una precedente stima di -1,1 punti percentuali, rivalutando dunque la nostra previsione di crescita per la Cina.
Lo scenario base di ANIMA. In questo contesto, abbiamo apportato piccoli aggiustamenti al nostro scenario centrale per il 2025. Ci aspettiamo un rallentamento della crescita del PIL al 4,9% annuo nel secondo trimestre del 2015, al 4,0% nel terzo trimestre del 2015 e al 4,5% annuo nel quarto trimestre del 2015; al tempo stesso, in considerazione di un dato di Q1 superiore alle attese, ci aspettiamo ora che la crescita annuale nel 2025 rallenti meno di quanto previsto in precedenza, al 4,7% (dal precedente 4,2%).
INFLAZIONE
Stati Uniti – Ancora nessun impatto dei dazi
Un dato benigno. Il CPI core di aprile è calato in misura inferiore alle aspettative del consenso, ma in linea con le nostre aspettative, evidenziando pressioni sui prezzi ragionevolmente benigne. L'inflazione core è aumentata dello 0,24% su base mensile (2,8% a/a), dopo un aumento insolitamente contenuto dello 0,06% su base mensile a marzo. Questo riflette una minor deflazione in alcune delle categorie più volatili.
Le componenti sensibili alle tariffe non hanno ancora registrato pressioni al rialzo. La componente dei beni del CPI core è aumentata dello 0,1% mensile in aprile, rispetto al -0,1% di marzo. Questo modesto aumento è stato in gran parte guidato dalle auto usate, che hanno subito una decelerazione meno marcata rispetto al mese precedente (da -0,7% m/m in marzo a -0,5% in aprile). Escludendo i prezzi volatili delle auto usate, l'inflazione core dei beni si è attestata allo 0,2% m/m, con un aumento di 0,2 punti percentuali rispetto a marzo. Riteniamo che questo aumento non sia legato alle pressioni tariffarie. Infatti, le categorie dell'CPI con un'elevata quota di importazioni cinesi (come veicoli nuovi, beni personali vari, elettrodomestici, calzature, abbigliamento, strumenti musicali, articoli sportivi e per la cura della persona) sono rimaste sostanzialmente stabili rispetto al mese precedente. Il nostro indice dell'CPI dei beni di base sensibili alle tariffe è rimasto invariato allo 0,0% m/m, in calo rispetto allo 0,1% di marzo.
Servizi abitativi, in lento assorbimento. La componente dei servizi abitativi core (RPR+OER) è scesa leggermente ad aprile, passando dallo 0,38% m/m di marzo allo 0,35%. Questo calo trova ragione nella discesa dell'inflazione degli affitti figurativi, parzialmente compensato da un modesto aumento dell'RPR. Un'analisi più approfondita dell'aumento del RPR suggerisce che la ripresa di aprile è stata probabilmente influenzata dagli effetti di destagionalizzazione, che hanno fornito una spinta temporanea, e che l'aumento si è concentrato principalmente nella regione del Nord-Est. I prezzi dei beni di prima necessità sono tornati nel complesso alle norme pre-COVID, anche se il loro percorso di disinflazione è rimasto volatile di mese in mese. Nonostante una certa persistenza negli ultimi due mesi, restiamo convinti della bontà del processo disinflattivo, poiché gli affitti di mercato, che tendono a guidare gli affitti dell'CPI di circa tre trimestri, continuano a evidenziare una certa debolezza. Nel complesso, la tendenza continua a puntare verso il basso, con una media mobile a tre mesi dello 0,3%, in calo rispetto allo 0,5% del primo trimestre 2024.
Supercore normalizzato. L’indice CPI supercore (servizi core esclusi gli alloggi) è aumentato dello 0,2% m/m ad aprile, dopo un calo dello 0,1% a marzo. Nonostante questo modesto aumento, l'inflazione supercore continua ad avvicinarsi alla sua media pre-COVID. L'aumento di aprile è stato in gran parte guidato da cali ancora negativi, ma meno marcati, dei prezzi dei biglietti aerei e degli alloggi, entrambe categorie altamente volatili, e da un piccolo aumento dell'assicurazione dei veicoli a motore, che rimane sostanzialmente in linea con la norma pre-pandemia.
Nel frattempo, la maggior parte delle categorie sensibili alla riapertura, come i servizi ricreativi e la cura della persona, sono rimaste ben contenute.
Previsione di PCE sugli input di CPI e PPI. Incorporando gli input di CPI e PPI, ci aspettiamo un'inflazione PCE core allo 0,15% m/m in aprile (incorporando solo gli input CPI ci saremmo attesi un +0,23%) dallo 0,03% di marzo. Il tasso di inflazione su base annua dovrebbe attestarsi al 2,6%, invariato rispetto a marzo. La nostra revisione al ribasso (rispetto alla previsione fatta con i soli dati preliminari di CPI) trova giustificazione principalmente in PPI di tariffe aeree, servizi finanziari e assicurativi più deboli del previsto. Tuttavia, segnaliamo che per il dato di marzo potrebbero esserci lievi revisioni al rialzo del PCE core a gennaio (+3 punti base) e marzo (+7 punti base) a causa delle variazioni degli indici PPI relativi a servizi ospedalieri, medici e assicurazioni.
Lo scenario base di ANIMA. In linea generale, i dati di aprile non hanno mostrato evidenti segnali di pressioni al rialzo sui prezzi. Sebbene le tariffe del "Giorno della Liberazione" siano entrate in vigore all'inizio di aprile, le esenzioni sono state applicate alle merci spedite prima dell'annuncio e le imprese sembrano aver anticipato le importazioni in modo significativo, come risulta dai dati del PIL del primo trimestre. In particolare, i prezzi dell'abbigliamento, tipicamente tra i più esposti alle tensioni commerciali, hanno registrato una vera e propria deflazione. Analogamente, la categoria "altri beni" ha registrato un'inflazione relativamente lieve, mentre le materie prime ricreative, un altro gruppo sensibile alle tariffe, hanno registrato un rimbalzo meccanico dopo un marzo stagionalmente debole. In prospettiva, ci aspettiamo che le tariffe inizino a esercitare una pressione sui prezzi nei prossimi mesi, con un probabile picco durante l'estate. La sospensione dei dazi per 90 giorni, annunciata lunedì 12 maggio nell'ambito dell'allentamento delle tensioni tra Stati Uniti e Cina, ha fornito un gradito sollievo riducendo il rischio di carenza di scorte e di scaffali vuoti. Tuttavia, l'attuale aliquota tariffaria effettiva ponderata per il commercio, pari al 14%, rimane ben al di sopra del 2,5% dello scorso anno e probabilmente eserciterà una pressione al rialzo sui prezzi dei beni. Di conseguenza, continuiamo a prevedere una ripresa temporanea dell'inflazione dei beni, sebbene di portata inferiore rispetto a quanto inizialmente ipotizzato.
Abbiamo rivisto il nostro scenario centrale, così come per le nostre proiezioni sul PIL, per incorporare gli ultimi sviluppi sulle tariffe. Ci aspettiamo quindi un’inflazione core al 2,9% nel secondo trimestre del 2025 (rispetto al 3,1% dello scenario di base precedente), 3,1% (da precedente 3,2%) e 3,0% (invariato) nei due trimestri successivi, coerenti con una media annua al 3.0% (dal precedente 3.2%).
Area Euro – Un’anomalia legata alla Pasqua
Ad aprile l'inflazione core ha interrotto la tendenza al ribasso che aveva caratterizzato gli ultimi cinque mesi consecutivi. Il tasso annuale si è attestato al 2,7%, in aumento rispetto al 2,4% di marzo.
Un rialzo dovuto alla Pasqua. L'inflazione dei beni core è scesa allo 0,5% annuo, saldamente allineata alla media pre-COVID. Tuttavia, l'inflazione dei servizi core è salita al 3,9% annuo, ai livelli di gennaio 2025. Riteniamo tuttavia che si sia trattato di un rialzo temporaneo legato all'effetto della Pasqua, che probabilmente si ridimensionerà a partire da maggio. Sebbene il rialzo sia stato più forte di quanto inizialmente previsto, i dettagli a livello di Paese mostrano che si è trattato principalmente di una riaccelerazione concentrata sulle voci volatili (tariffe aeree, pacchetti vacanze e servizi ricreativi), e non di una nuova tendenza rialzista. Escludendo i servizi volatili, i dati sono stati sostanzialmente in linea con quelli recenti e con il nostro scenario centrale, a conferma di una persistente disinflazione dei beni non commerciabili emersa a partire da gennaio.
Numerosi sono i segnali che rinfrancano l’ipotesi di un consolidamento del processo disinflazionistico:
1) Gli indicatori di crescita salariale continuano a indebolirsi. Il nostro indicatore sulla crescita dei salari (una delle misure preferite dalla BCE) nel primo trimestre 2025 si attesta al 3,2%, in calo rispetto al 4,1% del quarto trimestre 2024. Inoltre, l’indice dei salari fornito da Indeed si attesta al 2,8% e le varie indagini salariali della BCE suggeriscono che la crescita dei salari sarà chiaramente inferiore al 3% l'anno prossimo.
2) In secondo luogo, il recente apprezzamento dell'euro e il calo dei prezzi dell'energia lasciano presagire pressioni disinflazionistiche. Diversi studi accademici sostengono la regola empirica secondo cui un apprezzamento dell'1% dell'euro riduce in genere l’indice HICP headline di circa lo 0,1% nei 6/8 trimestri successivi. Inoltre, il nostro indice composito dei prezzi dell'energia (una media ponderata dei prezzi del petrolio e del gas) è sceso di circa il 15% dall'inizio di marzo, lascia presagire un calo dell’inflazione headline di circa 0.4pp nel corso del prossimo anno.
Lo scenario base di ANIMA. Il nostro scenario centrale resta sostanzialmente invariato, pur introducendo una revisione meccanica del nostro profilo dopo il dato di aprile. Ci aspettiamo quindi un’inflazione core al 2.5% nel secondo trimestre 2025 (dal precedente 2.4%), 2.3% e 2.2% nei due trimestri successivi (da 2.2% e 2.1%), coerenti con un tasso annuo del 2.4%, dal precedente 2.3%.
Cina – Scenario centrale invariato
Il nostro scenario di base resta invariato, poiché le pressioni deflazionistiche non si sono ancora attenuate. Ad aprile, le pressioni al ribasso sui prezzi non si sono arrestate: l’indice CPI headline ha segnato un -0,1%, il core a 0,3% annuo), mentre i prezzi alla produzione hanno segnato un ulteriore ribasso a -2,7% annuo dal precedente -2,5%, a conferma dell'indebolimento del sentiment delle imprese sulla scia delle crescenti tensioni commerciali tra Cina e Stati Uniti. La persistente debolezza della domanda interna, i venti contrari provenienti dall'innalzamento dei dazi statunitensi e dall'indebolimento della domanda dei mercati non statunitensi, continua a pesare sul momento inflattivo. Nei primi quattro mesi dell'anno, l'inflazione headline si è attesta in media a -0,1% annuo (contro lo 0,1% annuo nel 2024), mentre il CPI core si è attestato in media allo 0,2% annuo (contro lo 0,7% annuo nel 2024).
In ottica prospettica, ci aspettiamo che i prezzi interni rimangano bassi. Il reindirizzamento delle esportazioni dagli Stati Uniti verso altri mercati dovrebbe contribuire a stabilizzare il calo dei prezzi interni; tuttavia, è difficile che questo possa alleviare la crescente sovraccapacità produttiva cinese in modo significativo, e ci aspettiamo che le pressioni al ribasso sui prezzi persistano per tutto il 2025. Certamente i colloqui bilaterali tra Stati Uniti e Cina volti ad alleviare le tensioni commerciali potrebbero introdurre rischi al rialzo per la crescita delle esportazioni, che potrebbero contribuire ad assorbire l'eccessiva capacità industriale e mitigare parzialmente lo squilibrio tra domanda e offerta cinese.
Lo scenario base di ANIMA. In questo contesto, il nostro scenario centrale resta invariato; ci aspettiamo un’accelerazione dell’inflazione per il 2025 allo 0.4% dallo 0.2% annuo del 2024, che si svilupperà secondo il seguente andamento sequenziale: 0,0% annuo nel secondo trimestre, 0,4% e 1,4% nei due trimestri successivi.
NOTA: Approfondimento presentato in occasione dell’ultimo Comitato Investimenti, tenutosi il 21/22 maggio 2025.