Overview – Ballando al buio
Il più lungo shutdown della storia sta impattando in misura non trascurabile sulla nostra capacità di valutazione della dinamica di crescita negli Stati Uniti: il flusso di dati al momento disponibile evidenzia una buona tenuta della domanda interna e del mercato del lavoro. Ribadiamo le attese di una ripresa dello slancio di crescita nel primo trimestre del prossimo anno, con rischi orientati al rialzo.
Manteniamo la convinzione che nel corso del 2026 la Germania rilancerà la dinamica di crescita dell'Area Euro. Sebbene in questa fase arrivino segnali contrastanti o solo lievemente positivi, permangono rischi al ribasso legati alla qualità e all'attuazione delle misure di spesa e delle riforme annunciate. Per ora sospendiamo il giudizio, poiché il flusso di dati disponibile indica che l'ottimismo sulle misure fiscali e sulle riforme resta in larga parte teorico. Per quanto riguarda la dinamica dei prezzi, il trend generalizzato di disinflazione nella componente core appare destinato a consolidarsi, anche grazie alla moderazione delle pressioni salariali.
In Cina, la domanda domestica rimane debole all'inizio del quarto trimestre 2025; nonostante il prolungamento delle festività legate alla Golden Week, i ricavi al botteghino sono diminuiti di circa il 30% in ottobre rispetto all'anno precedente. Anche le esportazioni hanno deluso le attese. Tuttavia, i dati ad alta frequenza sulle spedizioni hanno mostrato segni di ripresa a inizio novembre, il che induce a ritenere che la sofferenza dell'export in ottobre sia riconducibile a una normalizzazione fisiologica dopo la forte dinamica di settembre. La nostra view di lungo periodo non cambia: continuiamo a ritenere che misure come sussidi mirati e allentamento fiscale forniranno solo un supporto marginale, sufficiente a mantenere lo slancio della crescita nel periodo 2025-2026, ma non a risolvere le sfide strutturali, quali la debolezza dei consumi, le pressioni deflazionistiche e la stagnazione del settore immobiliare. La deflazione dovrebbe persistere fino a metà 2026, sebbene effetti base favorevoli possano spingere meccanicamente l'inflazione verso l'1%, contribuendo a stabilizzare i prezzi nel corso del 2026.
Con riferimento alle politiche monetarie, a ottobre la Fed ha tagliato i tassi di 25 punti base, portando il tasso sui Fed funds a 3,75-4%. Nonostante il flusso di dati sull'inflazione sia stato letto dal FOMC in chiave accomodante, il presidente Powell ha adottato una retorica più aggressiva, sostenendo che un taglio a dicembre è tutt'altro che scontato, vista la limitata visibilità dei dati. Pertanto, le tempistiche del prossimo taglio dei tassi sono diventate più incerte e non si può escludere che la Fed possa decidere di attendere fino a gennaio prima di procedere. Restiamo però dell'avviso che saranno effettuati altri quattro tagli dei tassi di 25 pb entro la fine del terzo trimestre 2026.
In Area Euro, restiamo convinti che l'economia necessiti di ulteriore supporto, in virtù della marcata disinflazione nel comparto dei servizi e delle incerte ricadute macroeconomiche del pacchetto di stimoli tedesco. La BCE, tuttavia,si conferma molto ottimista sulle prospettive di crescita dell'Area Euro; pertanto, è improbabile che le stime per il 2028 (che verranno pubblicate a dicembre) possano mostrare un calo significativo dell'inflazione al di sotto del target, complice il sostegno tecnico ed esogeno legato all'insolita incorporazione dell'impatto dell'ETS2 nelle previsioni. In questo contesto, restiamo convinti che l'Istituto di Francoforte taglierà i tassi almeno un'altra volta nel corso del 2026, portando il tasso di deposito all'1,75%, ma abbiamo spostato la tempistica del taglio da dicembre a marzo. Successivamente, ci aspettiamo che i tassi restino fermi fino a fine anno, pur con rischi orientati verso la possibilità di un ulteriore taglio.
Dopo l'allentamento monetario del secondo trimestre e la pausa del terzo, ci aspettiamo che la PBoC effettui un ulteriore taglio entro fine anno, per gettare le basi di una crescita solida nel 2026.
CRESCITA E INFLAZIONE
USA – Cavare sangue dalle rape
Il blocco del governo federale continua. Nel mese di novembre, le pressioni sui premi sanitari derivanti dalla scadenza dei sussidi a fine anno potrebbero fungere da catalizzatore, con l'inizio della stagione di iscrizione aperta ai piani sanitari ACA nelle borse statali.
Il nostro scenario centrale resta invariato, in assenza di elementi sufficienti a rivedere le nostre aspettative. Tuttavia, i pur limitati dati disponibili confermano le nostre aspettative di una crescita del PIL del 2,8% trimestrale nel terzo trimestre e dell'1,6% trimestrale nel quarto trimestre.
La domanda interna resta stabile. L'indice ISM dei servizi ha sorpreso al rialzo a 52,4 (rispetto al consenso di 50,8) dal precedente 50,0 di settembre; inoltre le sottocomponenti del dato dipingono un quadro positivo, con un aumento delle voci relative a attività commerciale (+4,4 punti a 54,3), nuovi ordini (+5,8 punti a 56,2) e occupazione (+1,0 punti a 48,2).
I dati relativi al mercato del lavoro lasciano presagire una possibile stabilizzazione nel ritmo di creazione di posti di lavoro.
1) L'introduzione di una versione settimanale del rapporto ADP sull'occupazione nel settore privato ha ampliato il set di dati disponibili. Tuttavia, la stima settimanale è soggetta a un'elevata volatilità, motivo per il quale continuiamo a preferire la lettura mensile. Il rapporto mensile ADP di ottobre ha mostrato un aumento di 42.000 occupati nel periodo compreso tra il 13 settembre e il 18 ottobre.
2) Anche le richieste iniziali di sussidi di disoccupazione (desunte dai dati statali, soggette a un possibile rischio di errore di misurazione) sono state rassicuranti: si è registrato un calo a 219.000 nella settimana terminata il 25 ottobre, dalle 232.000 della settimana precedente, con un andamento simile a quello degli anni precedenti.
3) A ottobre, il differenziale del mercato del lavoro rilevato nell'indagine sulla fiducia dei consumatori del Conference Board ha registrato un leggero aumento al 9,4%, rispetto all'8,7% di settembre. Sebbene questo indicatore abbia registrato una tendenza al ribasso da dicembre, l'ultimo aumento potrebbe indicare una certa stabilizzazione della disoccupazione. Tuttavia, è ancora troppo presto per trarre conclusioni definitive su un cambio di tendenza.
I recenti accordi commerciali hanno portato a un modesto calo del livello medio delle tariffe ponderate per il volume commerciale. Il presidente Trump ha annunciato nuovi accordi con la Cina e la Corea del Sud, secondo il consueto approccio: le tariffe statunitensi sono state ridotte in cambio di concessioni. L'elemento chiave dell'accordo con la Cina è la riduzione dal 20% al 10% della tariffa sul "fentanil", ottenuta in cambio da parte cinese, della sospensione delle restrizioni annunciate sulle esportazioni di terre rare, della ripresa degli acquisti di soia di origine statunitense tra il 2025 e il 2028, seppure a livelli leggermente inferiori alla media recente, e del potenziale aumento delle importazioni di materie prime energetiche. Un elemento chiave dell'accordo con la Corea del Sud è invece la riduzione della tariffa statunitense sulle importazioni di automobili coreane dal 25% al 15%, ora allineata ai tassi applicati sui veicoli di provenienza giapponese e dell'UE. Da parte sua, la Corea del Sud si è impegnata ad acquistare prodotti energetici statunitensi, effettuare investimenti cumulativi per circa 350 miliardi di dollari negli Stati Uniti per un periodo prolungato e a cooperare per ridurre le barriere non tariffarie.
Una volta fattorizzati questi elementi, riteniamo che l'aliquota tariffaria effettiva si assesterà al 12,2%, in calo rispetto al 13,6% precedente. Tuttavia, è ragionevole ipotizzare che le tariffe sui prodotti farmaceutici, che sin qui non hanno trovato applicazione, possano impattare per circa l'1,1%, facendo quindi salire l'aliquota tariffaria media ponderata al 14,3%.
Le categorie più sensibili alle tariffe evidenziano un impatto misto o perlopiù debole. Il CPI core di settembre è risultato inferiore alle attese, attestandosi allo 0,2% mensile, in calo rispetto allo 0,3% precedente. Dopo il leggero aumento allo 0,3% in agosto, l'inflazione dei beni ha registrato una leggera moderazione (0,2%), determinata dal calo dei prezzi delle auto usate, scesi dello 0,4% dopo l'aumento dell'1% nel mese precedente. Più stabili i prezzi dei veicoli nuovi, in aumento dello 0,2%, mentre i prezzi dell'abbigliamento hanno registrato per il secondo mese consecutivo un incremento dello 0,7%.
La disinflazione nei servizi core procede più spedita. I prezzi dei servizi core sono cresciuti dello 0,2%, in calo rispetto allo 0,4% precedente, grazie al calo della componente abitativa core, che ha registrato un aumento dello 0,15% rispetto al dato inaspettatamente forte di agosto. Particolarmente deboli gli affitti figurativi, cresciuti dello 0,1%, il dato più basso dal novembre 2020. La componente supercore dei prezzi al consumo è rimasta stabile allo 0,3% (in linea con la media pre-COVID), trainata da componenti notoriamente volatili: tariffe aeree (+2,7%) e alloggi fuori casa (+1,3%) sono aumentate, ma l'assicurazione degli autoveicoli ha registrato un calo (-0,4%). Il report sui prezzi al consumo di settembre indica che, durante questo periodo di assenza forzata di dati, le pressioni sui prezzi si confermano contenute: la moderazione sul fronte dei servizi prosegue, mentre l'impatto dei dazi sui beni resta limitato.
Lo scenario base di ANIMA. Confermiamo l'aspettativa di una crescita del PIL del terzo trimestre al 2,7% trimestrale e in lieve calo all'1,4% trimestrale nel quarto (rispetto all'1,6% precedente), sulla scorta di un leggero calo degli investimenti in attrezzature dopo tre trimestri consecutivi di crescita superiore alla media e dell'impatto negativo dello shutdown, coerente con un tasso di crescita annua dell'1,9% per il 2025. Con riferimento al 2026, ci aspettiamo che la crescita si attesti all'1,7% trimestrale nel primo trimestre 2026, e successivamente all'1,8%, 2,0% e 2,1% nei tre trimestri successivi, coerenti con un tasso di crescita annuale del 2,0%.
Lo scenario base relativo all'inflazione resta invariato. Ci aspettiamo che il CPI core si attesti al 3,1% nel quarto trimestre del 2025, coerente con una media annua del 3,0%. Successivamente, il dato è atteso in media al 2,8% nel primo semestre e al 2,4% nel secondo, compatibile con una media annua del 2,6%. Restiamo convinti che il tasso su base annua raggiungerà il 2% alla fine del terzo trimestre del 2026. In termini di PCE core, ci aspettiamo una lettura al 3,0% su base annua per il terzo trimestre del 2025 e al 3,3% per il quarto, coerente con una media annua del 2,9%. Successivamente, il dato è atteso in media al 2,6% nel primo semestre e al 2,3% nel secondo semestre, coerente con una media annua del 2,5%.
Area Euro – Fino a prova contraria
Resilienza apparente. Nonostante le criticità derivanti dall'aumento dei dazi statunitensi, dagli effetti di compensazione e dalla persistente incertezza, i dati preliminari sul PIL del terzo trimestre sono risultati migliori delle attese: la crescita si è attestata allo 0,2% su base trimestrale, in miglioramento dallo 0,1% precedente e superiore allo 0,0% previsto dal consenso.
Tuttavia, continuiamo a ritenere che la qualità della crescita nell'Area Euro resterà mediocre fino alla fine del 2025, per diverse motivazioni:
- Gran parte della sorpresa al rialzo è arrivata dalla Francia, dove la crescita è salita dello 0,5% rispetto al secondo trimestre, contro una stima di consenso di 0,2%. Il flusso di dati indica che il momentum economico è stato sostenuto dal contributo del commercio netto (+3,4 pp), con un forte incremento delle esportazioni. Tuttavia, non riteniamo che questa dinamica costruttiva possa rafforzarsi: la domanda estera non ha mai rappresentato la spina dorsale della crescita francese, né pensiamo possa diventarlo ora.
- Nel resto dell'Area Euro, i dati disponibili segnalano una dinamica di crescita sottostante debole e consumi privati fiacchi.
- I sondaggi suggeriscono un'espansione modesta dell'attività economica. I dati preliminari sulla fiducia delle imprese a ottobre indicano una leggera ripresa, ma il momentum rimane prossimo, nel migliore dei casi, allo 0,2%, soprattutto considerando l'inevitabile normalizzazione della crescita francese.
Le nostre aspettative. Conserviamo la convinzione che la crescita guadagnerà slancio nel 2026: l'attività economica dovrebbe espandersi a un ritmo dello 0,3% nel primo semestre e dello 0,4% nel secondo, in termini di medie trimestrali. Il nostro scenario centrale si fonda su due ipotesi principali:
- La Spagna continuerà a sovraperformare. Tra i quattro maggiori Paesi dell'Area Euro, i flussi migratori spagnoli rimangono i più elevati in termini relativi e sostengono una robusta crescita demografica. La produttività si è mantenuta resiliente, in particolare su base oraria, con primi segnali di adozione dell'intelligenza artificiale nel settore industriale. Inoltre, gli sviluppi appaiono costruttivi sia sul lato dell'offerta sia sul lato della domanda. Dal lato dell'offerta, dal periodo post-COVID la Spagna ha registrato una crescita più dinamica degli investimenti (escluso il comparto delle costruzioni) rispetto alla maggior parte dell'Area Euro. Dal lato della domanda, la spesa per consumi ha segnato un tasso di crescita medio sequenziale dello 0,9% dal 2024, a fronte di un ben più modesto 0,3% nel resto dell'Area Euro.
- La Germania attuerà il piano di stimoli fiscali e riforme. Tuttavia, riconosciamo l'esistenza di alcune forze che potrebbero complicarne l'implementazione:
A) Il piano di espansione della spesa federale è ambizioso e non interamente orientato alla crescita. Rispetto al 2024, la spesa pubblica dovrebbe aumentare di circa 45 miliardi di euro (1,0% del PIL) nel 2025 e di oltre 90 miliardi (1,8% del PIL) nel 2026. Benché l'incremento sia rilevante, solo circa metà di tali risorse è associata ai moltiplicatori più elevati. Gli investimenti in infrastrutture e i sussidi energetici alle imprese dovrebbero aumentare rispettivamente di 25 e 10 miliardi, mentre la quota maggiore degli investimenti riguarda difesa (40 miliardi) e spesa sociale (26 miliardi), che presentano un impatto limitato sulla crescita.
B) Nonostante alcuni segnali costruttivi, permangono rischi di attuazione della manovra fiscale. Sia la spesa sociale sia i sussidi alle imprese (in larga parte legati ai prezzi dell'elettricità) sono già entrati in fase esecutiva. La legge sull'accelerazione degli appalti militari, attesa nelle prossime settimane, potrebbe a sua volta sostenere la spesa per la difesa. Al contrario, gli investimenti infrastrutturali restano esposti, a nostro avviso, a rischi di mancata realizzazione, considerato il significativo sottoutilizzo delle risorse negli ultimi anni. Senza un intervento efficace sui colli di bottiglia dal lato dell'offerta, la lentezza nella pianificazione, l'inefficienza delle procedure autorizzative e gli ostacoli amministrativi potrebbero rallentare l'impiego dei fondi destinati a infrastrutture e regioni. Allo stesso modo, il previsto incremento di 10 miliardi per il sostegno agli investimenti regionali potrebbe non tradursi completamente in un aumento della spesa pubblica effettiva.
C) L'incertezza politica in Germania resta elevata. Divergenze e manovre politiche rischiano di ostacolare l'attuazione del piano di bilancio (Grafico 10). Il dibattito sull'austerità, anche dopo la sospensione del freno all'indebitamento, grava sulla fiducia. L'incertezza sulla politica economica rimane inoltre su livelli storicamente elevati, ben al di sopra di quelli degli altri Paesi europei (Francia inclusa), e potrebbe minare l'implementazione delle riforme dal lato dell'offerta, essenziali per sostenere la crescita.
D) Imprese e consumatori mostrano una fiducia limitata nella capacità del Governo di portare a termine i propri progetti. L'economia tedesca appare intrappolata in un paradosso: il sentiment migliora, ma l'attività reale non segue. Sebbene la componente delle aspettative dell'indice IFO mostri un trend rialzista da gennaio 2025, il giudizio sulle condizioni correnti rimane stagnante. Si tratta di una dicotomia tipica delle difficoltà tedesche: gli indicatori anticipatori riflettono le promesse fiscali, ma l'attività reale rimane debole. I dati sulle vendite al dettaglio mostrano che la spesa per consumi discrezionali resta anemica: a settembre, le vendite nei negozi specializzati (compresi abbigliamento e calzature) sono diminuite dell'1,6% su base mensile, dopo il calo dello 0,6% del mese precedente, mentre le vendite di arredi sono scese dell'1,4% su base mensile, dopo essere rimaste invariate in agosto.
Disinflazione senza sosta. Il report preliminare di ottobre ha mostrato un'inflazione core al 2,4% annuo, invariata rispetto a settembre, dove il calo dell'inflazione dei beni industriali non energetici (NEIG) ha compensato l'aumento dei servizi. Tuttavia, i dati preliminari di derivazione nazionale evidenziano come l'aumento dei servizi sia stato dettato principalmente da categorie volatili, essenzialmente le tariffe aeree. Il forte aumento delle tariffe aeree sembra piuttosto diffuso: in Germania, Belgio e Italia (in misura minore), gli unici tre paesi che forniscono dati dettagliati, ma anche in Spagna (secondo il comunicato stampa) e probabilmente nei Paesi Bassi e in Austria. Al tempo stesso, i dati preliminari lasciano presagire un moderato rallentamento dei servizi core.
Con riferimento al dato headline, l'inflazione dei prodotti alimentari (FAT) è scesa al 2,5% annuo, in calo per il terzo mese consecutivo. Il rallentamento è stato determinato sia dall'inflazione dei prodotti alimentari trasformati che, in particolare, da quella dei prodotti alimentari non trasformati (3,2% su base annua dal 4,2% di settembre). Il dato supporta le nostre attese di una normalizzazione nei prossimi a venire dei prodotti alimentari non trasformati, avvallate anche dall'indagine della CE sulle aspettative relative ai prezzi di vendita di alimenti e bevande che, negli ultimi mesi, hanno registrato un rallentamento.
Nonostante la volatilità della rilevazione mensile dei servizi, la diffusa tendenza al ribasso resta in essere. La crescita dei salari si sta normalizzando a ridosso di livelli coerenti con la stabilità dei prezzi. Infatti, come dimostrano i dati di contabilità nazionale, il contributo dei costi del lavoro all'inflazione generata internamente si sta moderando e l'espansione dei profitti ha subito un forte rallentamento negli ultimi trimestri.
Lo scenario base di ANIMA. Dopo la sorpresa al rialzo del PIL del terzo trimestre, uscito allo 0,2% trimestrale (+0,2% rispetto al nostro scenario base), abbiamo rivisto meccanicamente al rialzo il nostro scenario centrale per il 2025: ci aspettiamo quindi una crescita del PIL reale dello 0,2% trimestrale nel quarto trimestre (+0,1% rispetto alle attese precedenti), coerente con una crescita annua attesa all'1,4% (rispetto all'1,2% precedente). Con riferimento al 2026, confermiamo il nostro scenario centrale, con attese di una crescita media trimestrale dello 0,3% per il primo semestre del 2026 e dello 0,4% per il secondo, compatibile con una media annua dell'1,0%, leggermente al di sotto dell'1,1% di consenso.
Relativamente all'inflazione, ci aspettiamo un CPI core al 2,1% nel quarto trimestre del 2025, con una media annua invariata al 2,3%. Per il 2026, ci aspettiamo che il dato core si attesti all'1,9% nel primo semestre e all'1,8% nel secondo semestre, compatibile con una media annua all'1,8%.
Cina – Partenza di trimestre difficoltosa
Consumi ancora deboli in avvio di quarto trimestre. Gli indicatori ad alta frequenza segnalano un rallentamento del tasso di crescita delle vendite di automobili, scese al 6% su base annua in ottobre, dal 6,4% di settembre. Tale moderazione riflette probabilmente un'applicazione più rigorosa dei sussidi per la permuta di auto a livello locale, nonché una fisiologica correzione della forte domanda registrata a inizio anno (nel primo semestre del 2025 le vendite sono aumentate dell'11% su base annua). Parallelamente, i consumi di servizi non mostrano segnali di ripresa. Nonostante il prolungamento delle vacanze della Golden Week, in ottobre gli incassi al botteghino sono calati di circa il 30% su base annua; l'indebolimento dei consumi deriva presumibilmente dal peggioramento delle condizioni del mercato del lavoro, con la disoccupazione giovanile che resta elevata, intorno al 18%.
Il canale dell'export si è preso una pausa. Anche le esportazioni sono risultate più deboli del previsto in ottobre, registrando una contrazione dell'1,1% su base annua dopo il rialzo dell'8,3% di settembre. La profonda correzione della crescita complessiva dell'export, pari a 9,4 punti percentuali, ha interessato tutti i principali partner commerciali, segnalando una perdita di slancio generalizzata. Anche in termini sequenziali il trend si è deteriorato: il dato destagionalizzato aggregato ha ceduto l'1,2% nei tre mesi fino a ottobre, rispetto al calo dello 0,3% di settembre. Analoga debolezza ha caratterizzato l'andamento delle importazioni, suggerendo una perdita di momentum della domanda interna. Il forte rallentamento dell'export solleva interrogativi sulla sostenibilità della crescita cinese, specie considerando che la domanda estera ha svolto un ruolo cruciale nel compensare le debolezze interne. Nei primi tre trimestri del 2025, le esportazioni nette hanno contribuito per 1,5 punti percentuali alla crescita complessiva del PIL del 5,2%, rappresentando quasi il 30% del totale. Se il commercio estero dovesse continuare a indebolirsi, l'economia potrebbe affrontare pressioni su tre fronti: una recessione prolungata nel settore immobiliare, una crescita fiacca dei consumi delle famiglie e un'ulteriore debolezza della domanda esterna, fattori che metterebbero a rischio la stabilità della traiettoria di crescita.
Detto ciò, riteniamo che sia prematuro incorporare tali rischi nel nostro scenario centrale. A inizio novembre, infatti, i dati ad alta frequenza sulle spedizioni hanno mostrato segnali di ripresa dell'export; pertanto, ottobre potrebbe rappresentare soltanto una correzione fisiologica della forza di settembre.
In questo contesto, abbiamo rivisto al ribasso le nostre stime di crescita del PIL per il quarto trimestre 2025, dal 4,9% al 4,3% su base annua, rispetto al 4,8% del terzo trimestre.
La view di lungo periodo rimane invariata. Le prospettive per la domanda interna restano deboli, mentre il canale commerciale dovrebbe continuare a sostenere la crescita, malgrado la correzione di ottobre. Guardando oltre l'orizzonte immediato, alcuni dei principali esportatori automobilistici si dichiarano ottimisti per le prospettive dell'export nel 2026, grazie alla competitività dei prodotti high-tech cinesi. La China Passenger Car Association (CPCA) stima che la Cina esporterà 10 milioni di automobili all'anno entro il 2030, rispetto agli attuali 6,5 milioni.
Stimoli fiscali ancora necessari. Durante l'estate, i nuovi sussidi mirati per famiglie e imprese del settore dei servizi hanno fornito un sostegno incrementale, seppur limitato, a un settore dei servizi in raffreddamento e alla spesa per consumi. Nel frattempo, il “programma di permuta" lanciato lo scorso anno è scaduto a settembre. Nel complesso, riteniamo che l'impatto delle nuove misure sia modesto e insufficiente a generare un'accelerazione significativa della crescita del PIL nel 2025/26. A nostro giudizio, l'allentamento fiscale continuerà a offrire solo un sostegno marginale alla domanda interna, sostenendo il momentum economico in un contesto di persistenti sfide strutturali (squilibri tra produzione e consumo, pressioni deflazionistiche, crisi immobiliare). Per attenuare la crisi del comparto immobiliare e migliorare il sentiment delle famiglie, le autorità dovrebbero indirizzare le imprese statali all'acquisto delle scorte di alloggi invenduti dai costruttori in difficoltà.
Nel mese di ottobre l'inflazione headline è aumentata per la prima volta da luglio. Tale incremento è tuttavia riconducibile a due fattori: 1) l'allungamento della Golden Week, che ha sostenuto la domanda e l'inflazione per servizi (viaggi, trasporti) e beni alimentari; 2) il continuo rialzo dei prezzi di oro e platino. Nonostante la marginale accelerazione inattesa degli indici sui prezzi al consumo, riteniamo che le pressioni deflazionistiche si intensificheranno nel quarto trimestre del 2025 e continueranno a pesare nel primo semestre del 2026, complice la persistente debolezza della domanda delle famiglie, il limitato potere di determinazione dei prezzi e l'eccesso di capacità nel manifatturiero: tutti fattori che probabilmente manterranno l'inflazione contenuta nel prossimo anno. Ciò detto, un effetto base favorevole dovrebbe sostenere un aumento delle variazioni degli indici su base annua tra il quarto trimestre 2025 e il primo trimestre 2026, portando gradualmente l'inflazione headline verso l'1% e contribuendo a definire un livello minimo per la crescita dei prezzi nel resto dell'anno.
Lo scenario base di ANIMA. Abbiamo rivisto al ribasso le stime di crescita del PIL nel quarto trimestre 2025, dal 4,9% al 4,4% su base annua, rispetto al 4,8% del trimestre precedente. Nel complesso, il PIL dovrebbe crescere del 4,9% nel 2025 e stabilizzarsi al 5% nel 2026.
Sul fronte dell'inflazione, ci attendiamo che il CPI si attesti a zero nel 2025, in lieve calo rispetto allo 0,1% del 2024, con tassi sequenziali pari a -0,3% nel terzo trimestre 2025, +0,3% nel quarto e +0,8% nel primo trimestre 2026. L'inflazione headline è prevista risalire allo 0,8% nel 2026, principalmente grazie agli effetti base favorevoli.
NOTA: Approfondimento presentato in occasione dell'ultimo Comitato Investimenti, tenutosi il 19/20 novembre 2025.