Ci aspettiamo una crescita in modesta accelerazione negli Stati Uniti e in Area Euro a partire dal quarto trimestre 2025, e in miglioramento sul fronte della qualità in Cina. Le pressioni sui prezzi legate ai dazi resteranno temporanee e il target di inflazione della Fed sarà raggiunto entro la fine del terzo trimestre 2026, mentre in Area Euro il rischio di scendere sotto al target della BCE è sempre più concreto
Ci aspettiamo che l'economia statunitense eviti la recessione nel 2026. Prevediamo che la crescita inizi a riaccelerare nel quarto trimestre di quest'anno, trainata da una politica fiscale espansiva, condizioni di politica monetaria più accomodanti e bilanci dei consumatori solidi, soprattutto tra le fasce più abbienti. La nostra view costruttiva si basa in modo determinante sull'ipotesi di lavoro secondo cui il recente rallentamento delle assunzioni riflette un cambiamento di paradigma nella funzione produttiva statunitense, piuttosto che segnalare la fase finale del ciclo economico post-pandemico. Ciò detto, considerando che al momento l’economia americana sta sperimentando un equilibrio del mercato del lavoro contraddistinto da tassi di assunzione e licenziamento bassi, riteniamo che il momentum della crescita tornerà al potenziale più lentamente di quanto sarebbe accaduto normalmente, in assenza di dazi. Per quanto riguarda la dinamica dei prezzi, ipotizzando che il trend di crescita non raggiunga il potenziale entro il quarto trimestre del 2026 e che lo shock delle tariffe sia temporaneo, restiamo dell’avviso che il target di inflazione della Fed possa essere in vista entro la fine del terzo trimestre 2026.
In Area Euro, la nostra narrativa macroeconomica rimane invariata: continuiamo a prevedere un'economia che per ora cresce solo in modo modesto, ma auspicabilmente il prossimo anno dovrebbe accelerare, sostenuta dall'impulso fiscale tedesco e dal miglioramento della domanda estera. Tuttavia, i rischi rimangono orientati al ribasso. Parallelamente, le pressioni sui prezzi nel comparto dei servizi continueranno ad allentarsi, il che dovrebbe spingere l'inflazione core sotto target entro la fine del primo semestre 2026.
In Cina, con la maggior parte dei dati di agosto ancora in attesa di pubblicazione, il nostro outlook macro è invariato. Il commercio ha registrato un rallentamento sequenziale in agosto, principalmente a causa del calo delle spedizioni verso gli Stati Uniti; tuttavia, il riorientamento dei flussi verso i paesi asiatici fornirà un supporto crescente con il passare del tempo. Gli stimoli fiscali rimangono in vigore, con sussidi mirati per i prestiti alle famiglie e alle imprese del settore dei servizi che sostengono la domanda interna, in un contesto di pressioni deflazionistiche che prevediamo persistano per tutto il 2026.
Per quanto riguarda la politica monetaria, il nostro scenario centrale vede il tasso sui Fed Funds in area di neutralità (3,0-3,25%) entro la fine del terzo trimestre 2026, con i rischi orientati verso un aggiustamento ancora più rapido. La BCE dovrebbe tagliare i tassi a dicembre e portare il tasso di deposito sul limite inferiore del range neutrale, a quota 1,75%, per poi restare ferma per tutto il 2026, con rischi orientati verso un’ulteriore intervento espansivo nell’orizzonte di previsione. La PBoC, infine, dopo l'allentamento del secondo trimestre, dovrebbe fare una pausa nel terzo e successivamente riavviare il ciclo di tagli nei mesi finali dell’anno, con il riemergere dei rischi per il raggiungimento del target di crescita fissato per il 2025.
CRESCITA E INFLAZIONE
Stati Uniti – Tech on me
Ci aspettiamo che l'economia statunitense eviti la recessione nel 2026. Il flusso di dati macro e gli sviluppi politici degli ultimi anni rimangono coerenti con un'economia prossima ad accelerare a partire dal quarto trimestre di quest'anno, dopo aver assorbito le recenti difficoltà derivanti dalle politiche commerciali e di immigrazione perseguite dalla nuova Amministrazione.
I dati sulla domanda interna hanno mostrato segni di miglioramento. Dopo la significativa incertezza causata dalle politiche dell'amministrazione Trump, sia la spesa dei consumatori che quella delle imprese sono aumentate nel secondo trimestre. Inoltre, gli indicatori per il terzo trimestre, come le vendite al dettaglio, la spesa personale e gli ordinativi, indicano una crescita continua in entrambi i settori.
A nostro avviso, una politica fiscale favorevole, una politica monetaria e condizioni di finanziamento più accomodanti, congiuntamente a bilanci delle famiglie ancora solidi, dovrebbero continuare a sostenere la domanda interna privata in futuro.
Un equilibrio tra bassi livelli di assunzioni e di licenziamenti. Il tasso di disoccupazione relativamente basso e i JOLTS stabili indicano una scarsa flessibilità del mercato del lavoro; ciò contribuisce a spiegare come un modesto aumento dei posti di lavoro retribuiti possa comunque essere compatibile con la piena occupazione, ed è ulteriormente influenzato da un rallentamento della forza lavoro dovuto ai cambiamenti politici in materia di immigrazione.
I rischi di un'imminente impennata rimangono limitati. Le richieste di sussidi di disoccupazione continuano a seguire l'andamento degli ultimi anni, mentre le richieste continuative rimangono ben al di sotto dei livelli registrati durante le precedenti recessioni del ciclo economico. Nel frattempo, persiste l'accumulo di manodopera. Il rapporto tra posti vacanti e disoccupati è rimasto sopra 1 per qualche tempo, mentre le assunzioni nette (assunzioni meno licenziamenti) rimangono prossime allo zero.
Restiamo convinti che il mercato del lavoro sia un indicatore ritardato. Sebbene il rallentamento della dinamica delle assunzioni richieda un attento monitoraggio, non lo consideriamo una condizione sufficiente per giustificare un outlook fondamentalmente negativo per l'economia statunitense nel nostro orizzonte previsionale (fino al 2026).
Siamo chiari: riconosciamo che, in apparenza, un contesto di assunzioni meno favorevole può sembrare scoraggiante. Tuttavia, come discusso di seguito, evidenziamo alcuni aspetti positivi.
Un cambio di paradigma nella produzione statunitense. Un pilastro fondamentale che ci spinge a mantenere una view macroeconomica costruttiva fino al 2026 è l'ipotesi che l'economia statunitense stia attraversando una trasformazione strutturale. In un quadro di funzione di produzione Cobb-Douglas, riteniamo che le imprese nazionali stiano rispondendo all'aumento della produttività totale dei fattori (TFP) guidato dall'intelligenza artificiale riallocando i pesi relativi degli input di produzione.
Con poco spazio per ulteriori aumenti dei prezzi a livello di consumatori, le aziende sembrano aver optato per una forte riduzione delle assunzioni (minore contributo della manodopera) come modo per proteggere i margini dal basso.
Allo stesso tempo, al fine di preservare la produzione, le aziende sembrano aver sfruttato i guadagni in termini di produttività totale dei fattori determinati dall'intelligenza artificiale aumentando gli investimenti nel settore dell’IA.
Il contesto politico ha sostenuto questo cambiamento di direzione:
1) Da un lato, regimi fiscali favorevoli, tra cui il CHIPS Act (2025) e il Big Beautiful Bill (2025), hanno facilitato la transizione delle imprese verso una funzione produttiva più intensiva in termini di capitale. Il rallentamento delle assunzioni, sceso al di sotto della media pre-COVID nel 2024, è sintomatico di un'economia in cui: 1) la spesa dei consumatori rimane resiliente, ma lo spazio per ulteriori aumenti dei prezzi è limitato, e 2) le imprese mantengono forti incentivi fiscali per sostituire la manodopera con investimenti in tecnologia.
2) D'altra parte, la guerra commerciale del 2025 ha esacerbato il compromesso tra aumenti dei prezzi e compressione dei margini affrontato dalle aziende, esercitando un'ulteriore pressione sul mercato del lavoro statunitense, dato lo spazio limitato o la scarsa propensione dei consumatori e delle imprese ad assorbire lo shock tariffario.
Ciliegina sulla torta. In questo contesto, gli aumenti di produttività osservati dal primo trimestre del 2023 suggeriscono che la decisione delle aziende, che hanno sfruttato i miglioramenti della produttività totale dei fattori guidati dall'intelligenza artificiale, era ben fondata.
Per quanto riguarda l'inflazione, siamo convinti che il target della Fed sia comunque raggiungibile entro la metà del 2026. Per diversi motivi:
1) Il divario tra produzione effettiva e potenziale dovrebbe rimanere negativo per tutto l'orizzonte previsionale. Sebbene si preveda che la dinamica di crescita inizi ad accelerare nel quarto trimestre di quest'anno, siamo conviti che, alla fine del 2026, si manterrà ancora al di sotto del potenziale su base trimestrale.
2) Uno shock tariffario temporaneo. I dati disponibili lungo la catena dei prezzi dei beni e dei servizi continuano a suggerire che le pressioni tariffarie si stanno gradualmente attenuando. A nostro avviso, ciò è coerente con le difficoltà delle imprese nel trasferire interamente i dazi sui consumatori.
3) Ci aspettiamo una persistente disinflazione nel settore dei servizi. Ciò include sia la componente abitativa che quella non abitativa, poiché è improbabile che la crescita dei salari riprenda slancio in un mercato del lavoro equilibrato.
Lo scenario base di ANIMA. Il nostro scenario centrale per il secondo semestre del 2025 resta invariato; ci aspettiamo un rallentamento della crescita del PIL nel terzo trimestre all'1,0% su base trimestrale (invariata rispetto al precedente) dal 3,3% del secondo trimestre e una ripresa all'1,3% (invariato rispetto al precedente) nel quarto trimestre, coerente con un tasso di crescita annuale dell'1,7%. Ci aspettiamo infine una crescita del PIL reale dell'1,4% su base trimestrale per il primo trimestre 2026 e dell'1,6%, 1,7% e 1,9% per i tre trimestri successivi, in linea con un tasso di crescita annuale dell'1,6%.
Con riferimento alla dinamica dei prezzi, ci aspettiamo un CPI core del 3,0% su base annua nel terzo trimestre del 2025 e del 3,1% nel quarto trimestre del 2025, coerente con una media annuale del 3,0%. Ci aspettiamo inoltre un CPI core medio del 2,8% nel primo semestre 2026 e del 2,4% nel secondo, compatibile con una media annuale del 2,6%, con il target del 2% della Fed che verrà raggiunto alla fine del terzo trimestre del 2026. Infine, ci aspettiamo un PCE core al 3,0% su base annua per il terzo trimestre del 2025 e un 3,3% per il quarto trimestre del 2025, in linea con una media annuale del 2,9%. Per il primo semestre del 2026, il PCE core medio è atteso al 2,6% e al 2,3% nel secondo semestre del 2026, in linea con una media annuale del 2,5%.
Area Euro – Alla ricerca di sostegno
Crescita anemica oggi, ripresa domani. I dati sull’attività reale relativi al terzo trimestre indicano che la dinamica di crescita rimane debole. Di conseguenza, abbiamo rivisto al ribasso le nostre stime per il terzo trimestre dall'0,1% allo zero e abbiamo ridotto le nostre previsioni per il quarto trimestre di 0,1 punti percentuali (ora prevediamo una crescita dello 0,1% su base trimestrale, in calo rispetto allo 0,2% precedente). Tuttavia, riteniamo che nel 2026 lo slancio economico dell'Area Euro avrà margini di miglioramento rispetto alla tendenza anemica registrata quest'anno, per diverse ragioni:
1) Gli indicatori anticipatori stanno iniziando a mostrare un miglioramento costante, compresi i PMI e le principali indagini nazionali come l'IFO tedesco, in particolare nel settore manifatturiero. Inoltre, le componenti prospettiche delle indagini, tra cui il divario tra ordini e scorte nel settore manifatturiero e le componenti relative alle aspettative, indicano un'ulteriore ripresa in vista. Sebbene i sondaggi rimangano su livelli contenuti, le recenti dinamiche sono incoraggianti.
2) La dichiarazione congiunta UE-USA sull'accordo commerciale ha fornito poche informazioni nuove, ma ha contribuito a ridurre ulteriormente l'incertezza in materia di politica commerciale. Ciò dovrebbe sostenere due aree chiave: 1) La fiducia dei consumatori e delle imprese potrebbe migliorare rispetto ai livelli piuttosto bassi osservati nel 2025. 2) Una diminuzione delle tensioni commerciali globali potrebbe stimolare l'attività di esportazione.
3) Riteniamo che la politica fiscale tedesca rimanga saldamente orientata verso una forte espansione. Dopo una sessione di "pulizia" in seno alla commissione bilancio il 4 settembre, il bilancio dovrebbe essere approvato prima dell'inizio della stagione autunnale. Ci aspettiamo quindi che la politica fiscale sosterrà la crescita dalla fine di quest'anno e per tutto il 2026. Sul lato della spesa del PIL, la spinta fiscale si rifletterà in un aumento degli investimenti pubblici e privati, nonché in un aumento dei consumi pubblici. Il risultato netto è una ripresa degli animal spirits: infatti, i sondaggi sulla fiducia in Germania hanno continuato a migliorare, in particolare nei settori esposti allo stimolo (come l'industria manifatturiera e l'edilizia). Ciò può essere interpretato come un segnale che il pacchetto fiscale potrebbe stimolare la propensione all’investimento del settore privato, come illustrato dalla recente iniziativa "Made for Germany".
Conclusione. In questo contesto, confermiamo l’aspettativa di una crescita anemica, orientata sperabilmente a un’accelerazione nel corso del prossimo anno, sostenuta dall'impulso fiscale tedesco e dal miglioramento della domanda estera. Ci aspettiamo quindi una crescita media dell'Area Euro compresa tra lo 0,0% e lo 0,1% nella seconda metà del 2025 e tra lo 0,3% e lo 0,4% nel 2026.
I rischi rimangono orientati al ribasso:
1) L'incertezza continua a diminuire seppur lontana, con tutta probabilità, da una piena normalizzazione. L'accordo commerciale tra UE e Stati Uniti è fragile, con nuove minacce che stanno già emergendo da parte statunitense. In questo contesto, è difficile aspettarsi una forte ripresa dei consumi e degli investimenti.
2) Rileviamo rischi relativi alla capacità del governo tedesco di accelerare la spesa prevista dal pacchetto fiscale nella misura annunciata.
Il calo dell'inflazione prosegue. Stando alla rilevazione dei prezzi al consumo armonizzati di agosto, non si ravvede alcun segnale che possa modificare in modo significativo le nostre stime. Il dato più importante è il continuo calo dell'inflazione dei servizi, che ha registrato un rallentamento per il terzo mese consecutivo con una composizione su ampia base, ovvero un rallentamento dei servizi sottostanti (voci non legate al turismo).
Inferiore al target. Ci aspettiamo una discesa dell'inflazione headline al di sotto del target della BCE a partire da novembre 2025, con il traino dei prezzi dell'energia, poiché i prezzi all'ingrosso sul mercato energetico sono diminuiti in media di circa il 4,6% su tutta la curva. Di conseguenza, ciò dovrebbe contribuire a mantenere l'inflazione energetica in territorio deflazionistico per gran parte del nostro orizzonte previsionale, sostenuta anche da un effetto base favorevole. Al contrario, prevediamo che l'inflazione dei generi alimentari resterà stabile fino alla fine di quest'anno, sulla base di indicatori anticipatori quali i prezzi dei prodotti alimentari a monte, i PMI e le aspettative sui prezzi di vendita dell'indagine della Commissione Europea, prima di rallentare nel corso del 2026. Pertanto, manteniamo invariata la nostra aspettativa di un’inflazione media annua core al 2,3% per il 2025 e all'1,8% per il 2026. Dopo il rialzo di luglio e agosto, dovuto principalmente a questioni legate alla stagione dei saldi, ci aspettiamo che la dinamica dei prezzi NEIG si confermi in linea con la media pre-COVID. Il reindirizzamento delle esportazioni cinesi verso l'Europa dovrebbe agire come una forza normalizzante per l'inflazione NEIG. Ancora più importante, ci aspettiamo il proseguimento della disinflazione dei servizi. I salari e i margini di profitto si stanno normalizzando e riteniamo che nel 2026 il processo di rivalutazione annuale dei prezzi dei servizi regolamentati fornirà un'ulteriore spinta al ribasso.
Lo scenario base di ANIMA. Ci aspettiamo una crescita del PIL reale dell'Area Euro dello 0,0% nel terzo trimestre del 2025 (in calo rispetto allo 0,1% precedente) e dello 0,1% nel quarto trimestre del 2025 (in calo rispetto allo 0,2% precedente), coerente con una media annua che si conferma invariata per il 2025 all'1,2%. Per il 2026, ci aspettiamo una crescita dello 0,3% per il primo semestre (media trimestrale) e dello 0,4% per il secondo semestre, in linea con una crescita annua per il 2026 dell'1,0%, leggermente inferiore al consenso dell'1,1%. Con riferimento alla dinamica dei prezzi, ci aspettiamo che l’inflazione core dell'Area Euro si attesti al 2,2% nel terzo trimestre del 2025 (invariato) e al 2,1% nel quarto trimestre del 2025 (in calo rispetto al 2,2% dello scenario di base precedente), e le nostre stime in termini di media annua per il 2025 si confermano al 2,3%. Per il 2026, ci aspettiamo un'inflazione core dell'1,9% nel primo semestre e dell'1,8% nel secondo semestre, compatibile con una media annua dell'1,8%.
Cina – Scenario base immutato
Il nostro scenario macroeconomico di base rimane invariato. Con la maggior parte dei dati sull’attività reale di agosto ancora non pubblicati, ad eccezione dei dati sul commercio, le nostre prospettive macroeconomiche complessive rimangono sostanzialmente stabili. I dati disponibili indicano che lo slancio commerciale ha subito un ulteriore rallentamento in agosto: le esportazioni sono cresciute del 4,4% su base annua, in calo rispetto al 7,2% del mese precedente, mentre le importazioni sono aumentate dell'1,3% su base annua, rispetto al 4,1% precedente.
Una ripartizione regionale rivela tendenze divergenti: le esportazioni verso gli Stati Uniti sono diminuite drasticamente del 33% su base annua, riflettendo la minore domanda e l'impatto dell'aumento dei dazi. Al contrario, le spedizioni verso l'Unione Europea e diversi mercati emergenti sono rimaste sostanzialmente stabili, contribuendo a compensare in parte la debolezza.
In prospettiva, ci aspettiamo che le esportazioni cinesi rimarranno relativamente stabili fino al 2025, sostenute dal continuo riorientamento verso le economie dell'ASEAN. Tuttavia, le prospettive per il commercio estero sono limitate dall'indebolimento della domanda globale e dai dazi doganali statunitensi persistentemente elevati, che raggiungono il 71%.
Gli stimoli fiscali continuano a essere erogati. Durante l'estate, le Autorità hanno introdotto agevolazioni mirate sui tassi di interesse per le famiglie e le imprese del settore dei servizi. Sebbene queste misure possano offrire un sostegno limitato ai servizi e ai consumi, riteniamo che il loro impatto sarà modesto e insufficiente a stimolare in modo significativo la crescita del PIL. A nostro avviso, l'allentamento fiscale continuerà a fornire un sostegno marginale alla domanda interna di beni e servizi, contribuendo a sostenere lo slancio economico in un contesto di persistenti sfide strutturali, tra cui gli squilibri tra produzione e consumo, le continue pressioni deflazionistiche e la persistente debolezza del settore immobiliare. Per affrontare la crisi immobiliare e rafforzare la fiducia delle famiglie, le Autorità potrebbero persino incaricare le imprese statali di acquistare le scorte di alloggi invenduti dai costruttori in difficoltà.
Pressioni deflazionistiche radicate. Restiamo convinti che le pressioni deflazionistiche persisteranno fino al 2025 e probabilmente per tutta la prima metà del 2026, in virtù della debole domanda delle famiglie, del limitato potere di determinazione dei prezzi sia dei beni che dei servizi e della significativa capacità in eccesso nel settore manifatturiero, tutti fattori che continuano a pesare sull'inflazione.
Lo scenario base di ANIMA. Il nostro scenario centrale resta invariato e ci aspettiamo un rallentamento della crescita del PIL al 4,7% su base annua nel terzo trimestre, prima di accelerare al 4,9% nel quarto trimestre, in linea con una media annua per il 2025 al 5,0%, in linea con il ritmo del 2024. Nel 2026, ci aspettiamo un leggero miglioramento della crescita, attesa al 5,2%. Con riferimento alla dinamica dei prezzi, abbiamo leggermente rivisto al ribasso il nostro scenario di base e ci aspettiamo ora che l'inflazione per l'intero 2025 si stabilizzi allo 0,1% (in calo rispetto allo 0,2% precedente), lo stesso livello del 2024. In termini sequenziali, ci aspettiamo che l'inflazione headline possa seguire la seguente dinamica: -0,3% annuo nel terzo trimestre, 0,5% nel quarto trimestre del 2025 e 1,1% nel primo trimestre del 2026. L'inflazione headline dovrebbe risollevarsi oltre lo 0,5% il prossimo anno, principalmente grazie agli effetti base positivi.
NOTA: Approfondimento presentato in occasione dell’ultimo Comitato Investimenti, tenutosi il 17/18 settembre 2025.