Overview - Non ci siamo persi molto
Con la fine dello shutdown negli Stati Uniti, la pubblicazione del flusso di dati è ripresa, sebbene lentamente. Le rilevazioni sin qui disponibili non ci hanno indotto a modificare il nostro scenario centrale, anche se i rischi al rialzo sono in aumento. Restiamo infatti convinti che l'economia statunitense riprenderà slancio nel primo trimestre, dopo il rallentamento indotto dallo shutdown nel quarto trimestre, e il target di inflazione della Fed sarà raggiunto entro la fine del prossimo anno.
In Area Euro, analogamente, continuiamo a pensare che la crescita accelererà nel 2026, trainata dalla politica fiscale espansiva tedesca; i rischi si confermano orientati al ribasso a causa della scarsa qualità della crescita e dei rischi di attuazione, ma nello stesso tempo il flusso di dati segnala che in futuro la sovraperformance della Spagna rappresenterà un supporto importante per l'attività economica dell'area. Ci aspettiamo che la crescita del PIL reale si attesti all'1,0% nel 2026 (rispetto all'1,1% del consenso) mentre il trend ribassista sull'inflazione dovrebbe proseguire, con il contributo degli effetti di reset annuale e il continuo rallentamento della dinamica salariale.
In Cina, infine, il flusso di dati ha evidenziato una debolezza diffusa in ottobre, anche se alcuni fattori tecnici ne hanno amplificato eccessivamente la portata. Di conseguenza, abbiamo rivisto leggermente al ribasso la nostra aspettativa sulla crescita del PIL reale per il quarto trimestre del 2025 al 4,2% su base annua, dal 4,4% precedente. Nel 2026 ci aspettiamo che la crescita si stabilizzi al 5,0%, e, stante la revisione della proiezione per il 2025, abbiamo meccanicamente rivisto al ribasso la stima annua dal 5,2% al 5,0%. Le nostre ipotesi si fondano sui recenti annunci del governo, che indicano come le Autorità potrebbero aver già iniziato a prendere provvedimenti per sostenere l'attività economica. Con riferimento all'inflazione, restiamo dell'idea che si muoverà ben al di sotto dell'obiettivo della PBoC per tutto l'orizzonte previsionale.
Sul fronte delle politiche monetarie, la retorica della BCE mantiene un orientamento restrittivo e non ci aspettiamo che le stime per il 2028 (che saranno pubblicate a dicembre) mostrino un calo significativo dell'inflazione sotto target, complice il supporto tecnico ed esogeno legato all'insolita incorporazione dell'impatto dell'ETS2 nelle previsioni dello staff della BCE. In questo contesto, restiamo convinti che l'istituto di Francoforte lascerà i tassi invariati a dicembre e li taglierà ancora una volta a marzo, portando il tasso sui depositi all'1,75%, per poi restare ferma fino a fine anno, con rischi orientati verso la possibilità di un ulteriore taglio dei tassi. Come da attese, la PBoC ha mantenuto invariata la stance di politica monetaria durante la riunione del 20 novembre; considerando le nostre aspettative di una crescita moderatamente inferiore al target del 5,0% nel 2025 (4,8%, secondo il nostro scenario centrale), restiamo convinti che verrà effettuato un taglio dei tassi entro la fine dell'anno (22 dicembre), per gettare le basi di una crescita solida nel 2026.
CRESCITA E INFLAZIONE
USA – La nebbia (dei dati) inizia a diradarsi
I consumatori rimangono al timone. Tra la fine dell'estate e l'autunno, i consumatori hanno conservato la loro resilienza. I dati ad alta frequenza relativi alla spesa con carte di credito mostrano infatti una buona risposta dei consumatori nel corso del periodo delle festività: secondo i dati BAC (BofA), la spesa per gli articoli natalizi nella penultima settimana di novembre è aumentata del 4,5% rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente.
I dati sulle vendite al dettaglio di settembre mascherano la solidità della spesa. Riteniamo che i dati sulle vendite al dettaglio di settembre debbano essere presi con cautela. Infatti, la rilevazione delle vendite relative al control group (che alimenta direttamente i dati PCE del BEA) è risultata leggermente inferiori alle attese, attestandosi a -0,1% mensile rispetto allo 0,6% di agosto. Da un punto di vista top-down, nonostante il calo delle vendite del control group, la solidità della spesa durante l'estate suggerisce che la spesa reale dei consumatori è aumentata a un ritmo robusto del 3,2% su base annua nel terzo trimestre, in aumento rispetto al 2,5% del secondo trimestre. Da un punto di vista bottom-up, il rallentamento delle vendite del control group registrato a settembre - che esclude automobili, benzina, servizi di ristorazione e materiali da costruzione - è avvenuto in un contesto di calo delle vendite nominali nei negozi di abbigliamento, articoli sportivi e hobby, nonché negli acquisti online. Queste categorie di spesa, deboli a settembre, hanno registrato forti aumenti sia a luglio che ad agosto. È quindi probabile che a settembre si sia registrato un effetto di moderazione dopo due mesi (luglio e agosto) di forte spesa per il ritorno a scuola. Inoltre, rileviamo come le vendite dei servizi di ristorazione e dei locali dove si consumano bevande (l'unica categoria di spesa per i servizi nel rapporto sulle vendite al dettaglio) si sono attestate allo 0,7% mensile (dal precedente 1,0% rivisto poi al rialzo), mantenendo un solido slancio in un settembre che ha registrato temperature più elevate del solito.
A ulteriore sostegno della nostra lettura positiva sui consumatori statunitensi, il mercato del lavoro e il reddito da lavoro continuano a essere di supporto. A settembre, i nuovi occupati dei settori non agricoli hanno registrato un aumento inaspettatamente forte di 119.000 unità, seppur accompagnato da revisioni al ribasso che, in termini netti, hanno ridotto il ritmo di agosto (-4.000) e luglio (72.000). Nell'indagine sulle famiglie, il tasso di disoccupazione (U3) è salito al 4,44% dal 4,32% di agosto, il livello più alto dall'ottobre 2021. Tuttavia, osserviamo che l'aumento dell'U3 a settembre è stato determinato da un incremento della forza lavoro (+497.000) superiore a quello dell'occupazione delle famiglie (+251.000): ciò suggerisce che questi dati riflettono maggiormente buone notizie sulla partecipazione che cattive notizie sulla occupazione. Inoltre, le stime sul reddito da lavoro dipendente contenute nel rapporto di settembre indicano che il reddito da lavoro rimane fortemente supportivo. L'occupazione è aumentata e, con i dati deboli di giugno che fuoriescono dalla finestra trimestrale, la crescita dei redditi da lavoro dipendente nel settore privato ha registrato un'accelerazione al 4,4% su base trimestrale, in aumento rispetto al 2,8% di agosto. Sebbene questo ritmo si attesti al di sotto della media precedente dell'espansione, è comunque sufficientemente robusto da sostenere la crescita dei redditi reali e mantenere il potere d'acquisto, contribuendo ad alleviare le preoccupazioni sulla resilienza della spesa dei consumatori tra le famiglie più sensibili alle dinamiche reddituali.
L'equilibrio tra basso livello di licenziamenti e basso livello di assunzioni resta in vigore. In attesa dei report sul mercato del lavoro di ottobre e novembre, le indicazioni fornite dai dati sulle richieste di sussidio di disoccupazione, che sono la misura più affidabile per valutare la forza del mercato del lavoro in tempo reale, sono positive. Infatti, queste sono diminuite di 6.000 unità a 216.000 nella settimana terminata il 22 novembre, leggermente al di sotto delle aspettative. Si tratta di livelli sostanzialmente simili a quelli registrati nel 2023 e nel 2024. La media mobile a quattro settimane delle richieste è scesa di 1.000 unità a 224.000. Le richieste continuative di sussidio di disoccupazione rimangono sostanzialmente in linea con la traiettoria osservata negli ultimi due anni.
L'attività di investimento rimane vivace. I dati sugli ordinativi di settembre hanno evidenziato una certa forza. I nuovi ordini di beni durevoli sono aumentati dello 0,5% su base mensile, in linea con le aspettative, supportati dal secondo mese consecutivo di ordini più elevati di aerei da difesa. Gli ordini di beni durevoli esclusi i trasporti (+0,6%), gli ordini di beni strumentali core (+0,9%) e le spedizioni di beni strumentali core (+0,9%) sono tutti cresciuti oltre le aspettative. La crescita di agosto è stata rivista al rialzo per gli ordini di beni durevoli (+0,1 pp a +3,0%), gli ordini di beni durevoli esclusi i trasporti (+0,2 pp a +0,5%), gli ordini di beni strumentali core (+0,5 pp a +0,9%) e le spedizioni di beni strumentali core (+0,3 pp a -+0,1%).
Negli ultimi mesi, gli ordini di beni durevoli hanno evidenziato una forza costante, con gli ordini totali spesso sostenuti dagli ordini di aeromobili e con un aumento anche degli ordini di beni durevoli esclusi i trasporti. Si osserva che una parte di questa forza potrebbe riflettere l'aumento della domanda di investimenti derivante dagli incentivi fiscali inclusi nel pacchetto fiscale estivo, nonché la domanda di investimenti legati all'intelligenza artificiale: ad esempio, le spedizioni di componenti elettronici (con un tasso medio del 9,0% in termini di variazione semestrale su base annua destagionalizzata negli ultimi 3 mesi, rispetto a una media del 4,2% nel 2024) e delle periferiche per computer (con un tasso medio del 49% in termini di variazione annua destagionalizzata su 6 mesi negli ultimi 3 mesi, rispetto a una media del 10,2% nel 2024) stanno registrando un andamento notevolmente robusto.
Quanto sopra è coerente con le nostre prospettive economiche per il 2026. Infatti, un pilastro fondamentale della nostra tesi macroeconomica costruttiva sul 2026 è l'ipotesi che l'economia statunitense stia attraversando una trasformazione strutturale (rif. Macro Outlook - STRESS TEST - settembre 2025).
Nessuna notizia rilevante sul fronte dell'inflazione. L'inflazione misurata dal PCE core di settembre è rimasta invariata rispetto ad agosto allo 0,2% mensile, in linea con le aspettative. L'aumento dell'inflazione dei beni core rilevato nel PCE è stato in parte compensato da un rallentamento dell'inflazione dei servizi. Infatti, a ottobre è stato segnalato un moderato effetto di trasferimento dei dazi sui prezzi dei beni core, in linea con quanto osservato nell'ambito dell'indice dei prezzi al consumo, con l'inflazione core dei beni PCE in aumento allo 0,2% mensile (+0,1 pp rispetto ad agosto). L'aumento è stato trainato da categorie quali mobili, abbigliamento e altri beni non durevoli. Nel frattempo, l'inflazione PCE supercore, ovvero i servizi core esclusi gli alloggi, ha registrato un rallentamento allo 0,22% (rispetto allo 0,32% precedente) in virtù della moderazione dell'aumento dei costi dei servizi finanziari.
Restiamo dell'idea che il target della Fed sarà raggiunto entro la fine del prossimo anno. Le ipotesi alla base del nostro scenario di riferimento rimangono valide:
1) Ribadiamo che lo shock dei dazi sarà temporaneo. Il flusso di dati in arrivo lungo la catena dei prezzi dei beni e dei servizi continua a suggerire che le pressioni dei dazi si stanno gradualmente attenuando. A nostro avviso, ciò è coerente con le difficoltà delle imprese nel trasferire interamente i dazi sui consumatori.
2) Il settore dei servizi continuerà a seguire un andamento disinflazionistico. Ciò include sia la componente immobiliare che quella non immobiliare, poiché è improbabile che la crescita salariale riprenda slancio in un mercato del lavoro equilibrato.
Lo scenario base di ANIMA. Ci aspettiamo una crescita del PIL del 2,7% su base trimestrale destagionalizzata (SAAR) per il terzo trimestre e successivamente un rallentamento all'1,4% nel quarto, riflesso di un leggero calo degli investimenti in attrezzature dopo tre trimestri consecutivi di crescita superiore alla media e un certo impatto legato alla chiusura del governo, coerente con un tasso di crescita annuale dell'1,9%. Per il 2026, ci aspettiamo una crescita dell'1,7% su base trimestrale nel primo trimestre 2026, 1,8%, 2,0% e 2,1% nei tre trimestri successivi, coerente con un tasso di crescita annuale del 2,0%.
Il nostro scenario centrale per l'inflazione resta invariato. Ci aspettiamo un CPI core al 3,1% nel quarto trimestre del 2025, coerente con dato medio annuo del 3,0%. Successivamente, ci aspettiamo che l'indice dei prezzi al consumo core si attesti in media al 2,8% nel primo semestre 2026 e al 2,4% nel secondo semestre, compatibile con una media annua del 2,6%. Restiamo convinti che, su base annua, il CPI core raggiungerà il 2% alla fine del terzo trimestre del 2026. In termini di PCE core, ci aspettiamo invece un dato al 3,0% su base annua per il terzo trimestre del 2025 e un 3,3% per quello successivo, compatibile con una media annua del 2,9%. Per il primo semestre 2026, manteniamo l'aspettativa di un PCE core medio del 2,6% e del 2,3% nel secondo semestre del 2026, coerente con una media annuale del 2,5%.
Area Euro – Alla ricerca del punto di flesso
Il dato sul PIL dell'Area Euro del terzo trimestre è stato leggermente rivisto al rialzo allo 0,3% trimestrale. Sebbene la ripartizione della spesa evidenzi che il contributo maggiore alla crescita deriva dagli investimenti (+0,2 pp), restiamo convinti che la crescita rimanga squilibrata e di scarsa qualità.
Le ragioni sono tre:
1) Escludendo gli investimenti, il secondo contributo più importante alla crescita è stato quello della spesa pubblica.
2) Escludendo la Spagna, i consumi privati sono stati deboli.
3) Gli investimenti e l'incremento dei consumi privati si sono concentrati principalmente in Spagna.
L'economia a due velocità continua. Gli squilibri tra i settori rimangono pronunciati. Come evidenziano i dati trimestrali sul valore aggiunto lordo e i sondaggi, il settore dei servizi continua ad espandersi, mentre quello manifatturiero conferma la sua debolezza: le sottocomponenti suggeriscono che i forti rialzi della prima metà dell'anno sono stati in gran parte il risultato di un anticipo della domanda statunitense, piuttosto che di una ripresa autosufficiente.
La nostra convinzione resta invariata. In vista del 2026, ci aspettiamo un miglioramento della dinamica di crescita dell'Area Euro. Tuttavia, rispetto al consenso, rimaniamo moderatamente più cauti sulla forza della ripresa: riteniamo che l'economia crescerà dello 0,3% nel primo semestre del 2026 e dello 0,4% nel secondo semestre del 2026 (media trimestrale), con un tasso di crescita annuale dell'1,0% (rispetto all'1,1% del consenso).
Il risveglio fiscale inizia a prendere forma. Nel nostro scenario centrale, l'espansione fiscale della Germania rappresenta il caposaldo di gran parte della ripresa dell'attività economica che prevediamo. Nonostante i rischi di attuazione siano ancora elevati, riteniamo che i dati sull'esecuzione del bilancio federale in arrivo confermino questa visione. Secondo i dati fiscali di ottobre, il governo tedesco è leggermente in ritardo rispetto al programma in termini di investimenti e spese per la difesa previsti dal bilancio centrale (gli investimenti del bilancio centrale hanno raggiunto i 43,8 miliardi di euro a ottobre, circa il 70% dell'obiettivo di quest'anno). Tuttavia, la dinamica della spesa ha registrato un notevole aumento. Il nostro tracker in tempo reale della politica fiscale, uno strumento che aiuta a monitorare l'esecuzione dei piani di spesa del governo tedesco, è aumentato di 0,9 punti percentuali da agosto a ottobre e mostra che la ripresa della spesa di ottobre è stata trainata principalmente dai settori alimentare, agricolo, energetico e dei servizi commerciali (questa voce include i sussidi energetici alle imprese) e dalle infrastrutture. Inoltre, i dati sugli ordini di costruzione di strutture pubbliche che monitoriamo indicano che a settembre si è registrato un aumento degli ordini di ingegneria civile (ordini di costruzione di strade, ordini di ingegneria civile commerciale e ingegneria civile pubblica). Questo potrebbe essere uno dei primi dati concreti che rispondono all'approvazione del bilancio federale.
Fino a prova contraria. Pur mantenendo l'idea che la dinamica di crescita tedesca riprenderà slancio, permangono rischi al ribasso. I segnali di accelerazione della spesa fiscale sono incoraggianti, ma la qualità della spesa e le strozzature dal lato dell'offerta gettano un'ombra lunga.
La disinflazione continua. Mel 2026 le pressioni al ribasso sull'inflazione saranno probabilmente predominanti: le pressioni sui prezzi dei servizi tra ottobre e novembre hanno registrato una certa volatilità, ma rileviamo come ciò sia stato causato da componenti notoriamente soggette a forti oscillazioni (ad esempio, le tariffe aeree). La tendenza generale continua a essere al ribasso.
Il rallentamento sarà sostenuto da due fattori:
1) Il meccanismo di adeguamento annuale sta per entrare in vigore. Le voci del paniere dei servizi al che subiscono un adeguamento meccanico dei prezzi rappresentano il 49,5% dei servizi al consumo dell'Area Euro. Esse includono i servizi abitativi, le mense, i servizi educativi, la protezione sociale, i servizi sanitari, i servizi assicurativi e finanziari. In genere, gennaio è il mese in cui viene attuata la maggior parte degli adeguamenti. Pertanto, ci aspettiamo forti revisioni al ribasso nel gennaio 2026, poiché l'inflazione passata si è indebolita, i salari continuano a diminuire progressivamente e i prezzi dell'energia rimangono bassi.
2) La normalizzazione della crescita salariale procede senza intoppi. L'indicatore della BCE relativo ai salari negoziati per il terzo trimestre ha segnato un rallentamento all'1,9% su base annua, in netto calo rispetto alla crescita del 4,0% su base annua registrata nel secondo trimestre. Questo riflette in gran parte gli effetti base favorevoli in Germania, determinati dalla tempistica degli aumenti salariali di base e dai pagamenti una tantum effettuati in anni diversi a causa del trattamento fiscale differenziato. Tuttavia, anche escludendo le distorsioni meccaniche relative agli aumenti salariali tedeschi, la direzione della crescita dei salari negoziati rimane debole. Inoltre, le indagini e i tracker suggeriscono che la crescita dei salari nominali scenderà dal 4,5% nel 2024 a circa il 3% nel 2025, per attestarsi intorno al 2,5% entro la fine del 2026. I segnali di debolezza del mercato del lavoro indicano una deriva salariale prociclica limitata, anche con un modesto rafforzamento della crescita.
Lo scenario base di ANIMA. Ci aspettiamo una crescita del PIL reale dello 0,2% su base trimestrale nel quarto trimestre del 2025, coerente con una stima annua dell'1,4%. Guardando al 2026, il nostro scenario centrale resta invariato: ci aspettiamo una crescita dello 0,3% per il primo semestre del 2026 (media trimestrale) e dello 0,4% per il secondo semestre del 2026, compatibile con una stima annua per il 2026 dell'1,0%, leggermente inferiore al consenso dell'1,1%.
Dal punto di vista meccanico, incorporiamo nel nostro scenario base sull'inflazione i dati sui prezzi al consumo di ottobre e novembre, risultati leggermente superiori alle attese a causa di alcune fluttuazioni su componenti tipicamente volatili (ad esempio, tariffe aeree/pacchetti vacanze). Ci aspettiamo quindi un CPI core per il quarto trimestre del 2025 al 2,3% annuo (rispetto al 2,1% precedente), mentre la media annua passa ora al 2,4% (rispetto al 2,3% precedente). Dal punto di vista meccanico, abbiamo anche rivisto al rialzo il profilo delle stime per il 2026: ci aspettiamo che l'inflazione core si attesti al 2,0% nel primo semestre (rispetto all'1,9% precedente) e all'1,9% nel secondo semestre (rispetto all'1,8% precedente), in linea con una media annuale dell'1,9% (rispetto all'1,8% precedente).
CINA – Rischi al ribasso sotto controllo
A ottobre, i dati cinesi hanno mostrato una debolezza diffusa, soprattutto nel settore immobiliare e degli investimenti. La maggior parte dei principali indicatori è cresciuta meno del 5% su base annua, mentre i nuovi cantieri immobiliari sono diminuiti di quasi il 30% su base annua. Inoltre, il forte calo degli investimenti in immobilizzazioni (FAI) negli ultimi mesi è stato senza precedenti, paragonabile solo al primo trimestre del 2020, durante il primo lockdown nazionale per il Covid. Tuttavia, riteniamo che alcuni fattori tecnici abbiano amplificato eccessivamente la debolezza dei dati di ottobre. Tra questi figurano: 1) una base comparativa elevata nell'ottobre dello scorso anno; 2) un numero inferiore di giorni lavorativi nell'ottobre di quest'anno; 3) un potenziale effetto di recupero dopo che la produzione è stata anticipata a settembre per stimolare il PIL del terzo trimestre.
In questo contesto, abbiamo solo moderatamente abbassato la nostra stima di crescita del PIL reale per il quarto trimestre del 2025 al 4,2% su base annua (dal 4,4% precedente). Ci aspettiamo che la crescita per l'intero anno 2025 si attesti ora al 4,8% (rispetto al 4,9% precedente).
Per il 2026, restiamo convinti che la crescita si stabilizzerà al 5,0% nel corso dell'anno. Tuttavia, sulla base della revisione dei dati relativi al 2025, abbiamo rivisto meccanicamente le previsioni per l'intero anno 2026: ci aspettiamo una crescita del PIL reale del 5,0% per il 2026 (in calo rispetto al 5,2% dello scenario di base precedente).
Politica sotto i riflettori. Il nostro scenario centrale per la crescita relativa al prossimo anno è legato al fatto che i recenti annunci del governo lasciano presagire che le autorità potrebbero aver già iniziato a prendere provvedimenti per accelerare la crescita nel primo trimestre del 2026. Il 31 ottobre, la Commissione nazionale per lo sviluppo e la riforma (NDRC) ha annunciato che 700 miliardi di RMB (compresi 200 miliardi di RMB di quote speciali di obbligazioni dei governi locali e 500 miliardi di RMB provenienti da un "nuovo strumento di finanziamento") sono stati stanziati per i governi locali e i progetti infrastrutturali. Durante la riunione del Consiglio di Stato del 14 novembre, presieduta dal premier Li Qiang, si è discusso dei lavori di costruzione dei "Due Grandi" (riferendosi ai grandi progetti strategici e alle grandi aree strategiche). In un'intervista pubblicata il 14 novembre, il ministro delle Finanze Lan Fo'an ha dichiarato che la politica fiscale sarà rafforzata per sostenere l'economia all'inizio del 15° piano quinquennale. Sempre il 14 novembre, i funzionari della Commissione sanitaria nazionale hanno annunciato che gli enti locali hanno iniziato a distribuire i sussidi nazionali per l'assistenza all'infanzia. Qualora queste misure dovessero portare a un aumento dei consumi e degli investimenti nel primo trimestre, esse sosterranno il nostro scenario base di una crescita del PIL reale dal 4,2% annuo del quarto trimestre del 2025 al 4,6% del primo trimestre del 2026, e confermeranno le nostre attese di una crescita del PIL reale del 5,0% per l'intero anno prossimo. In caso contrario, i rischi al ribasso per la domanda interna aumenterebbero, pesando sulle prospettive di crescita per il 2026.
Inflazione ostinatamente debole. Restiamo convinti che l'inflazione cinese si confermerà dimessa nel corso del prossimo anno. Ci aspettiamo che l'inflazione CPI aumenterà solo gradualmente, dallo 0% nel 2025 allo 0,8% nel 2026, mente l'inflazione misurata dai prezzi alla produzione potrebbe non tornare positiva su base annua fino alla fine del 2026 o all'inizio del 2027.
Lo scenario base di ANIMA. Abbiamo leggermente rivisto al ribasso la nostra aspettativa di crescita del PIL reale per il quarto trimestre del 2025 al 4,2% su base annua (dal 4,4% precedente), e la stima per l'intero 2025 si attesta ora al 4,8% (rispetto al 4,9% dello scenario di base precedente). Per il 2026 ci aspettiamo che la crescita si stabilizzi al 5,0% (in calo rispetto al 5,2% dello scenario di base precedente).
Con riferimento all'inflazione, ci aspettiamo un CPI pari a zero nel 2025, in calo rispetto al +0,1% del 2024. In termini sequenziali, manteniamo la convinzione che l'inflazione headline si svolgerà come segue: -0,3% su base annua nel terzo trimestre, 0,3% nel quarto trimestre del 2025 e 0,8% nel primo trimestre del 2026. L'inflazione headline è attesa in lieve recupero allo 0,8% il prossimo anno, principalmente grazie a effetti base favorevoli.
NOTA: Approfondimento presentato in occasione dell'ultimo Comitato Investimenti, tenutosi il 10/11 dicembre 2025.