Overview - Redux
Negli Stati Uniti, i dati disponibili segnalano che il momentum della crescita resta in linea con il nostro scenario base. L'espansione dell'attività economica mantiene un orientamento positivo. Abbiamo rivisto al rialzo la nostra stima sulla crescita del PIL reale nel terzo trimestre 2025, da 1,0% a 2,7% su base trimestrale destagionalizzata, sulla scorta del recupero dei consumi e della continua crescita degli investimenti delle imprese. Per quanto riguarda l'inflazione, il nostro scenario centrale rimane invariato: il flusso di dati lungo la catena dei prezzi dei beni e dei servizi continua a suggerire che il trasferimento delle pressioni derivanti dalle tariffe è stato limitato, dal momento che le aziende statunitensi stanno assorbendo la maggior parte dei dazi.
In Area Euro, il quadro è sostanzialmente invariato: l'economia continua a crescere in modo modesto, ma dovrebbe guadagnare slancio il prossimo anno grazie al rafforzamento degli stimoli fiscali tedeschi e della domanda estera. Tuttavia, i rischi restano orientati al ribasso, poiché la strada verso la ripresa poggia su basi fragili. Parallelamente, ci aspettiamo che la disinflazione sui prezzi dei servizi prosegua, portando l'inflazione core sotto il target entro la fine del primo semestre del 2026.
I dati relativi alla Golden Week nella Cina continentale indicano che i trend di consumo sono rimasti asfittici, con un aumento delle vendite al dettaglio e delle spese per la ristorazione solo del 3,0%. Mentre la domanda interna rimane debole, il momento sul fronte del commercio si è stabilizzato e le esportazioni dovrebbero restare sostenute fino al 2026, con l'attenuarsi dell'impatto dei dazi americani e il consolidamento della diversificazione verso i paesi del sud-est asiatico. Continuiamo a prevedere che misure come i sussidi mirati e gli stimoli fiscali forniranno solo un supporto marginale, appena sufficiente a mantenere stabile il momentum della crescita nel 2025-26, in un contesto caratterizzato dalla persistenza di sfide strutturali quali la debolezza dei consumi, le pressioni deflazionistiche e la stagnazione del settore immobiliare. La deflazione dovrebbe persistere fino a metà 2026, anche se gli effetti base favorevoli potrebbero spingere meccanicamente l'inflazione complessiva verso l'1%, contribuendo a stabilizzare la dinamica dei prezzi nel corso dell'anno.
Per quanto riguarda la politica monetaria, nonostante le poche o nulle nuove informazioni emerse dalla riunione di settembre, riteniamo che la Fed taglierà i tassi di 25 punti base in entrambe le riunioni di ottobre e dicembre, portando il tasso sui Fed Funds al 3,50-3,75% per fine anno. Nel 2026, continuiamo a prevedere tre ulteriori tagli che porteranno i tassi a 2,75-3% entro settembre 2026, un livello leggermente al di sotto della neutralità.
La BCE manterrà i tassi invariati a ottobre. Restiamo dell'idea che l'economia dell'Area Euro necessiti di ulteriore supporto, specie alla luce della forte disinflazione sui servizi e delle incerte ripercussioni macroeconomiche del pacchetto tedesco, in un contesto di elevata incertezza globale. Pertanto, manteniamo l'aspettativa che la BCE taglierà i tassi almeno un'altra volta, portando il tasso di deposito all'1,75% (a fronte di attese dei mercati di tassi fermi). Tuttavia, la tempistica dell'intervento è diventata più incerta e uno slittamento a marzo è possibile. In seguito, la BCE lascerà i tassi invariati fino a fine anno, con rischi orientati verso un ulteriore allentamento.
In Cina, dopo aver potenziato gli stimoli nel secondo trimestre e mantenuto un approccio attendista nel terzo, la PBoC dovrebbe lasciare i tassi fermi all'inizio del quarto trimestre, per poi ridurli entro fine anno, in modo da garantire basi solide alla crescita del 2026.
CRESCITA E INFLAZIONE
Stati Uniti – Si naviga a vista (giusta)
Lo shutdown ha impattato sul flusso di dati pubblicati. Dal 1° ottobre, le attività non essenziali del governo federale sono sospese. Quasi tutti i dati economici sono stati rinviati fino alla fine della procedura ma una volta trovato un accordo, ci aspettiamo che i dati attesi per l'inizio di ottobre subiscano un ritardo leggermente superiore alla durata della chiusura. Anche i dati attesi dopo la fine dello shutdown potrebbero subire ritardi, poiché le agenzie dovranno smaltire l'arretrato di dati non ancora pubblicati.
I dati sin qui pubblicati suggeriscono un miglioramento della dinamica. Abbiamo rivisto al rialzo la nostra stima della crescita del PIL reale nel terzo trimestre 2025 al 2,7% su base trimestrale destagionalizzata, dall'1,0% precedente. Nonostante i significativi cambiamenti di politica economica e gli elevati livelli di incertezza che hanno caratterizzato gran parte dell'anno, i dati pubblicati prima del blocco lasciano presagire che la crescita economica sia ancora ancorata a una traiettoria positiva. Sebbene parte della recente forza della crescita del PIL possa essere attribuita alla distorsione causata dall'anticipo delle importazioni da parte delle imprese in risposta ai dazi previsti, il risultato atteso per il terzo trimestre sembra essere trainato dalla ripresa della spesa dei consumatori e dalla continua crescita degli investimenti delle imprese.
I consumatori continuano a sostenere la crescita per diversi motivi:
1) La terza stima dell'ufficio di statistica ha rivisto al rialzo la crescita del secondo trimestre del 2025 di 0,5 punti percentuali, portandola al 3,8% trimestrale: quasi tutte le revisioni al rialzo sono state determinate dalla spesa per i servizi. Di conseguenza, la dinamica degli acquirenti finali privati nazionali (PDFP) si sta rivelando più robusta di quanto indicato nella versione preliminare: il PDFP è ora al 2,9% trimestrale nel secondo trimestre (rispetto all'1,9% precedente), simile al ritmo degli anni precedenti. Questa marcata revisione al rialzo dei consumi privati nel secondo trimestre crea un effetto trascinamento piuttosto forte per il terzo trimestre.
Inoltre, il flusso di dati mensili suggerisce l'adozione di una stance più costruttiva per quanto riguarda le prospettive di spesa dei consumatori. Infatti, i consumi privati reali hanno registrato un aumento superiore alle attese dello 0,4% m/m in agosto, mentre i fondamentali del reddito sembrano più favorevoli rispetto al passato, con un dato forte per il reddito disponibile in agosto, accompagnato da revisioni al rialzo delle stime precedenti.
3) I guadagni nel mercato azionario continuano a sostenere la ricchezza delle famiglie con redditi più elevati, che, insieme ai tassi più bassi, favoriscono anche la spesa delle famiglie. Infatti, la combinazione di aumenti significativi dei prezzi delle azioni e di guadagni continui, anche se modesti, dei prezzi delle case ha aumentato il patrimonio netto in percentuale del reddito per i due quintili di reddito più elevati nell'ultimo anno. Di conseguenza, ci aspettiamo che l'aumento della ricchezza che stimola i consumi sarà trainato in gran parte da questi due quintili di reddito più elevati, che insieme rappresentano circa il 60% dei consumi aggregati. Questo perché le famiglie con redditi più elevati dedicano una quota maggiore dei consumi a beni e servizi discrezionali come viaggi e automobili (che hanno un peso relativamente forte nella spesa totale per consumi personali), e una quota minore a beni essenziali come alimenti, energia, alloggio e assistenza sanitaria.
4) L'allentamento delle condizioni finanziarie sta cominciando a prendere forma. Con il moderarsi dei tassi ipotecari, rileviamo un aumento delle richieste di rifinanziamento ("refis"). Dato che la maggior parte dei refis sono cash-out (il 64,5% dei prestiti refis totali era in cash-out nel secondo trimestre) e dato che i refis cash-out sono strettamente correlati al consumo di beni durevoli, ciò suggerisce che i consumatori potrebbero ricevere un ulteriore impulso alla spesa per beni durevoli, che potrebbe contribuire a compensare gli effetti negativi derivanti dagli aumenti dei prezzi legati ai dazi.
Gli investimenti fissi delle imprese sembrano essere un altro fattore di sostegno a breve termine. Nonostante l'incertezza politica possa limitare la spesa in conto capitale, la crescita degli investimenti fissi nel terzo trimestre sta registrando un andamento positivo. Tuttavia, è sempre più evidente una tendenza duplice degli investimenti. La forza della spesa in apparecchiature per l'elaborazione delle informazioni e dei software continua a sostenere il dato aggregato, trainata dai robusti investimenti in intelligenza artificiale e alta tecnologia. Al contrario, gli investimenti in strutture rappresentano un evidente freno: nonostante l'impennata nella costruzione di nuovi data center, la maggior parte delle altre principali categorie di edilizia privata non residenziale è in contrazione. L'effetto netto è che gli investimenti fissi delle imprese continuano per ora a sostenere il PIL. Tuttavia, ci aspettiamo che gli investimenti fissi rallenteranno nel quarto trimestre, tornando a un ritmo più normalizzato e in linea con la tendenza, come effetto di contraccolpo dopo la straordinaria sovraperformance degli investimenti in attrezzature dall'inizio dell'anno. Nel 2026, riteniamo che questa componente di spesa riprenderà gradualmente slancio, sostenuta dagli stimoli fiscali.
Mercato del lavoro fermo. Con la chiusura del governo federale, non disponiamo di dati chiari e in tempo reale sulle condizioni del mercato del lavoro. Le misure proxy - indagini regionali della Fed e dati privati provenienti da Indeed, ADP e Revelio - indicano che nelle ultime settimane le condizioni non hanno subito né un significativo deterioramento né un miglioramento sostanziale. Sebbene la pubblicazione dei dati sulle richieste iniziali di sussidio di disoccupazione sia sospesa, gli ultimi dati non mostrano alcun aumento, in linea con i bassi tassi di licenziamento riportati dal JOLTS. Pertanto, sembra probabile che il mercato del lavoro caratterizzato da "bassi livelli di assunzioni e licenziamenti" persista. Nel complesso, riteniamo che la crescita dell'occupazione stia ancora rallentando, anche se ciò non è necessariamente in linea con un forte rallentamento della crescita del PIL.
Per quanto riguarda l'inflazione, non ci sono sviluppi significativi da segnalare. I dati relativi alla catena dei prezzi dei beni e dei servizi continuano a suggerire che il trasferimento dei dazi rimane limitato, poiché le aziende statunitensi stanno assorbendo la maggior parte dei dazi. Ciò è chiaramente evidente nei dati di contabilità nazionale attraverso una scomposizione del deflatore del PIL in contributi dei redditi unitari: i dati del secondo trimestre rivelano che i dazi doganali hanno aggiunto 2,2 punti percentuali per unità di PIL reale, più che compensando l'intero aumento del deflatore del PIL. Ciò è stato in gran parte controbilanciato da un contributo modesto del costo unitario del lavoro e dal calo degli interessi netti unitari, dei redditi unitari da locazione delle persone, dei redditi unitari dei proprietari e degli utili unitari delle società, il che implica che il costo dei recenti dazi doganali viene assorbito attraverso altri costi e una riduzione dei redditi netti delle famiglie, dei proprietari e delle società, almeno per il momento.
In ottica prospettica, pur avendo nuovamente rivisto al rialzo le nostre previsioni sul PIL sulla base di una spesa dei consumatori più resiliente di quanto ipotizzato in precedenza, riteniamo che ciò non porterà a un aumento delle pressioni inflazionistiche, per due motivi:
1) Il mercato del lavoro si conferma in uno stato di "basse assunzioni e bassi licenziamenti". I lavoratori mantengono il proprio posto di lavoro (il tasso di dimissioni è in calo) poiché diminuiscono le prospettive di trovare un nuovo impiego con una retribuzione più alta. Una minore fluttuazione dei lavoratori dovrebbe ridurre le pressioni inflazionistiche provenienti dal mercato del lavoro.
2) Per i prossimi trimestri, continuiamo a prevedere una crescita che, sebbene in fase di consolidamento, dispone ancora di un certo margine di recupero rispetto al suo livello potenziale.
Lo scenario di base ANIMA. Con riferimento alla crescita, ci aspettiamo un PIL del terzo trimestre pari al 2,7% trimestrale (rispetto all'1,0% precedente), sulla scia di una forte revisione al rialzo determinata dalla pubblicazione dei dati definitivi sul PIL del secondo trimestre (+0,5 pp) e dal solido momentum dei dati in arrivo. Per il quarto trimestre dell'anno, la crescita dovrebbe rallentare all'1,6% trimestrale (dall'1,3% precedente), sulla scia di un leggero calo degli investimenti in attrezzature dopo tre trimestri consecutivi di crescita superiore alla media. Ciò è in linea con un tasso di crescita annuale dell'1,9% (rispetto all'1,7% precedente). Per il 2026, ci aspettiamo che la crescita si attesti all'1,7% trimestrale nel primo trimestre del 2026, (rispetto all'1,4% precedente), e successivamente all'1,8%, 2,0%, 2,1% nei tre trimestri successivi (dal precedente 1,6%, 1,7%, 1,9%) coerente con un tasso di crescita annuale del 2,0% (rispetto all'1,6% precedente).
Lo scenario centrale per l'inflazione rimane invariato. Ci aspettiamo un CPI core del 3,0% su base annua nel terzo trimestre del 2025 e del 3,1% nel quarto trimestre del 2025, coerente con una media annuale del 3,0%. In ottica 2026, ci aspettiamo un CPI core in media al 2,8% nel primo trimestre e al 2,4% nel secondo, coerente con una media annuale del 2,6%, con il tasso di crescita su base annua che raggiungerà il 2% alla fine del terzo trimestre del 2026. In termini di PCE core, ci aspettiamo un 3,0% su base annua per il terzo trimestre del 2025 e un 3,3% per il quarto trimestre del 2025, in linea con una media annuale del 2,9%. Per il primo semestre del 2026 ci aspettiamo che il PCE core si attesti in media al 2,6% e al 2,3% nel secondo semestre del 2026, coerente con una media annuale del 2,5%.
Area Euro – Ripresa fragile
Sostanzialmente invariato: i dati disponibili continuano a indicare una crescita stagnante dell'attività alla fine del terzo trimestre.
Dal punto di vista dell'offerta:
L'indice PMI composito finale per settembre è rimasto invariato a 51,2 (da 51,0 in agosto). Il dettaglio relativo alla composizione del dato è stata più importante del suo leggero aumento: il settore manifatturiero ha registrato un calo significativo in tutti i paesi a causa della contrazione degli ordini e della produzione; l'aumento del PMI dei servizi è stato trainato dalla Germania e appare incoerente con le componenti secondarie più deboli; infine, gli indicatori dell'occupazione sono diminuiti in entrambi i settori. La debolezza del settore manifatturiero è in linea con gli ultimi dati concreti ricevuti per agosto: la produzione industriale è risultata piuttosto debole in Germania (-4,3% m/m), Francia (-0,7%) e Spagna (-0,1%).
Dal punto di vista della domanda:
L'indagine di sentiment economico della CE continua a presentare un quadro misto-debole: settembre ha registrato un modesto aumento della fiducia dei consumatori (+0,6 punti), mentre il clima nel settore manifatturiero e dei servizi è tornato a scendere. Tuttavia, nonostante la ripresa dei redditi reali delle famiglie e il sostegno dell'allentamento monetario, i dati sull'attività reale non indicano ancora una forte ripresa dei consumi privati. Infatti, il modesto aumento delle vendite al dettaglio ad agosto lascia il carry-over del terzo trimestre a -0,1%, con le vendite core (esclusi autoveicoli e carburanti) che rimangono in territorio di contrazione.
Domanda estera:
Le esportazioni rimangono deboli e il calo del primo trimestre dovrebbe continuare, mentre le importazioni stanno registrando un modesto miglioramento. Nel complesso, la domanda estera dovrebbe avere un impatto negativo sull'attività nel terzo trimestre.
Nel complesso, confermiamo l'aspettativa di una crescita dello 0,0% nell'area dell'euro nel terzo trimestre, in netto rallentamento rispetto al forte primo semestre (0,3%), che è stato artificialmente sostenuto dalla dinamica degli acquisti anticipati in previsione dei dazi.
La luce alla fine del tunnel resta in vista. Restiamo convinti di un'accelerazione della crescita il prossimo anno, sostenuta dall'impulso fiscale tedesco e dal miglioramento della domanda estera.
1) Continuiamo a ritenere che il governo tedesco stia gettando le basi per una futura ripresa della crescita. La composizione della spesa pubblica sarà fortemente orientata agli investimenti e al mercato interno: ad esempio, secondo quanto riferito, il piano di approvvigionamento militare tedesco assegna l'83% del valore totale dei contratti al mercato interno, rispetto a circa il 49% nel periodo 2020-24. Inoltre, il governo ha introdotto altre misure a sostegno delle imprese e del mercato del lavoro, come l'Investment Booster, la legge sulla facilitazione degli appalti militari, la futura legge sulla riforma degli appalti pubblici, nonché misure volte a ridurre i prezzi dell'energia per le imprese e i consumatori.
Tuttavia, manteniamo un approccio cauto, poiché i risultati ottenuti finora dalla Germania suggeriscono il rischio di un mancato rispetto degli impegni di spesa. Per questo motivo, pur prevedendo un miglioramento della crescita del PIL reale tedesco nel 2026 (0,9% dallo 0,2% nel 2025), la nostra previsione rimane moderatamente al di sotto del consenso (1,1%).
2) L'UE ha raggiunto accordi tariffari con gli Stati Uniti. Anche se l'attuazione di questi accordi non sarà probabilmente semplice, essa riduce comunque alcune incertezze. Le imprese possono ora pianificare sulla base di una tariffa UE del 15%. La ridotta incertezza in materia di politica commerciale (che è ora tornata agli stessi livelli del terzo trimestre del 2024) potrebbe sostenere l'attività di esportazione nei prossimi trimestri.
Con riferimento alla dinamica dei prezzi, la disinflazione continua. Gli effetti base positivi derivanti dall'energia e dai servizi hanno portato a un aumento dell'inflazione a settembre. Tuttavia, lo slancio, soprattutto nel settore dei servizi, rimane modesto (in termini destagionalizzati, l'IPCA dei servizi è sceso allo 0,2% mensile dallo 0,3% di agosto). Di conseguenza, ci aspettiamo che la disinflazione nei servizi continuerà. I salari e i margini di profitto si stanno normalizzando e riteniamo che nel 2026 il processo di revisione annuale dei prezzi dei servizi regolamentati fornirà un'ulteriore spinta al ribasso.
Lo scenario di base ANIMA. Il nostro scenario base relativo alla crescita resta invariato: ci aspettiamo una crescita del PIL reale dell'area euro dello 0,0% nel terzo trimestre del 2025 e dello 0,1% nel quarto trimestre del 2025, coerente con una stima annuale invariata per il 2025 dell'1,2%. In ottica 2026, ci aspettiamo una crescita dello 0,3% per il primo semestre (media trimestrale) e dello 0,4% per il secondo semestre, coerente con una previsione di crescita annuale per il 2026 dell'1,0%, leggermente inferiore al consenso dell'1,1%.
Relativamente alla dinamica dei prezzi, ci aspettiamo un HICP core dell'area euro al 2,1% nel quarto trimestre del 2025, con una media annua invariata al 2,3%. Per il 2026, ci aspettiamo un'inflazione core dell'1,9% nel primo semestre e dell'1,8% nel secondo semestre, compatibile con una media annuale dell'1,8%.
Cina – Il minimo indispensabile
Il contesto macroeconomico si sta stabilizzando, ma non migliorando. La Cina continentale è rientrata dalle vacanze del Festival di metà autunno. Gli indicatori preliminari e i dati ad alta frequenza indicano una spesa dei consumatori contenuta durante la Golden Week, con un aumento delle vendite dei principali rivenditori e ristoranti solo del 3,0% circa. In questo contesto, le nostre stime macroeconomiche complessive rimangono invariate, poiché ci aspettiamo che il rallentamento della domanda interna e dello slancio commerciale si sia ulteriormente stabilizzato a settembre. Guardando al 2026, le esportazioni cinesi dovrebbero rimanere resilienti con l'attenuarsi dell'impatto dei dazi statunitensi, sostenute dalla continua diversificazione verso i mercati dell'ASEAN. Tuttavia, le prospettive del commercio estero dovrebbero rimanere limitate il prossimo anno a causa dell'indebolimento della domanda globale.
Gli stimoli fiscali rimangono necessari. Durante l'estate, i nuovi sussidi mirati sugli interessi per le famiglie e le imprese del settore dei servizi hanno probabilmente fornito un sostegno incrementale, sebbene limitato, al settore dei servizi (in raffreddamento) e alla spesa dei consumatori. Nel frattempo, il "programma di permuta" lanciato lo scorso anno è scaduto a settembre. Nel complesso, continuiamo a valutare l'impatto di queste misure come modesto e insufficiente a generare un'accelerazione significativa della crescita del PIL nel 2025/26. A nostro avviso, l'allentamento fiscale continuerà a offrire solo un sostegno marginale alla domanda interna, contribuendo a sostenere lo slancio economico in un contesto di persistenti sfide strutturali: vale a dire, squilibri tra produzione e consumi, pressioni deflazionistiche in atto e debolezza continua nel settore immobiliare. Per mitigare la crisi immobiliare e migliorare il sentiment delle famiglie, le autorità potrebbero ulteriormente istruire le imprese statali ad acquistare gli immobili invenduti dai costruttori in difficoltà.
Le pressioni deflazionistiche persistono, ma gli effetti base offrono finalmente un certo supporto. Ci aspettiamo che le pressioni deflazionistiche si intensificheranno nel quarto trimestre del 2025 e continueranno a pesare fino alla prima metà del 2026, complice la persistente debolezza della domanda delle famiglie, il limitato potere di determinazione dei prezzi sia dei beni che dei servizi e la sostanziale sovraccapacità produttiva nel settore manifatturiero, tutti fattori che probabilmente manterranno l'inflazione contenuta nel prossimo anno. Tuttavia, un effetto base favorevole dovrebbe sostenere la crescita dei prezzi su base annua tra il quarto trimestre del 2025 e il primo trimestre del 2026, portando gradualmente l'inflazione headline verso l'1% e contribuendo a stabilire un livello minimo per i prezzi per il resto del 2026.
Lo scenario di base ANIMA. Il nostro scenario di base resta invariato e ci aspettiamo che la crescita del PIL rallenterà al 4,7% su base annua nel terzo trimestre, prima di salire al 4,9% nel quarto trimestre, con un dato di crescita annua al 5,0%, in linea con il ritmo registrato nel 2024. Nel 2026, riteniamo che il PIL si stabilizzerà al 5%.
Relativamente all'inflazione, ci aspettiamo un CPI annuo che si attesterà a zero nel 2025, in calo rispetto al +0,1% del 2024, così disposto in termini sequenziali: -0,3% su base annua nel terzo trimestre, 0,3% nel quarto trimestre del 2025 e 0,8% nel primo trimestre del 2026. L'inflazione headline è attesa in marginale recupero allo 0,8% il prossimo anno, principalmente grazie a effetti base favorevoli.
NOTA: Approfondimento presentato in occasione dell'ultimo Comitato Investimenti, tenutosi il 22/23 ottobre 2025.