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10.02.2020

Corsa ad ostacoli

Il contesto resta favorevole per le attività rischiose e la view di ANIMA sui mercati azionari si mantiene al momento positiva. Ma l’ondata di volatilità all’indomani dell’epidemia di Coronavirus rafforza la necessità di adottare un approccio flessibile e di inserire nei portafogli forme di protezione.

​​Nel 2020 i mercati, dopo una partenza costruttiva e nel segno della continuità rispetto ai trend che hanno contraddistinto il 2019, si sono dovuti confrontare con una serie di eventi esogeni. 

A portare volatilità è stata inizialmente l'escalation delle tensioni fa Stati Uniti e Iran, con l'eliminazione di Soleimani e gli attacchi iraniani alle basi Usa in Iraq: il prezzo del petrolio è schizzato sui massimi da sette mesi, ma le correzioni sui listini sono state modeste e riassorbite nel giro di poche ore. 


Decisamente più importanti le conseguenze dell'epidemia di “Coronavirus", scoppiata in Cina, dove è in continuo aumento il numero di nuovi casi diagnosticati: si tratta del virus 2019-nCoV, che presenta un tasso di mortalità ancora decisamente inferiore rispetto a quello di emergenze precedenti (2,2% a fronte di un 9,6% per la SARS), ma che è contagioso anche durante la fase di incubazione. Il 30 gennaio l'Organizzazione Mondiale della Sanità ha dichiarato il Coronavirus un'emergenza sanitaria pubblica di portata globale. Anche l'Italia ha confermato le prime diagnosi e annunciato da subito lo stop ai voli da e verso il Paese orientale. 

La rapida diffusione del virus ha alimentato una forte ondata di avversione al rischio, che ha portato gli investitori a privilegiare le attività rifugio, ovvero yen, oro e governativi core. Le penalizzazioni subite dalle attività rischiose sono state proporzionali al grado di esposizione alla crisi: le borse asiatiche sono state inIl contesto resta favorevole per le attività rischiose e la view di ANIMA sui mercati azionari si mantiene al momento positiva. Ma l'ondata di volatilità all'indomani dell'epidemia di Coronavirus rafforza la necessità di adottare un approccio flessibile e di inserire nei portafogli forme di protezione. Corsa ad ostacoli 02 2020 1/4 Materiale riservato ad operatori professionali Febbraio 2020 dubbiamente quelle più penalizzate e i settori più colpiti quelli maggiormente legati al tema dei consumi cinesi, ovvero lusso, trasporti aerei, ospitalità e tempo libero. 


Questi trend si giustificano c on le misure radicali approvate da Pechino per contenere l'epidemia, molto apprezzate dalla comunità internazionale: il periodo di vacanza per l'Anno Lunare è stato esteso; sono stati vietati gli assembramenti di persone, potenziate le linee di difesa a livello sanitario e introdotte pesanti limitazioni alla circolazione nella provincia di Hubei, condannando all'isolamento oltre 50 milioni di persone in sedici città. 

Le misure di intervento così rapide e aggressive potrebbero rivelarsi decisive per contenere la crisi, tuttavia il prezzo da pagare in termini di minore crescita economica potrebbe essere elevato, complice la tempistica sfavorevole dell'emergenza: storicamente, durante le vacanze per il capodanno cinese si registra un forte incremento di vendite al dettaglio e spese per ricreazione e turismo (cinema e teatri raccolgono quasi il 10% degli incassi annui, ma molti degli 11mila cinema del Paese sono stati chiusi). 


Del resto oggi l'economia cinese, sul piano globale, se pur indebolita dopo oltre un anno e mezzo di trade war, ha un peso decisamente maggiore rispetto a quello che aveva nel 2003, quando scoppiò l'epidemia di SARS (16% del Pil globale contro il 4% del 2003). Peraltro, Wuhan è un hub manifatturiero, specie per il settore automobilistico: la chiusura prolungata delle aziende e gli inevitabili disservizi logistici avranno ripercussioni sulla catena produttiva e delle forniture a livello globale. 


Ovviamente, qualunque stima dell'impatto economico dell'epidemia dipende dalle ipotesi sulla portata del contagio e sui tempi di rientro dell'emergenza. È questo il tema dolente su cui si interrogano gli investitori: si tratterà solo di un ostacolo di inizio anno, di un incidente di percorso destinato a incidere solo sul breve termine, oppure l'impatto potrebbe essere tale da arrestare la ripresa economica che gli analisti si aspettavano nel 2020? 


Per approfondimenti sui possibili impatti economici dell'epidemia del Coronavirus si veda il post sul “blog della Gestione" di ANIMA​


Fra gli investitori per ora prevale l'ottimismo: i mercati nel momento in cui si scrive (7/02/2020) hanno quasi annullato le perdite rispetto all'inizio della crisi (eccetto quelli asiatici). La situazione resta in continua evoluzione e l'epidemia di Coronavirus rappresenta un nuovo  fattore di rischio per lo scenario, destinato a prolungare la debolezza nel settore manifatturiero globale e aumentare la volatilità del flusso di dati: il premio richiesto dagli investitori per l'incertezza macroeconomica potrebbe salire. 


Sul fronte geopolitico, il 15 gennaio, come da programma, è stata ufficialmente firmata la Fase Uno dell'accordo fra Stati Uniti e Cina. Gli USA hanno parzialmente ridotto i dazi imposti a settembre mentre il colosso asiatico si è impegnato a: aumentare le importazioni di beni e servizi americani; agevolare l'operatività delle aziende statunitensi in Cina; evitare svalutazioni competitive del cambio. Sono stati disciplinati i meccanismi di verifica del rispetto degli impegni assunti e di risoluzione di eventuali controversie. Non sembrano invece all'orizzonte ulteriori tagli dei dazi e restano modesti i progressi sui temi più dibattuti del trasferimento forzato di tecnologia e delle politiche industriali cinesi. In quest'ottica, l'accordo stipulato non elimina l'incertezza sulla politica commerciale americana (di cui sono ancora in corso i negoziati con l'Europa), ma rende più probabile una fase di distensione dei rapporti fra le due superpotenze, almeno fino alle elezioni. Infine, ma non per importanza, il 31 gennaio, senza colpi di scena, dopo 47 anni, la storia del Regno Unito ha cambiato corso con l'uscita ufficiale dall'Unione europea. Ciò è avvenuto dopo circa quaranta mesi di negoziati, tre proroghe, e una travagliata saga politica che dal referendum del 2016 ha visto fortemente divisa la società britannica. È pertanto cominciata una fase di transizione in cui i suoi rapporti con gli altri 27 Stati rimarranno invariati fino al 31 dicembre 2020. Tra l'altro il 25 febbraio la Ue dovrebbe dare il via libera ai negoziati commerciali; in discussione sono i temi legati a istruzione, sicurezza, cooperazione giudiziaria ed energia. Mentre il 1 luglio scade il termine per richiedere da parte di UK l'eventuale estensione del periodo di transizione oltre la fine del 2020 per uno o due anni.


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