Overview - Fra hard e soft lending

Fabio Fois

Responsabile Investment Research & Advisory

Lo scenario macro non si è modificato in modo sostanziale: continuiamo a pensare che la crescita globale sia solida, con rischi al ribasso gestibili, e che il picco dell’inflazione sia vicino. La novità più importante rispetto al mese scorso è rappresentata dall’ulteriore inasprimento della retorica della Federal Reserve, che potrebbe intensificare le preoccupazioni degli investitori per l’andamento dell’economia e degli utili.

​​La nostra lettura dello scenario macro è in gran parte invariata. Il flusso di dati più recente rinsalda la nostra convinzione che l'economia globale sia solida, nonostante alcune criticità significative. Le perduranti tensioni geopolitiche e la recrudescenza della pandemia in Cina, infatti, hanno aumentato il livello di incertezza, ma le ricadute negative per l'attività economica dovrebbero essere gestibili nel medio termine. In questo contesto, continuiamo a pensare che i timori di una recessione imminente siano eccessivi, put notando un disallineamento delle prospettive di crescita a breve termine tra Stati Uniti (scenario invariato) e Area Euro/Cina (deterioramento).


Restiamo dell'idea che l'esplosione delle pressioni sui prezzi registrata finora sia in gran parte guidata da forze transitorie, che si depotenzieranno una volta che gli squilibri tra domanda e offerta legati al COVID e alla guerra inizieranno a rientrare. Negli Stati Uniti, l'allentamento dei prezzi di auto usate, affitti/rendite e immobiliari e salari dovrebbe supportare una narrativa di mercato meno tesa sul fronte dei rischi di inflazione nel secondo semestre.


Le banche centrali continuano a sorprendere per l'aggressività del loro orientamento, e sembrano sempre più disposte a testare la resilienza dei mercati finanziari. Del resto, hanno già testato quella dei consumatori, e i dati pubblicati da metà dell'anno scorso indicano che la domanda interna è rimasta molto solida. Pertanto, dal punto di vista delle autorità monetarie, può aver senso avventurarsi lungo il sentiero di un restringimento preventivo delle condizioni finanziarie, nel caso in cui le pressioni sui prezzi dovessero restare elevate anche nel secondo semestre, ed eventualmente invertire la rotta se, al contrario, l'inflazione dovesse scendere. Stanti le nostre aspettative sulla dinamica dei prezzi, continuiamo a pensare che consegneranno una stretta inferiore a quella che i mercati prezzeranno alla fine del secondo trimestre.



MACRO ASSET ALLOCATION


In questo contesto, la nostra macro asset allocation è diventata tatticamente più conservativa/opportunistica:


1) I tassi reali dovrebbero continuare a salire nel secondo trimestre, ma senza andare fuori controllo. Le pressioni sui rendimenti nominali innescate dall'aggressività delle banche centrali dovrebbero infatti essere parzialmente compensate da una narrativa ancora vivace sull'inflazione. Il trend rialzista dei tassi reali potrebbe perdere slancio nel terzo trimestre, quando la retorica delle autorità monetarie si ammorbidirà (pur mantenendo un orientamento restrittivo), in scia al ridimensionamento dei rischi di una spirale prezzi-salari.


2) Ci aspettiamo che il mercato azionario prezzi un hard lending nel secondo trimestre, e registri di conseguenza una correzione superiore al 10%. Pertanto, modifichiamo tatticamente l'esposizione azionaria in direzione di un SOTTOPESO. L'Europa dovrebbe soffrire più degli Stati Uniti ma, considerando il divario nelle valutazioni prodotto dal recupero post-bellico, la disparità di performance tra le due aree geografiche non dovrebbe essere enorme. Riteniamo però che la correzione non rappresenterà l'inizio di un bear market: anche gli investitori, come le banche centrali, guardano ai fondamentali, e ne apprezzano la solidità. Se le insidie per la crescita rappresentate dal Covid e dalla guerra saranno lette come indicative dell'evoluzione del quadro macro, e le banche centrali risponderanno al calo dell'inflazione nel secondo semestre (come ipotizzato nel nostro scenario base), i mercati azionari dovrebbero prezzare un rallentamento meno drastico (soft landing) e recuperare terreno nel terzo trimestre.


3) I tassi nominali potrebbero salire ancora nel secondo trimestre, ma con derivata seconda negativa e benefici in caso di sviluppo di fasi di debolezza sui mercati azionari, in coerenza con la nostra aspettativa che si prezzerà un hard lending. In termini di performance, non si dovrebbero registrare differenze sostanziali fra Stati Uniti e Area Euro; da una parte, infatti, la Fed potrebbe essere percepita come più aggressiva della BCE; dall'altra, però, le considerazioni sulle valutazioni suggeriscono un potenziale di aumento dei tassi superiore in Area Euro. In questo contesto, l'indicazione di SOVRAPPESO rimane, ma suggeriamo di rallentare il processo di accumulazione delle posizioni: il recente, ulteriore inasprimento della retorica delle banche centrali potrebbe aver rimandato alla fine del secondo trimestre il picco dei tassi.


4) Manteniamo un giudizio tatticamente neutrale, ma strategicamente negativo sul dollaro.



Crescita - Solido rallentamento, seppur volatile

 

Continuiamo a pensare, come da molto tempo a questa parte, che i fondamentali della crescita globale rimangano solidi. Dopo la pandemia, infatti, sono emersi diversi fattori di supporto per l'attività economica, fra cui l'ingente stock di risparmi accumulati durante la crisi, la decompressione degli stili di vita e, più in generale, il ritorno di consumatori e imprese all'operatività ordinaria. In questo contesto, la domanda interna si è dimostrata particolarmente resiliente, nonostante l'inflazione abbia raggiunto livelli che non si registravano dagli anni '70.


La guerra fra Russia e Ucraina continua ad alimentare l'incertezza sullo scenario macro. I dati sulla fiducia delle imprese relativi al mese di marzo hanno parzialmente iniziato a rifletterla, ma il danno iniziale prodotto dal conflitto sembra più modesto di quanto avrebbe potuto essere. Le componenti dell'indagine PMI con maggior valore previsivo segnalano che l'economia statunitense si poggia su basi più solide rispetto a quella dell'Area Euro, dove nei prossimi mesi le condizioni potrebbero deteriorarsi.


Ciò detto, i rischi al ribasso per l'economia globale dovrebbero essere gestibili. Gli ultimi dati sul mercato del lavoro indicano chiaramente che i timori di un'imminente recessione sono eccessivi. Sia negli Stati Uniti che in Area Euro, il mercato del lavoro rimane tonico e le aziende si tengono stretto il personale, vista la strenua competizione per i lavoratori. Continuiamo a pensare che una contrazione della crescita globale sia improbabile quest'anno, dato che Stati Uniti e Cina dovrebbero crescere a un ritmo rispettivamente al di sopra e al livello del potenziale.


Le prospettive per l'Area Euro sono decisamente meno rosee. L'economia della regione, molto più vulnerabile agli shock energetici, dovrebbe riuscire a evitare una recessione nel 2022, ma i rischi aumenteranno con il protrarsi delle tensioni geopolitiche.


A questo proposito, gli sviluppi sul fronte russo-ucraino non sembrano incoraggianti. Rispetto al nostro ultimo aggiornamento, la crudeltà del conflitto è diventata sempre più evidente. Le sanzioni contro la Russia sono state ulteriormente inasprite, in particolare nell'Unione Europea dove alcuni governi sistemici non escludono più un embargo su gas e petrolio russi. Le potenziali ritorsioni di Mosca potrebbero includere il blocco delle esportazioni di materie prime agricole verso i paesi ostili. L'indice FAO sui prezzi del cibo è balzato del 12,6% a marzo, la variazione mensile più forte di sempre (i dati sono disponibili dal 1990). Se eventuali rappresaglie dovessero svilupparsi seguendo questo copione, l'economia europea potrebbe registrare una contrazione già nel quarto trimestre del 2022.


La politica fiscale potrebbe venire in soccorso. Tuttavia, non ci sono stati sviluppi sul fronte di quella presunta risposta organizzata a livello sovra-nazionale, in stile COVID, che era stata discussa dai media il mese scorso. Continuiamo a pensare che qualsiasi azione coordinata tra autorità fiscali e monetarie sarebbe un game-changer per le prospettive di crescita dell'area, ma per il momento quest'ipotesi non è incorporata nel nostro scenario base.


I governi locali non sono rimasti con le mani in mano, ma la loro potenza di fuoco è limitata. Benché non sia l'ideale, una risposta non coordinata da parte dei singoli governi nazionali aiuterebbe comunque l'economia dell'Area Euro a compensare le ricadute negative dell'escalation del rischio geopolitico. La recente dichiarazione del commissario europeo Gentiloni ("L'Unione Europea necessita di un percorso più graduale per ridurre il debito") potrebbe incentivare i diversi paesi a intensificare gli sforzi fiscali per proteggere il potere d'acquisto dei consumatori e la capacità di produzione delle aziende dagli aumenti dei prezzi di energia e beni alimentari provocati dalla guerra. Secondo le nostre stime, le misure espansive approvate finora in Germania, Francia, Italia e Spagna ammontano a oltre 75 miliardi di euro.


La Germania è stata particolarmente attiva. Dopo un primo pacchetto di aiuti varato a fine febbraio, il 23 marzo il governo tedesco ha annunciato una seconda serie di misure finalizzate a contenere l'impatto su famiglie e imprese dell'aumento dei prezzi dell'energia innescato dal conflitto. Alcuni dettagli e i tempi esatti di implementazione degli interventi devono ancora essere decisi e occorrerà un passaggio formale in Parlamento. Ma il provvedimento dimostra il forte impegno del Governo della coalizione "semaforo" a utilizzare la politica fiscale per ridurre il peso della crisi energetica sull'economia tedesca.


Nel complesso, le risorse necessarie per finanziare gli stimoli ammonteranno a circa 18 miliardi di euro (lo 0,5% del PIL). Tre delle cinque misure approvate sono trasferimenti alle famiglie, e quasi la metà del supporto (9 miliardi di euro) consta in un bonus una tantum di 300 euro per ciascuno dei circa 45 milioni di contribuenti tedeschi. Verrà tagliata temporaneamente anche la tassa sui carburanti, per un periodo di tre mesi, il che potrebbe spingere al ribasso l'inflazione complessiva di 0,3 punti percentuali; il costo per il governo, in termini di mancate entrate, sarà pari a 4-6 miliardi di euro.



Inflazione - Vicina al picco


La nostra view sull'inflazione è invariata. Il flusso di dati più recente conferma che l'inflazione headline dovrebbe essere vicina al picco, sia negli Stati Uniti che in Area Euro.


In particolare, il report sull'inflazione statunitense relativo al mese di marzo segnala che l'inflazione sottostante sta per registrare i massimi. L'inflazione core, infatti, è salita dello 0,3% su base mensile, 0,2 punti percentuali sotto le attese del consenso, grazie al calo dei prezzi delle auto usate e alla stabilizzazione dei prezzi degli alloggi. Si tratta della variazione mensile più bassa da settembre 2021.


I dati pubblicati in Area Euro, invece, continuano a indicare la resilienza dell'inflazione core. Sia i prezzi dei servizi che quelli dei beni sono aumentati rispetto a febbraio, e rinsaldano la nostra convinzione che il momentum sottostante sia più solido in Area Euro che negli USA, nonostante l'assenza di pressioni sui salari.


In prospettiva, continuiamo a pensare che la narrativa del mercato sull'inflazione perderà vigore nel secondo semestre, per diverse ragioni.


Una rondine non fa primavera. Con riferimento agli Stati Uniti, in particolare, è improbabile che si inneschi un trend disinflazionistico forte sull'inflazione core, ma il dato di marzo supporta la nostra idea che le pressioni diminuiranno a partire dal secondo trimestre, complici il calo dei prezzi dei beni core e la dinamica di affitti/rendite immobiliari. Peraltro, stanti le nostre attese che la partecipazione della forza lavoro continuerà a recuperare il terreno perso, anche l'aumento delle retribuzioni dovrebbe diventare più misurato. In questo contesto, il nostro scenario base prevede un calo dell'inflazione core, dal 6,3% del primo trimestre al 3,8% nel quarto.


In Area Euro, al contrario, l'inflazione sottostante non dovrebbe diminuire in modo significativo. Le pressioni salariali resteranno però molto modeste: considerando i dati più aggiornati oggi disponibili sui salari negoziati a livello nazionale, il costo del lavoro in Area Euro non dovrebbe registrare un aumento significativo nel 2022. Nel complesso, ci aspettiamo che l'inflazione core si attesti al 2,6% nel quarto trimestre, praticamente invariata rispetto ai livelli del primo trimestre.


 

NOTA: Approfondimento presentato in occasione dell'ultimo Comitato Investimenti, tenutosi il 19/20 aprile 2022

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