Overview - Atterraggio difficile in vista
La crescita globale è in fase di rallentamento. Il settore dei servizi resta più resiliente rispetto al comparto manifatturiero, dal momento che la spesa per le esperienze sta arginando la prevista decelerazione dei consumi delle famiglie per l'acquisto di beni; questo dovrebbe rendere improbabile una recessione globale nell'anno in corso. Tuttavia, le prospettive per la crescita stanno diventando sempre più incerte. L'attività nei paesi industrializzati sta perdendo slancio, anche se più in Area Euro che negli Stati Uniti, e la Cina potrebbe non essere in grado di sostenere l'economia globale oltre il terzo trimestre. Il flusso di dati più recente rinsalda la nostra convinzione che il contesto sia destinato a peggiorare in modo significativo nel quarto trimestre, quando la domanda interna nei paesi sviluppati rischierà la stagnazione; le ripercussioni per le esportazioni cinesi non sarebbero trascurabili, e renderebbero gli ultimi mesi dell'anno sfidanti sotto il profilo delle condizioni economiche.
Continuiamo ad aspettarci che l'inflazione headline raggiunga il picco nel terzo trimestre nei paesi avanzati, ma la volatilità nel flusso di dati resterà elevata nel breve termine, specie durante l'estate. I costi di raffinazione estremamente alti stanno portando a uno sganciamento tra le quotazioni del petrolio e i prezzi alla pompa di benzina, mentre negli Stati Uniti stanno tornando le pressioni sui prezzi delle auto usate, a causa delle basse scorte e delle limitazioni dell'offerta. In aggiunta, ci sono tensioni eccezionali sui prezzi del cibo, legate non solo alla pandemia e alla guerra, ma anche alle condizioni meteorologiche: i fenomeni estremi restano un driver cruciale dei rincari dei prodotti alimentari su scala globale. In Cina, le prospettive per l'inflazione rimangono più favorevoli, dato che le autorità tengono sotto controllo il costo della carne di maiale e l'indice dei prezzi alla produzione continua a rallentare.
Benché il quadro macro stia diventando sempre più complesso, le banche centrali dei paesi sviluppati restano sul piede di guerra. Restiamo convinti che alzare i tassi in un contesto di rallentamento economico diventerà più impegnativo nel quarto trimestre, quando le insidie per la crescita si accumuleranno. In Cina la dinamica dell'inflazione è molto più benevola e la crescita deve essere sostenuta dopo l'indebolimento provocato dal COVID nel secondo trimestre: le autorità continueranno quindi a potenziare gli stimoli, seppur privilegiando misure di liquidità piuttosto che tagli aggressivi dei tassi.
In questo contesto, la nostra allocazione macro rimane sostanzialmente invariata:
1) Manteniamo il SOVRAPPESO sui tassi statunitensi e suggeriamo di iniziare a trarre vantaggio delle fasi di sell-off, perché il picco dei tassi decennali potrebbe essere stato raggiunto. Pensiamo ancora che sia opportuno rallentare il processo di accumulazione delle posizioni sui titoli di Stato core in Area Euro e rimaniamo NEUTRALI sull'Italia, ma con approccio opportunistico: la progettazione dello strumento anti-frammentazione e gli sviluppi politici interni potrebbero far oscillare il pendolo del rischio in entrambi i sensi.
2) L'orientamento restrittivo delle banche centrali dovrebbe contenere le aspettative di inflazione nei prossimi mesi. Ci aspettiamo che i tassi reali si stabilizzino/scendano moderatamente negli Stati Uniti nel terzo trimestre, dal momento che gli investitori si focalizzeranno sull'indebolimento dell'attività economica. In Area Euro, al contrario, i rischi sono al rialzo, vista la visibilità inferiore sulle scelte della BCE.
3) Permane il SOTTOPESO tattico sulle azioni globali, in coerenza con il nostro scenario centrale che vede lo spostamento della spesa dai beni ai servizi alimentare una revisione al ribasso delle stime sulla crescita degli utili. In questo contesto, l'allocazione settoriale tattica si rifocalizza dalla duration alla qualità. Si conferma la raccomandazione a guardare con favore i cosiddetti reopening trades, sostenuti dalla domanda robusta per beni/servizi connessi a tempo libero e ospitalità. Da un punto di vista regionale, l'indicazione per gli Stati Uniti passa a SOVRAPPESO, stante la preferenza per la qualità rispetto al puro valore, e tale resta quella per i mercati emergenti. Regno Unito e Giappone vengono tagliati a NEUTRALE e l'Europa resta SOTTOPESO.
4) Sul fronte valutario, infine, si conferma il giudizio tatticamente NEUTRALE sull'euro/dollaro e strategicamente NEGATIVO sul dollaro.
Crescita
Stati Uniti – Segnali misti
Il flusso di dati più recente ha offerto indicazioni piuttosto contrastanti. In particolare, i dati rivisti sul PIL indicano che il rallentamento della spesa delle famiglie si è intensificato già nel primo trimestre, con tre mesi di anticipo rispetto al previsto, ma gli indicatori di fiducia delle imprese di servizi e i dati sul mercato del lavoro di giugno suggeriscono che un avvitamento innescato da sviluppi domestici non è dietro l'angolo. Continuiamo a prevedere che l'attività economica deceleri in modo più marcato nel quarto trimestre.
La domanda interna ha iniziato a perdere slancio nel primo trimestre. Benché la revisione al ribasso del PIL nel primo trimestre sia trascurabile (0,1 punti percentuali, da -1,5% a -1,6% su base trimestrale annualizzata), la lieve variazione è stata provocata da un indebolimento dei consumi privati molto più forte rispetto a quanto inizialmente riportato e da un ridimensionamento del contributo negativo delle scorte. Questo significa che l'economia statunitense ha iniziato a rallentare tre mesi prima del previsto, e il momentum mediocre potrebbe protrarsi nel secondo e potenzialmente anche terzo trimestre, in coerenza con il nostro scenario base secondo cui la crescita statunitense ha già raggiunto il picco.
Anche i ricchi si preoccupano. Con il senno di poi, i dettagli desumibili dai dati rivisti sul PIL sembrano molto più in linea con il recente andamento della fiducia dei consumatori: entrambi gli indicatori elaborati dal Conference Board e dall'Università di Michigan mostrano segni di debolezza, a differenza di quanto accaduto nel 2021 quando erano in divergenza. Questo potrebbe riflettere l'instaurarsi di una mentalità più prudente anche tra i consumatori ad alto reddito che, per la prima volta dal marzo 2020 e per la quinta volta in totale dal 1980, sono diventati più pessimisti rispetto a quelli meno abbienti.
Il peggioramento della fiducia tra i consumatori con elevato potenziale di spesa è un problema. In aggregato, i consumi negli Stati Uniti sono trainati prevalentemente dalla fascia superiore dello spettro socioeconomico, che dispone di molta liquidità. Se le famiglie ad alto reddito iniziano a conservare gli ingenti risparmi accumulati durante la pandemia, la tenuta della spesa per servizi nel terzo trimestre (che è il nostro scenario base) sarebbe a rischio.
Poca chiarezza, per il momento. I dati relativi alla domanda interna inviano segnali contrastanti, e non permettono di parlare di una imminente contrazione della spesa delle famiglie. Infatti, se gli indici PMI relativi al settore dei servizi e i numeri sul mercato del lavoro non avessero sorpreso al rialzo nel mese di giugno, non avremmo dubbi sullo scenario per i consumatori statunitensi: un calo dei consumi privati rappresenterebbe il nostro scenario base. Tuttavia, stante la maggiore resilienza rispetto alle attese dimostrata dalla fiducia delle imprese operanti nel settore dei servizi e la solidità del mercato del lavoro, lo stato di salute del consumatore americano potrebbe non essere così precario. Il report più debole del previsto sulle vendite al dettaglio di giugno non è significativo: l'88% del basket è composto da beni, quindi il dato non offre segnali sull'andamento della spesa per servizi.
Non così male, sotto la superficie. A questo proposito, uno sguardo più approfondito alla revisione al ribasso del dato sul PIL del primo trimestre e la tenuta della spesa per consumi personali in servizi ci lasciano fiduciosi sul fatto che la spesa per esperienze resterà sostenuta nel terzo trimestre, come contemplato nel nostro scenario base. Infatti, se da una parte la drastica revisione al ribasso dei consumi privati segnala che la rotazione fra la spesa per beni e quella in servizi nel primo trimestre non è stata così solida come inizialmente stimato, e questo induce alla cautela, dall'altra parte occorre notare che la variazione si è concentrata nelle categorie dei servizi finanziari, assicurativi e sanitari, ovvero nei consumi di natura non esperienziale. La spesa per esperienze, al contrario, non è stata rivista e risulta in accelerazione rispetto al terzo e al quarto trimestre dell'anno scorso.
La cautela, però, è giustificata. Alla luce degli sviluppi recenti e in coerenza con il nostro scenario base secondo cui il mercato del lavoro dovrebbe deteriorarsi nei prossimi mesi, complice il già descritto fenomeno del sovradimensionamento precauzionale del personale durante la pandemia, abbiamo rettificato le nostre stime sull'andamento dei consumi privati: ci attendiamo una spesa per servizi inferiore rispetto a quanto inizialmente previsto, in virtù di un indebolimento della spesa per servizi non esperienziali. I rischi sono al ribasso: la view secondo cui i consumi per esperienze resteranno resilienti nel terzo trimestre è infatti invariata, ma il rapido deterioramento della fiducia dei consumatori appartenenti alle fasce più abbienti della popolazione invita alla prudenza.
Anche la revisione al rialzo del contributo delle scorte è preoccupante. Stanti le crescenti evidenze che la domanda si sta allontanando dalla categoria dei beni, il rischio più importante per la crescita statunitense nel breve periodo è probabilmente rappresentato da una forte contrazione delle scorte, specie dopo la revisione al rialzo dei dati relativi al primo trimestre.
Il contesto di riferimento. Secondo il report GDPNow elaborato l'8 luglio dalla Federal Reserve di Atlanta, nel secondo trimestre l'economia statunitense ha registrato una contrazione dell'1,2%, un dato largamente inferiore sia al nostro scenario base (1,5%), sia al consenso (1,0%). Secondo la Fed di Atlanta, la seconda flessione consecutiva del PIL sarebbe principalmente dovuta a un altro calo marcato delle scorte, che dovrebbero sottrarre altri 2,4 punti percentuali alla crescita del secondo trimestre, come già accaduto nel primo trimestre. Il contributo dei consumi privati resterebbe invece positivo, +0,5%, seppur in rallentamento rispetto al primo trimestre (+1,2%).
Per il resto, altri dati pubblicati nel corso del mese sono stati in linea con le nostre aspettative. Il deficit commerciale si è ridotto ulteriormente a maggio, dopo l'aumento record del primo trimestre, e fa supporre che il contributo del canale estero alla crescita del PIL nel secondo trimestre non dovrebbe essere così marcatamente negativo come nel primo trimestre. Sul fronte degli investimenti, gli ordini in beni durevoli mostrano una decelerazione meno pronunciata della spesa per macchinari e apparecchiature dopo l'impennata del primo trimestre.
Lo scenario base di ANIMA. Nel complesso, abbiamo rivisto al ribasso la nostra stima per la crescita del secondo trimestre di 1,7 punti percentuali, all'1,5%; il PIL dovrebbe poi espandersi a un ritmo del 2,0% nel terzo trimestre e 1,0% nel quarto, coerenti con un tasso di crescita annua del 2,2% per il 2022 (a fronte di una stima precedente del 2,6%).
Area Euro – C'è poco da stare allegri
Il flusso di dati più recente è coerente con il nostro scenario base secondo cui l'economia dell'Area Euro rallenterà notevolmente nei prossimi trimestri.
I dati relativi al PIL del primo trimestre destano preoccupazione per il futuro. Nell'Area Euro, la crescita della domanda interna è stata negativa nel primo trimestre, stante la contrazione sia dei consumi privati che della spesa pubblica. Gli investimenti fissi sono aumentati, trainati dalle scorte (per la seconda volta consecutiva), mentre la modesta espansione del CAPEX ha interessato principalmente il settore delle costruzioni (grazie a condizioni climatiche miti) e quello degli armamenti. Si tratta però di fonti di crescita non affidabili.
I dati sulla fiducia delle imprese lasciano presagire un rapido rallentamento della crescita nel prossimo futuro. Gli indici PMI relativi al mese di giugno testimoniano che l'economia europea si sta rapidamente indebolendo, in tutti i paesi, e sia nel comparto dei servizi che nel manifatturiero. Il drastico calo della fiducia delle imprese di servizi, in particolare, è decisamente allarmante: l'indice è sceso di 3,1 punti rispetto a maggio, a quota 53,0 (avevamo anticipato questa dinamica, sulla base dell'esperienza del Regno Unito). Il nostro scenario base prevede che la crescita del PIL resti positiva nel terzo trimestre, sebbene in decelerazione, e si basa sull'aspettativa che la spesa per esperienze si mantenga resiliente nel corso dell'estate.
Si valutano con grande attenzione le indicazioni provenienti dal settore del turismo. Sebbene i dati di giugno non siano ancora stati pubblicati, quelli di maggio evidenziano che l'attività economica nel comparto del turismo e delle attività ricreative sta perdendo leggermente quota, seppur partendo da livelli molto alti.
Su questo fronte, le indicazioni preliminari per il mese di giugno non sembrano molto rassicuranti. Il comunicato stampa relativo al mese di giugno afferma che “rispetto all'incremento record dei servizi turistici e ricreativi registrato in aprile e maggio, si è passati ad una situazione di quasi-stagnazione", il che significa che il contributo di quest'area di business alla crescita del PIL potrebbe aver già raggiunto il picco. Peraltro, anche altri servizi stanno rallentando, tra cui quelli immobiliari, finanziari e dei servizi alle aziende.
Il settore manifatturiero non va meglio. I dati sulla fiducia delle imprese manifatturiere relativi al mese di giugno anticipano una contrazione dell'attività economica, provocata da un calo della domanda. Gli indicatori con maggior valore previsivo, in particolare, hanno raggiunto livelli coerenti con un rallentamento profondo: la debolezza della componente nuovi ordini (in area 45) si è estesa al dato sull'output (49,3, in calo di 2,1 punti rispetto a maggio).
Lo scenario base di ANIMA. In questo contesto, ci aspettiamo che la crescita in Area Euro si avvii verso una situazione di stallo entro la fine dell'anno. Nello specifico, il PIL dovrebbe espandersi a un ritmo dello 0,6% nel secondo trimestre, 1,0% nel terzo e 0,0% nel quarto, coerenti con un tasso di crescita annua del 2,7%.
Cina – La crescita brillante dei mesi estivi si raffredderà in inverno
Il rallentamento dell'attività economica nel secondo trimestre è stato più marcato del previsto, principalmente per effetto dei rigidi lockdown imposti in aprile. Nello stesso tempo, però, i dati di maggio e giugno sono stati forti. Nel complesso, ci aspettiamo che la crescita rimbalzi vigorosamente nel terzo trimestre, sostenuta dal potenziamento degli stimoli monetari e fiscali, e resti solida nel quarto trimestre, ma perdendo slancio: il rallentamento della domanda interna nei mercati sviluppati proietta infatti un'ombra molto lunga sulle esportazioni cinesi.
Il tasso di crescita del PIL in Cina è crollato dal 4,8% del primo trimestre allo 0,4% del secondo trimestre. A nostro avviso, il marcato rallentamento riflette la contrazione dell'attività economica nel settore dei servizi, come non accadeva dal secondo trimestre del 2020, mentre il settore produttivo ha dato prova di una certa resilienza. Sul fronte della spesa, la decelerazione è riconducibile principalmente alla marcata flessione dei consumi, mentre gli investimenti in infrastrutture sono rimasti forti.
I dati sugli scambi commerciali relativi al mese di giugno sono stati migliori del previsto. Esportazioni e importazioni sono salite rispettivamente del 6,7% e 7,5% su base mensile, dopo la ripresa già sensibile di maggio, a conferma della nostra view secondo cui i colli di bottiglia in ambito logistico sono in fase di allentamento. Oltretutto, il valore totale dell'export ha sorpreso al rialzo e il surplus commerciale è stato largamente superiore alle attese, specie verso i paesi sviluppati e i mercati emergenti dell'Asia. Nei prossimi mesi, quando i malfunzionamenti lungo la catena di fornitura globale connessi alla pandemia saranno in gran parte rientrati, gli scambi con l'estero dovrebbero restare solidi e offrire un contributo positivo al PIL durante l'estate; in seguito, la dinamica dei flussi commerciali si raffredderà, visto il deterioramento delle condizioni della domanda globale derivante dai crescenti rischi al ribasso per la crescita.
Il flusso di dati relativo all'andamento dell'economia reale e alla fiducia delle imprese dei mesi di maggio e giugno suggerisce che l'attività economica interna riprenderà quota in Cina durante l'estate, in controtendenza rispetto a Stati Uniti e Area Euro. Ci aspettiamo che questo trend si estenda per tutto il terzo trimestre, alimentato dalla normalizzazione della situazione dal lato dell'offerta e dagli investimenti infrastrutturali. La produzione industriale è cresciuta del 3,9% su base annua a giugno rispetto allo 0,7% di maggio, trainata dal settore automobilistico, mentre le vendite al dettaglio sono migliorate più del previsto (+3,1% rispetto a un anno fa, dal -6,7% precedente). Le stesse indicazioni arrivano dai dati sulla mobilità di inizio luglio, che evidenziano come l'attività economica sia tornata a livelli coerenti con i trend del 2019 e del 2021, e al di sopra del 2020.
Vista la debolezza dei dati sul PIL del secondo trimestre, ci aspettiamo misure di stimolo fiscale ancora più forti. Le autorità dovrebbero anticipare fino a 1,5 trilioni di yuan della quota di obbligazioni speciali delle amministrazioni locali attribuibile al 2023 (la maggior parte dei quali sarà investita in progetti infrastrutturali), dal momento che 2,6 trilioni di yuan sono già stati spesi durante i primi sei mesi dell'anno e restano solo 250 miliardi di yuan della quota relativa al 2022. Questo confermerebbe la nostra idea che le autorità compenseranno i mediocri investimenti privati con un piano di investimenti pubblici anticiclici, fino ad oltre 1,2 punti percentuali di PIL.
Le rinnovate preoccupazioni sulla recrudescenza della pandemia appaiono esagerate. L'aumento dei contagi a Shanghai e Pechino è meno preoccupante rispetto alle precedenti ondate, per due ragioni: 1) le autorità hanno reagito meno duramente, accorciando la quarantena a due giorni, introducendo un periodo di auto-sorveglianza di cinque giorni e dimezzando la fase di tracciamento dei contatti di viaggio, da 14 a 7 giorni prima della dichiarazione di positività; 2) nonostante un numero relativamente elevato di casi Covid, l'incidenza locale a livello comunitario (cioè al di fuori delle aree in quarantena) resta bassa, il che riduce la probabilità di nuovi lockdown severi. In prospettiva, restiamo convinti che le politiche contro il Covid siano diventate una questione di fedeltà politica tra le file del partito comunista, e ci aspettiamo che la politica di tolleranza zero sia ammorbidita dopo la rielezione di Xi.
Le condizioni sul mercato del lavoro restano deludenti, ma la debolezza non è allarmante. Il tasso di disoccupazione è calato più del previsto, dal 5,9% di maggio e 6,1% di aprile al 5,5% di giugno, segno che il picco della disoccupazione dovrebbe essere alle spalle, specialmente nella fascia d'età 25-59 anni (che raccoglie la gran parte della forza lavoro). Il trend positivo dovrebbe estendersi nei prossimi mesi e il tasso di disoccupazione dovrebbe avvicinarsi al 5,2% entro fine anno, per poi scendere al 5,0% nel primo semestre del 2023.
Per quanto riguarda il settore immobiliare, i dati sono contrastanti. Le criticità nel comparto immobiliare non si sono ancora attenuate, come dimostra l'aumento del numero di progetti abitativi in fase di stallo, ma le vendite di immobili residenziali hanno registrato un incremento a giugno, a seguito della riduzione del tasso sui mutui per l'acquisto della prima casa. Restiamo convinti che le autorità continueranno ad allentare le politiche e normalizzare la regolamentazione, consentendo al settore di posizionarsi lungo un sentiero di lenta ripresa nei prossimi trimestri.
In questo contesto, ci aspettiamo una ripresa dell'attività economica nel terzo e quarto trimestre, con tassi di crescita annualizzati rispettivamente pari a 7,5% e 6,5% (1,9% e 1,7% su base trimestrale). L'obiettivo di una crescita annua del 5,0% è ancora raggiungibile, purché: 1) la politica di tolleranza zero si attenui notevolmente dopo le elezioni presidenziali; 2) la domanda globale non crolli nel quarto trimestre. Stante lo scenario tratteggiato in precedenza, i rischi per la nostra proiezione relativa al quarto trimestre sono al ribasso
Inflazione
Continuiamo ad aspettarci che l'inflazione headline raggiunga il picco nel terzo trimestre nei paesi avanzati, ma la volatilità nel flusso di dati resterà elevata per tutta l'estate. I costi di raffinazione estremamente alti stanno portando a uno sganciamento tra le quotazioni del petrolio e i prezzi alla pompa di benzina, mentre negli Stati Uniti stanno tornando le pressioni sui prezzi delle auto usate, a causa delle basse scorte e delle limitazioni dell'offerta. In aggiunta, condizioni climatiche estreme stanno alimentando rincari sui generi alimentari in tutto il mondo. In Cina, le prospettive per l'inflazione rimangono più favorevoli, dato che le autorità tengono sotto controllo il costo della carne suina e l'indice dei prezzi alla produzione continua a rallentare.
Manteniamo la convinzione che l'inflazione headline nei paesi sviluppati raggiungerà l'apice alla fine del terzo trimestre. In particolare, la variazione annua dell'indice dei prezzi al consumo negli Stati Uniti e in Area Euro dovrebbe salire rispettivamente all'8,3% e 9,4% nel terzo trimestre, per poi rallentare al 6,8% e 8,8% nel quarto trimestre e al 3,9% e 5,0% nel primo semestre del 2023. L'incertezza che circonda queste proiezioni resta però elevata, per due ragioni.
(1) Il mercato del petrolio potrebbe trasmettere un falso senso di stabilità per quanto riguarda l'inflazione connessa alla componente energetica. Il nostro scenario base con riferimento ai prezzi dell'energia si fonda principalmente sulle indicazioni derivanti dai futures sul Brent, secondo cui i prezzi dovrebbero continuare a diminuire. Nel corso degli ultimi mesi, infatti, le quotazioni del Brent sono scese dai 120 dollari al barile delle prime due settimane di giugno ai 100 dollari al barile attuali, e i future puntano ad una correzione di ulteriori 10 dollari entro la fine dell'anno. Tuttavia, anche ipotizzando che il prezzo del greggio segua la traiettoria tracciata dai futures, l'allentamento delle pressioni a monte potrebbe non filtrare attraverso l'economia reale. Da quando la Russia ha invaso l'Ucraina, infatti, i margini di raffinazione si sono ampliati in modo sostanziale, e l'inflazione sulla componente energetica si è rivelata molto più forte di quanto sarebbe stato giustificato dal semplice andamento delle quotazioni del petrolio. Il cosiddetto crack spread resta peraltro su livelli molto elevati, anche se ultimamente ha iniziato a diminuire. La persistenza delle tensioni tra Ucraina e Russia lascia supporre che uno dei fattori più importanti che ha spinto al rialzo i costi di raffinazione e aumentato la volatilità dei prezzi del petrolio non sia destinato a scomparire in tempi rapidi. Da ultimo, la maggiore sensibilità dell'Area Euro ai prezzi del gas introduce il rischio che l'inflazione headline possa iniziare a scendere un po' più tardi rispetto a quanto avviene negli Stati Uniti. Ciò detto, le dinamiche all'interno del basket europeo non sono lineari. Gli elevati prezzi del gas sono una pessima notizia per l'economia europea, perché intensificano il rischio di ulteriori disruptions e in ultima istanza la possibilità che si materializzi una recessione; questo potrebbe però provocare una contrazione della domanda e più in generale un calo delle tensioni sui prezzi.
(2) Le condizioni climatiche avverse continuano a generare pressioni al rialzo. Non è una novità che fenomeni meteorologici estremi, quali ondate di caldo devastante, grave siccità e gelo, rappresentino un incubo per gli agricoltori di tutto il mondo e stiano aumentando i prezzi dei generi alimentari su scala globale. Le ripercussioni dei cambiamenti climatici sui prezzi del cibo e la ripresa globale post-pandemica stanno alimentato diffusi rincari in molte categorie di generi alimentari. In questo contesto, la guerra in Ucraina non ha fatto altro che peggiorare le cose. Prendendo in considerazione i dati più recenti a disposizione, la FAO ha riscontrato un forte aumento nel mese di maggio del numero di paesi che sta registrando un livello generale dei prezzi del cibo eccezionalmente elevato. In molti casi, le criticità, originatesi dalla minor produzione domestica, dagli sviluppi macroeconomici locali o da temi di sicurezza nazionale, sono esacerbate dall'impatto che la guerra in Ucraina sta avendo sui mercati internazionali di generi alimentari, carburanti e fertilizzanti. Da ultimo, i prezzi internazionali del grano sono aumentati dopo che il governo indiano ha annunciato il blocco dell'export di ogni tipo di grano, e ciò in un clima caratterizzato da forti preoccupazioni a livello globale per il previsto calo della produzione cerealicola nel 2022 e i problemi nelle spedizioni legati alla guerra in Ucraina. In questo contesto, visto che le tensioni tra Russia e Ucraina non accennano a diminuire, il rischio che l'inflazione sulla componente generi alimentari continui a salire è molto alto. Questo rischio è in parte già incorporato nel nostro scenario base, che colloca il picco dell'inflazione sul cibo nel quarto trimestre del 2022 sia in USA che in Area Euro (cioè, con tre mesi di ritardo rispetto a quanto previsto per l'inflazione energetica), ma non escludiamo che i rincari sul cibo possano durare anche più a lungo.
Sebbene i fattori globali tendano ad allineare le traiettorie previste per l'inflazione headline nei mercati sviluppati, i temi idiosincratici comportano percorsi leggermente diversi tra Stati Uniti e Area Euro per l'inflazione core. Nello specifico:
(1) Negli Stati Uniti, ci aspettiamo che l'inflazione core continui a rallentare nel secondo semestre, e raggiunga il 4,7% su base annua a dicembre. Escludendo energia e beni alimentari, la variazione annua dell'indice dei prezzi al consumo core ha iniziato a decelerare nel mese di aprile, dopo aver toccato un massimo al 6,5% a marzo, e si è attestata al 5,9% a giugno. In prospettiva, ci aspettiamo che le pressioni sui prezzi dei beni core continuino ad allentarsi. I principali indicatori anticipatori lasciano presagire che il trend ribassista sui prezzi dei veicoli nuovi e usati, bruscamente interrotto nei mesi di maggio e giugno, possa ripartire. Inoltre, le indicazioni provenienti dalla grande distribuzione sulla necessità di tagliare le scorte mediante politiche di sconto aggressive in risposta allo spostamento della domanda dai beni ai servizi ci inducono a pensare che i prezzi dei beni siano destinati a calare nel corso del prossimo mese. Allo stesso tempo, però, ci aspettiamo che i prezzi dei servizi rimangano resilienti per tutto il terzo trimestre del 2022, per la combinazione di due forze: la tenuta dei prezzi degli immobili ad uso abitativo, trainati dagli affitti, e il sostegno ai prezzi di trasporti e attività ricreative derivante dalla spesa per esperienze. In aggiunta, da un punto di vista top-down, anche il ridimensionamento delle pressioni salariali dovrebbe lasciare il segno sull'inflazione core.
(2) In Area Euro l'inflazione dovrebbe iniziare a rallentare solo nel quarto trimestre. Dal flusso di dati più recente si evince che l'inflazione core in Area Euro sta seguendo un trend al rialzo; nel mese di giugno non è aumentata solo perché i prezzi core hanno sorpreso al ribasso in Germania. Tuttavia, la debolezza dell'inflazione tedesca è stata meccanica e correlata a riduzioni di prezzo e sconti nel campo dell'energia e dei trasporti pubblici imposti dalle autorità. Dal momento che queste misure scadranno tra due mesi, il declino attuale non può essere interpretato come un segnale inequivocabile della fine del trend rialzista sull'inflazione core in Germania, da un punto di vista fondamentale. In questo contesto, ci aspettiamo un'accelerazione dell'inflazione core dal 3,6% annuo del secondo trimestre al 4,0% nel terzo trimestre, principalmente per il contributo di componenti della domanda discrezionali. Infatti, nonostante il crollo della fiducia dei consumatori in Area Euro nel secondo trimestre e le crescenti preoccupazioni da parte delle imprese per l'andamento della domanda, le dinamiche dell'inflazione core hanno mostrato grande resilienza nel mese di giugno e ci aspettiamo che continuino a farlo per tutta l'estate. Sarà solo nel quarto trimestre, quando la crescita dovrebbe deteriorarsi rapidamente, che l'inflazione core scenderà, con il contributo dei prezzi sia dei beni che dei servizi (il modesto incremento dei salari che ci attendiamo non basterà da solo a sostenere la domanda dei consumatori).
In Cina, ci aspettiamo un moderato aumento dell'inflazione nel secondo semestre. La dinamica dei prezzi nel primo semestre è stata in gran parte in linea con le nostre attese. Il report pubblicato nel mese di giugno ha confermato ancora una volta che le pressioni inflazionistiche sono limitate. A giugno, l'inflazione headline è salita dal 2,1% al 2,5%, prevalentemente per il contributo della componente beni alimentari (+2,9% a giugno dal 2,3% di maggio) e in particolare per la normalizzazione dei prezzi della carne suina da livelli disinflazionistici (-6% su base annua a giugno, dal -21,1% di maggio); il copione potrebbe ripetersi a luglio.
L'inflazione sulla componente energetica si è stabilizzata in prossimità del 4,0% su base annua, complice il fatto che in Cina i prezzi dell'energia sono saliti meno che altrove. Nel complesso, l'inflazione sui beni di consumo è salita dal 3,2% al 3,7% a giugno, in linea con la nostra view, mentre quella sulla componente servizi è passata dallo 0,7% all'1,0% a seguito dell'allentamento delle restrizioni anti-Covid, pur conservando una traiettoria più debole sia rispetto alle attese che a confronto con l'esperienza storica.
Analizzando la dinamica dei prezzi core, in particolare, l'inflazione è salita da 0,6% a 0,8% su base annua, pur rallentando in termini di medie trimestrali dall'1,0% del primo trimestre allo 0,7% del secondo, per l'indebolimento dell'attività economica indotto dai lockdown e le pressioni sui canoni di locazione, che si muovono in territorio deflazionistico da aprile.
I prezzi alla produzione continuano a rallentare e sono passati dal 6,4% di maggio al 6,1% di giugno, complice la contrazione delle vendite di beni strumentali. Ci aspettiamo che il trend ribassista si consolidi fino a raggiungere livelli mediamente inferiori al 5% nei prossimi trimestri.
L'inflazione headline dovrebbe accelerare gradualmente nel secondo semestre, complici il rafforzamento della domanda legato all'allentamento delle restrizioni anti-Covid e l'aumento dell'inflazione sulla carne di maiale per gli effetti base. I rischi per la nostra stima derivanti da rincari più cospicui del previsto della carne suina sono limitati: le autorità adotterebbero provvedimenti per stabilizzare i prezzi, se necessario, come già avvenuto in passato. In questo contesto, confermiamo il nostro scenario base: ci attendiamo un'accelerazione dell'inflazione headline rispettivamente al 2,4% e 2,9% nel terzo e quarto trimestre, ampiamente in linea con l'obiettivo del 3% fissato dalla PBoC.
NOTA: Approfondimento presentato in occasione dell'ultimo Comitato Investimenti, tenutosi il 19/21 luglio 2022