Dolcetto, non scherzetto!

Fabio Fois

Responsabile Investment Research & Advisory

Il rafforzamento della domanda interna negli Stati Uniti e in Cina e l’allentamento delle tensioni lungo la catena di fornitura globale permetteranno alla crescita globale di rallentare dolcemente verso il potenziale. Il dibattito sull’inflazione resta acceso, ma la nostra view non è cambiata: le pressioni diminuiranno, molto gradualmente. Manteniamo un bias costruttivo sulle attività rischiose e l’aspettativa che i tassi salgano.

Il nostro scenario macro centrale è in fase di realizzazione e trova conferme nel flusso di dati più recente, dal quale emergono: 1) indicazioni preliminari che la fase più acuta della crisi della catena di approvvigionamento globale registrata dopo la pandemia potrebbe essere alle spalle; 2) evidenze di rafforzamento della domanda interna negli Stati Uniti e in Cina, grazie al calo dei nuovi casi di COVID e al miglioramento delle prospettive per le vaccinazioni. Questi sviluppi dovrebbero liberare la domanda arretrata di servizi e favorire il riaccumulo delle scorte, consentendo al settore privato di guidare una transizione ordinata dell'economia globale dalla spinta impulsiva delle riaperture post pandemiche a livelli di attività coerenti con il potenziale. In questo contesto, continuiamo a prevedere che la crescita globale si espanderà a un ritmo del 6% nel 2021 e del 4,5% nel 2022. L'impennata dei prezzi dell'energia registrata recentemente potrebbe togliere un po' di smalto alla ripresa, ma non dovrebbe farla deragliare. Secondo le nostre stime, se l'aumento dei prezzi di gas naturale e petrolio che si si è verificato da inizio trimestre dovesse rivelarsi persistente (non il nostro scenario centrale), la crescita globale sarebbe ridotta di 1,5 punti percentuali nei prossimi dodici mesi, ma resterebbe comunque ampiamente in linea con il potenziale per la prima parte dell'anno. In questo contesto, l'asset allocation macro rimane invariata: con l'economia globale che sta rallentando dolcemente verso il potenziale e l'inflazione destinata a rimanere sopra i livelli pre-pandemici fino al primo trimestre del prossimo anno, per poi iniziare a calare, manteniamo un bias costruttivo sulle asset class rischiose e continuiamo a raccomandare prudenza sulla duration.



Crescita - Domanda interna a un punto di flesso

I dati pubblicati nelle ultime settimane evidenziano tre sviluppi cruciali:

  1. Dopo essersi stabilizzati in Cina, gli indici di sorpresa economica hanno invertito la rotta negli Stati Uniti. L'indicatore elaborato con riferimento ai dati statunitensi, infatti, ha iniziato a scendere a giugno ed è ancora negativo, ma nelle ultime quattro settimane è salito e sta per tornare in territorio positivo. Entrambi i trend dovrebbero consolidarsi nel prossimo futuro, complici gli sviluppi costruttivi per la spesa delle famiglie: in Cina le autorità sono riuscite a contenere i focolai di Covid, mentre negli Stati Uniti la ripresa del mercato del lavoro è destinata ad accelerare, insieme con le campagne vaccinali.
  2. La domanda interna in Cina e Stati Uniti si trova a un punto di flesso. Gli indicatori di fiducia delle imprese operanti nel settore dei servizi sono stati molto più forti del previsto a settembre. Negli USA, l'indice ISM dei servizi è salito di 0,2 punti raggiungendo quota 61,9, mentre il consenso si attendeva un calo di un punto. In Cina, il segnale è stato ancora più forte: il PMI dei servizi è salito di ben 7,2 punti a 52,4, battendo abbondantemente le aspettative del mercato, che pure prevedevano un aumento significativo, di 2,5 punti. Si tratta senza dubbio di sviluppi incoraggianti: segnalano che la domanda interna ha sopportato la recrudescenza della pandemia meglio del previsto negli Stati Uniti e tornerà presto ad offrire un contributo positivo all'attività economica in Cina; in questo senso, si intravedono rischi al rialzo per la crescita nel terzo e quarto trimestre. Per quanto riguarda l'Area Euro, l'andamento dell'indice PMI relativo ai servizi indica che il momentum sta rallentando, ma è ancora positivo. Il report relativo al mese di settembre è stato meno brillante del previsto e testimonia che la fase di massima spinta iniziale connessa alle riaperture è probabilmente alle spalle, ma la correzione non deve essere sovrastimata: la fiducia delle imprese resta su livelli molto alti (56,4), coerenti con la continuazione del trend di ripresa della domanda interna fino a fine anno, come peraltro confermato dal sentiment molto costruttivo dei consumatori.
  3. Un'analisi attenta dei dati sulla fiducia delle imprese operanti nel settore manifatturiero suggerisce che le criticità dal lato dell'offerta che hanno pesato sull'attività economica globale in questi mesi potrebbero aver iniziato ad allentarsi. In particolare, l'evoluzione delle componenti relative ai prezzi dei fattori produttivi e ai tempi di consegna è piuttosto incoraggiante, con pressioni che si sono attenuate negli ultimi mesi.

In prospettiva, ci sono altre due ragioni per vedere il bicchiere mezzo pieno. La prima riguarda il continuo calo dei costi di spedizione delle merci, che dovrebbe alimentare la tendenza ribassista dei prezzi dei fattori produttivi. Il secondo riguarda le scorte. La dinamica dello stock di prodotti finiti e degli arretrati di lavoro nel settore manifatturiero indica che le imprese stanno finalmente riuscendo a ricostituire parte delle scorte esaurite durante la pandemia. Secondo il report sul PMI manifatturiero globale di Markit, le scorte hanno imboccato un trend di ripresa da giugno, quando hanno toccato i minimi a 45,9 dal 48,2 di gennaio.


Il miglioramento osservato potrebbe riflettere i malfunzionamenti nel sistema di trasporti, per la congestione nei porti e i ritardi nelle spedizioni, ma i dati micro testimoniano che il traffico negli hub commerciali globali sta finalmente iniziando a diminuire, di pari passo con lo smaltimento degli arretrati. Questo suggerisce che il processo in corso sia effettivamente il riflesso di un'accelerazione dell'attività, non di interruzioni forzose. Alcuni esempi convalidano questa ipotesi: le scorte sulle principali linee di navigazione per container come Maersk, Zim e Danaos sono diminuite quasi contemporaneamente a settembre; il traffico di container attraverso il porto di Amburgo ha raggiunto il picco nel primo trimestre del 2021; i container in arrivo a Rotterdam sono aumentati dello 0,7% fra gennaio e marzo; i container carichi in ingresso in California sono diminuiti del 10% fra maggio e agosto, mentre quelli vuoti in uscita sono scesi del 17% sullo stesso periodo; l'Autorità Portuale di Singapore ha registrato il picco dell'attività su container dopo la pandemia a marzo; l'ultima grande criticità verificatasi in Cina, infine, la chiusura di un porto a Ningbo per un focolaio di Covid, è stata superata alla fine di agosto.


Inflazione - Continua ad aleggiare (e spaventare)

Le pressioni inflazionistiche legate agli sviluppi dal lato dell'offerta restano al centro del dibattito fra gli investitori. La narrativa sulle tensioni che continuano a intensificarsi lungo la catena dei prezzi dei beni e gli sviluppi idiosincratici in alcuni paesi suggeriscono che la questione continuerà ad essere ampiamente discussa, come ci aspettiamo da tempo. Peraltro, le aspettative di inflazione stanno iniziando ad essere condizionate dai livelli elevati di inflazione realizzata: secondo un sondaggio recente della Fed di New York, l'inflazione attesa fra tre anni ha raggiunto il 4%, mentre l'indagine realizzata dall'Università di Michigan indica che i consumatori ritengono che l'inflazione continuerà ad intaccare il reddito disponibile.


La nostra view non è cambiata. Continuiamo ad aspettarci che alcuni meccanismi di isteresi connessi alla crisi COVID mantengano l'inflazione artificialmente alta. Soprattutto negli Stati Uniti, dove l'accelerazione della domanda innescata dalle riaperture 2.0, gli squilibri ancora significativi fra domanda e offerta sul mercato del lavoro e il rapido recupero dei prezzi connessi alle abitazioni (40% del CPI core) manterranno probabilmente l'inflazione dei prezzi al consumo sopra i livelli pre-pandemici nei prossimi mesi. Secondo i nostri calcoli, se la componente dei prezzi degli alloggi dovesse tornare ai livelli pre-COVID (3,3% su base annua) entro il primo trimestre del 2022, l'inflazione core statunitense raggiungerebbe il 3,7%.


Detto questo, manteniamo la convinzione che l'equilibrio nominale dell'economia globale di lungo termine non abbia subito una variazione permanente verso l'alto: l'inflazione rallenterà su scala globale, di pari passo con la chiusura del gap fra domanda e offerta, l'allentamento delle pressioni sui prezzi delle materie prime e il dispiegarsi di effetti base negativi.

 



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