La Camera dei Comuni ha approvato i principi dell’Accordo raggiunto fra Johnson e la UE, ma non la proposta di comprimere i tempi di esame delle leggi attuative. Si allontana lo spettro di una Hard Brexit, ma rispettare la scadenza del 31 ottobre sarà difficile.
Nella tarda serata del 22 ottobre si è consumato un nuovo, decisivo capitolo nella saga di Brexit. Per la prima volta dal referendum del 23 giugno 2016, il Parlamento britannico ha votato in favore di un accordo già negoziato con l’Unione Europea.
È un traguardo importante per Boris Johnson, che è riuscito a raccogliere il consenso dei Conservatori espulsi dal partito, di numerosi membri del Gruppo Indipendente e di diciannove esponenti dell’opposizione laburista, che non hanno rispettato l’indicazione del partito.
Il testo si differenzia dall’accordo sottoscritto da Theresa May per la sola parte che attiene il futuro dei rapporti fra EU e UK e il trattamento del confine irlandese. In particolare, il compromesso precedente prevedeva la permanenza del Regno Unito nell’unione doganale europea, mentre il nuovo accordo si limita ad anticipare un trattato di libero scambio e l’impegno a rispettare uno “standard comune elevato”, evitando forme di concorrenza sleale. Sulla spinosa questione del confine irlandese, l’intesa prevede che l’Irlanda del Nord resti nell’unione doganale del Regno Unito, ma applichi la regolamentazione europea sul commercio dei beni: le merci destinate a rimanere nell’Irlanda del Nord saranno assoggettate ad adeguamenti in caso di differenze nel sistema tariffario.
Non ci sarà dunque alcun confine fisico fra Irlanda e Irlanda del Nord (nel pieno rispetto dell’Accordo del Venerdì Santo siglato nel 1999) e i controlli doganali saranno spostati nei porti britannici. Al Parlamento nordirlandese è stato attribuito il diritto di pronunciarsi sul mantenimento di questo regime quattro anni dopo la fine del periodo di transizione (31/12/2020, salvo proroghe), ma non è bastato a Boris Johnson per guadagnare l’appoggio degli unionisti nordirlandesi.
Rilevanti le conseguenze. Poco dopo il voto favorevole sul Withdrawal Agreement Bill, infatti, la Camera dei Comuni ha bocciato la proposta del Governo di accelerare l’iter di approvazione del pacchetto di leggi attuative, cruciale per raggiungere l’obiettivo di abbandonare l’UE il 31 ottobre. Il Premier ha sospeso il processo di ratifica dell’accordo, in attesa del pronunciamento del Consiglio Europeo sulla richiesta di proroga al 31/1/2020 della scadenza per la Brexit.
Un parere favorevole è altamente probabile, così come la possibilità per il Regno Unito di anticipare l’uscita qualora il disegno di legge fosse approvato. Questo potrebbe indurre Johnson a riproporre l’intesa al Parlamento, specie considerando che il leader laburista Corbyn ha offerto la sua collaborazione per ridefinire il calendario di esame del provvedimento e agevolarne la ratifica. Gran parte degli analisti, però, ritiene più probabile che Boris Johnson si orienti verso elezioni anticipate, in modo da incassare una maggioranza più ampia e non dover scendere a compromessi con l’opposizione: se il provvedimento venisse discusso dal Parlamento attuale, infatti, potrebbero essere approvati emendamenti che ne alterano la natura (i Conservatori hanno perso la maggioranza).
Quale che sia lo scenario che si profila, la probabilità che si materializzi una Hard Brexit si è ridotta drasticamente: il Premier ha dichiarato che il Regno Unito lascerà la UE con il suo accordo, “in un modo o nell’altro”, e i laburisti hanno sempre voluto un’uscita ordinata. Non stupisce dunque l’apprezzamento delle attività finanziarie inglesi avvenuto in concomitanza con il recente allentamento delle tensioni: dal 9 ottobre la sterlina si è rafforzata di oltre il 4% rispetto all’euro (e di quasi l’8% dalla fase più acuta dello scontro fra le parti, a inizio agosto). Rilevanti anche gli impatti su scala globale: negli ultimi trimestri l’escalation del rischio geopolitico ha pesato gravemente sullo scenario economico/finanziario e il suo allentamento non può che essere un fattore di supporto per le attività rischiose.
Rapporto di cambio fra sterlina e euro
Fonte: elaborazione ANIMA su dati Bloomberg