Bund tedeschi di nuovo a tassi negativi

Investment Advisory

Le pressioni ribassiste sui rendimenti si sono intensificate su scala globale, con Banche Centrali sempre più accomodanti e incessanti evidenze di debolezza della crescita e assenza di inflazione.
​​​​I titoli di stato tedeschi con scadenza a 10 anni sono tornati ad offrire rendimenti negativi: il 27 marzo i tassi sono crollati a -8punti base, sotto quelli giapponesi di pari scadenza e non lontani dal record storico di -19punti base segnato nell’estate del 2016 (allora l’Area Euro combatteva con la deflazione e la Banca Centrale Europea comprava attività finanziarie al ritmo di 80 miliardi di euro al mese). Il 40% delle obbligazioni governative in euro presenta tassi negativi, ma la percentuale schizza oltre il 50% se si escludono dall’analisi i BTP. Il trend di calo dei rendimenti, peraltro, è diffuso su scala globale (quasi il 30% dei Titoli di Stato globali quota a tassi negativi) e ha interessato anche altri segmenti del mercato obbligazionario: il 12% dei Corporate in euro presenta tassi inferiori a 0%.

Il movimento è spiegato da una molteplicità di fattori. 

Il primo e più importante è senz’altro l’adozione di un orientamento marcatamente più conciliante da parte delle Banche Centrali, che ha spinto gli investitori ad anticipare tagli dei tassi laddove possibile (il mercato dei Future ne sconta uno da parte della Federal Reserve entro l’anno) o una normalizzazione della politica monetaria ancora più lontana nel tempo nelle regioni in cui i tassi sono ai minimi storici: in Area Euro, per esempio, il primo rialzo è atteso a luglio 2021, un anno più tardi rispetto a quanto stimato un mese fa. 
Su questo fronte, un ruolo rilevante hanno avuto le riflessioni di Draghi sulla possibile introduzione di meccanismi volti a tutelare la profittabilità delle banche in un contesto di prolungata applicazione di tassi negativi (sistema di "tiering" nella remunerazione dei depositi delle banche presso la banca centrale): il focus della BCE su questo tema lascia supporre che la probabilità di un aumento nel tasso di deposito nell’immediato futuro si sia drasticamente ridotta. 

La cautela delle autorità monetarie e le aspettative degli investitori di un ulteriore potenziamento dello stimolo si giustificano in primis con gli sviluppi a livello del quadro macro: gli indici che monitorano il flusso di dati segnalano un ritmo di deterioramento che non si registrava dai tempi della Grande Recessione e una percentuale di sorprese negative prossima ai livelli più alti degli ultimi cinque anni. 
In Area Euro, in particolare, la fiducia delle imprese operanti nel settore manifatturiero è in calo da fine 2017 e ha raggiunto livelli coerenti con una contrazione dell’attività economica; la situazione nel settore dei servizi sembra essere meno critica e alcuni segnali di miglioramento stanno emergendo, ma per ora senza la consistenza e la persistenza necessarie per riportare ottimismo. Degno di nota il fatto che sorprese negative sono arrivate anche dal flusso di dati sull’inflazione, tanto negli Stati Uniti quanto in Area Euro; ne è derivato un forte calo delle aspettative: la misura preferita dalla BCE (aspettative a 5 anni, fra 5 anni) ha sfiorato i minimi storici registrati nel 2016, in area 1,30%.

Il crollo dei tassi tedeschi ha spinto alcuni analisti ad agitare lo spettro della Japanification dell’Eurozona, ovvero di un futuro in cui crescita, inflazione e tassi si attesteranno in modo permanente su livelli estremamente depressi. 
Si tratta di uno scenario che non è possibile escludere, ma le aspettative degli investitori sulle Banche Centrali sono molto conservative e una pur modesta correzione dei rendimenti appare probabile, in ipotesi di stabilizzazione degli indicatori ciclici


Rendimento a scadenza dei Titoli di Stato tedeschi e giapponesi a 10 anni​



Fonte: elaborazione ANIMA su dati Bloomberg.​







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