La view di ANIMA
Le ultime settimane sono state contraddistinte da un marcato aumento delle pressioni al rialzo sui rendimenti obbligazionari. Epicentro delle tensioni è stato il mercato dei titoli di Stato statunitensi, da mesi in fase di indebolimento per una combinazione di fattori: le incessanti conferme di resilienza dell'attività economica (il tasso di crescita atteso per gli Stati Uniti nel 2023 è passato dall'1,1% di giugno al 2,1% attuale, secondo le stime di consenso riportate da Bloomberg); il mantenimento di un approccio aggressivo da parte della Fed; le preoccupazioni per la sostenibilità della politica fiscale e l'aumento dell'offerta netta di Treasury, acuite dalla revisione al rialzo delle necessità di finanziamento del Tesoro nel secondo semestre e dal downgrade di Fitch.
L'ultima spallata è arrivata dalla riunione della Fed del 20 settembre: la banca centrale ha rinforzato il messaggio che i tassi resteranno elevati a lungo (higher for longer)segnalando attraverso il cosiddetto dot plot (il grafico a punti che incorpora le proiezioni dei diversi esponenti del Consiglio sulla traiettoria futura dei tassi) che si attende di allentare la stretta in misura inferiore rispetto a quanto stimato in precedenza nel 2024 e nel 2025, e ipotizza di mantenere i tassi a livelli restrittivi anche nel 2026, nonostante inflazione e occupazione convergano ai livelli d'equilibrio (una scelta che molti analisti hanno giudicato propedeutica a una revisione al rialzo del tasso neutrale di lungo termine).
Le decisioni della Fed hanno intensificato in misura sostanziale le pressioni sulle obbligazioni governative statunitensi a medio-lungo termine: i rendimenti dei Treasury decennali sono saliti di quasi 50 punti base dal giorno precedente il meeting, superando di slancio la fascia alta del canale di consolidamento disegnato negli ultimi trimestri e raggiungendo, a quota 4,80%, i massimi dal 2007. Il movimento è stato guidato interamente della componente dei tassi reali ed è stato accompagnato da una massiccia dis-inversione della curva, figlia dell'aumento del term premium (ovvero, del premio al rischio che gli investitori richiedono per detenere obbligazioni a lungo termine anziché strumenti liquidi). La debolezza si è estesa ai mercati obbligazionari di tutto il mondo: il rendimento dei Bund decennali è arrivato a sfiorare il 3%, massimo dal 2011, e quello dei BTP di pari scadenza il 5%. Si è accentuata anche la correzione in atto sui mercati azionari: tassi più elevati più a lungo intensificano i rischi di coda e aumentano la probabilità che il soft landing si riveli un momento di passaggio, invece che un punto di arrivo, riducendo nello stesso tempo l'attrattività dell'asset class azionaria in termini relativi.
In questo contesto, la nostra view sulle obbligazioni governative core si conferma costruttiva, ma con spiccata preferenza per le parti brevi delle curve, giustificata dallo stato di avanzamento dei cicli di politica monetaria; l'approccio alle scadenze lunghe resta tattico, visto il deterioramento del quadro tecnico e la vulnerabilità al repricing del term premium. L'orientamento è più costruttivo sui Bund che sui Treasury, in considerazione delle divergenze negli sviluppi macro e di politica monetaria, e delle minori preoccupazioni per la sostenibilità delle finanze pubbliche.
Il giudizio sui titoli di Stato italiani, da tempo più cauto rispetto a quello sui governativi core, diventa neutrale. Durante i mesi estivi lo spread BTP-Bund ha raggiunto livelli compressi, grazie al forte supporto degli investitori retail, al miglioramento delle prospettive di crescita e al clima di risk-on; su molti di questi fronti si registra un certo affaticamento, e l'impatto negativo dei bonus edilizi per i conti pubblici ha ridotto la compiacenza degli investitori alle numerose sfide che si profilano all'orizzonte (incluse l'aumento dell'offerta netta, le difficoltà di implementazione del PNRR e l'aumento del rischio politico con l'approssimarsi delle elezioni).
L'approccio al mondo del credito rimane contraddistinto dalla selettività e dalla preferenza per il comparto investment grade.
L'orientamento sui mercati azionari si conferma prudente/neutrale. Il deterioramento del mix inflazione/crescita registrato da inizio agosto e il violento aumento dei tassi stanno alimentando una correzione, complici i rischi connessi a una serie di fattori specifici (impennata del prezzo del petrolio e, per gli Stati Uniti, sciopero dei lavoratori del settore automobilistico, riavvio dei pagamenti sul debito studentesco, possibile shutdown del Governo federale, al momento scongiurato fino a metà novembre); restiamo però convinti che i margini di ulteriore indebolimento non siano significativi, in assenza di segnali di un rallentamento più severo dell'attività economica. Il focus resta sulla creazione di alpha, in un contesto di elevata dispersione fra le performance di stili/settori/aree geografiche, e crescente rilevanza dei temi idiosincratici; continuiamo a privilegiare il Giappone fra i paesi avanzati e manteniamo un Beta di portafoglio relativamente basso.
Il giudizio sul dollaro resta tatticamente costruttivo, sulla scorta delle divergenze in termini di momentum macro e aspettative sulle politiche monetarie lungo le due sponde dell'Atlantico.
View di Mercato, Comitato Investimenti del 25-26/09/2023
I giudizi espressi non rappresentano indirizzi assoluti di carattere allocativo, bensì un orientamento generale sull'ipotizzabile andamento delle diverse asset class