Le indagini sul credito bancario pubblicate recentemente rafforzano la nostra convinzione che le turbolenze registrate a marzo intensificheranno la stretta creditizia. Confermiamo quindi il nostro scenario centrale, che vede una recessione breve e di lieve entità a cavallo fra terzo e quarto trimestre, sia negli USA che in Area Euro, con rischi orientati al rialzo. In Cina gli sviluppi restano costruttivi, ma la fase di maggior slancio del processo di riapertura è alle spalle e la crescita è destinata a rallentare in termini sequenziali
Restiamo convinti che le turbolenze registrate nel settore bancario durante il mese di marzo avranno ripercussioni sulle economie occidentali, attraverso il canale della contrazione del credito da parte delle istituzioni finanziarie. Continuiamo però a pensare che i timori di fallimenti bancari diffusi negli Stati Uniti e in Europa, di portata tale da assumere rilevanza sistemica, siano al momento eccessivi.
A fronte del nostro scenario centrale, che ipotizza che le banche in futuro offriranno sempre meno supporto alla crescita, l'analisi dei dati rappresenta un riferimento importante per testare validità e consistenza della view. Gli indicatori pubblicati dopo le turbolenze di marzo, sia relativi ai sondaggi d’opinione che all’economia reale, confermano che tanto l'economia statunitense quanto quella europea stanno andando incontro a una fase di rallentamento, in linea con la nostra aspettativa che nel terzo trimestre inizierà una recessione breve e di lieve entità, che non dovrebbe tramutarsi in una contrazione severa. Tuttavia, rispetto al mese scorso, riteniamo che i rischi siano marginalmente orientati al rialzo, per entrambe le aree. Con riferimento alla Cina, benché il flusso di dati più recente suggerisca che la fase di maggior slancio della riapertura post-COVID sia alle spalle, gli sviluppi restano costruttivi: il paese rappresenta l'unica grande economia in uno stadio iniziale del ciclo macroeconomico.
Con riferimento alla dinamica dei prezzi, i trend restano divergenti, specie a livello dell’inflazione core. Negli Stati Uniti, il report di aprile conferma che il processo disinflazionistico si sta consolidando e potrebbe guadagnare slancio, seppur lentamente, ma occorre cautela prima di concludere che il percorso sarà lineare; al contrario, ci attendiamo un sentiero potenzialmente accidentato nei prossimi mesi. Nel frattempo, in Area Euro i segnali preliminari di calo delle pressioni sui prezzi continuano a essere molto meno convincenti e promettenti rispetto agli Stati Uniti, e rinsaldano la nostra aspettativa di un rientro dell’inflazione più lento, per la vischiosità della componente core. Restiamo convinti che in Cina l’inflazione toccherà un punto di minimo nel corso del secondo trimestre, per poi accelerare con il traino del processo di riapertura.
Le banche centrali dei paesi sviluppati hanno raggiunto o sono vicine a un picco locale di aggressività, ma mantengono un orientamento restrittivo. Gli effetti ritardati dei precedenti rialzi dei tassi e della stretta creditizia dovrebbero in ultima istanza rallentare salari, inflazione e crescita, ma non così rapidamente da permettere a Fed e BCE di cambiare approccio in tempi brevi.
Negli Stati Uniti, in particolare, se non ci saranno sviluppi sistemici, come ipotizzato nel nostro scenario base, l'inasprimento delle condizioni finanziarie non dovrebbe essere sufficiente a indurre la Fed a tagliare i tassi entro fine anno. In Area Euro, i problemi sul fronte dell’inflazione sono più importanti rispetto a quelli degli Stati Unit, e ulteriori rialzi dei tassi sono probabili. Vista la revisione al rialzo dei rischi per la crescita, ci aspettiamo che la Fed mantenga i tassi fermi a 5-5,25% almeno fino al primo trimestre 2024 (a fronte di una stima precedente del quarto trimestre 2023), e che la BCE alzi i tassi a 3,75-4,0% entro il secondo/terzo trimestre (dal precedente 3,50-3,75% nel secondo trimestre). In Cina, la debolezza dei dati di aprile dovrebbe indurre la PBoC a errare per eccesso con la portata degli stimoli.
Stress nel sistema bancario
Ripercussioni confinate a livello micro, non macro (per il momento)
Le indagini più recenti sul credito bancario confermano il nostro scenario base, secondo il quale è probabile che gli istituiti finanziari riducano il flusso di prestiti nei prossimi mesi. Sia le banche statunitensi che quelle europee hanno infatti inasprito gli standard per la concessione di fondi a imprese e famiglie fra quarto trimestre 2022 e primo trimestre 2023, evidenziando nel contempo un forte calo della domanda. Entrambe le metriche non sono lontane dai livelli registrati nel 2008, agli albori della crisi finanziaria, su entrambe le sponde dell’Atlantico.
È probabile che anche il costo del capitale continui a salire. Sebbene il mercato azionario abbia recuperato parte delle perdite innescate dalle turbolenze sul sistema bancario, rispetto al 1 marzo le quotazioni delle banche statunitensi ed europee sono ancora depresse, rispettivamente del 20% e dell'11%. Nonostante l’intervento fermo e tempestivo delle autorità, è opinione diffusa che solo una garanzia totale e incondizionata sui depositi bancari potrebbe alleviare durevolmente le pressioni sul settore negli USA. Purtroppo, però, le prospettive di un tale intervento non sono incoraggianti, dal momento che sarebbe necessaria l'approvazione del Congresso.
Alla stessa stregua, aumenterà il costo della raccolta mediante depositi. Gli istituti di credito stanno ancora beneficiando di un contesto di tassi di interesse più elevati, con ampi margini sui depositi. Benché le banche statunitensi ed europee siano liquide e capitalizzate, fronteggiano comunque rischi di un calo della liquidità, visto il deterioramento del sentiment. In caso di deflussi significativi, potrebbero vedersi costrette a remunerare maggiormente i depositi per mantenere inalterato lo stock di funding, soprattutto se si rivelasse più economico del ricorso al finanziamento attraverso i canali istituzionali.
Un muro di preoccupazioni. Negli Stati Uniti, i timori per la sicurezza dei depositi bancari sono prossimi ai livelli del 2008. Quasi la metà degli americani si è detta preoccupata per la sicurezza dei fondi depositati presso banche o altre istituzioni finanziarie. Il 48% degli americani adulti si dichiara “in pensiero” per il proprio denaro, il 19% "molto" e il 29% "moderatamente". Le ultime rilevazioni sono simili a quelle del 2008: nel settembre di quell'anno, poco dopo il crollo di Lehman Brothers (che rimane il più grande fallimento nella storia degli Stati Uniti), il 45% dei cittadini si definiva molto o moderatamente preoccupato per la sicurezza del denaro.
In questo contesto, confermiamo il nostro scenario centrale, che ipotizza che il credito diventi meno accessibile e più costoso per il settore privato. Riteniamo però che un livello plausibile di inasprimento degli standard creditizi avrà effetti significativi, ma non catastrofici, sull'attività economica, a patto che non si sviluppi una vera e propria crisi di fiducia nelle banche.
Non escludiamo che il prossimo settore a registrare un’escalation delle tensioni possa essere il commercial real estate (CRE), ovvero il ramo commerciale del settore immobiliare statunitense. Le perdite potenziali per gli istituiti finanziari potrebbero essere significative: l'esposizione delle banche al settore in questione (ad esempio quello multi-familiare) si attesta a 2,7 miliardi di dollari, circa il 25% del totale dei prestiti bancari. Un’analisi preliminare (meno solida di quella sul comparto residenziale, per la scarsità dei dati disponibili) suggerisce che i fondamentali dell’immobiliare commerciale siano mediocri e in deterioramento, soprattutto in Area Euro; tuttavia, tenuto conto che le scadenze dei prestiti sono distribuite su molti anni, la probabilità di insolvenze immediate e diffuse dovrebbe rimanere limitata, e senz’altro non riveste un ruolo di spicco nell'orizzonte temporale di riferimento della nostra analisi macro (tre mesi).
CRESCITA
Stati Uniti – Un blando rallentamento
La crescita ha deluso nel primo trimestre, ma i driver sottostanti restano discreti. Il notevole rallentamento del primo trimestre è stato provocato in gran parte dall'inversione di tendenza della dinamica delle scorte, che aveva offerto un supporto a fine 2022. La domanda interna, però, ha evidenziato un'accelerazione, con il traino della spesa delle famiglie. Vista la persistente debolezza degli investimenti residenziali e in beni strumentali e il continuo deterioramento della fiducia delle imprese, ci attendiamo una perdita di slancio dell’economia nel corso del secondo trimestre.
I rischi intorno al nostro scenario centrale sono orientati al rialzo, per tre ragioni:
1) Il mercato del lavoro rimane molto solido. Il report sul mercato del lavoro del mese di aprile è stato più forte del previsto, a dimostrazione del fatto che la tenuta del primo trimestre non è stata estemporanea. La crescita media trimestrale delle buste paga è ancora elevata, nonostante 500bp di rialzi dei tassi; le richieste iniziali di sussidi per la disoccupazione stanno iniziando timidamente ad accelerare dopo aver trascorso la maggior parte del primo trimestre al di sotto della media pre-COVID, mentre le aperture di nuovi posizioni (indice JOLTS), sebbene in calo, dimostrano che i cittadini americani possono continuare a cambiare lavoro con una certa facilità.
2) A differenza che in Area Euro, i prestiti al settore privato hanno iniziato a riprendersi. Dopo il crollo innescato dalle turbolenze di marzo, i dati settimanali evidenziano un miglioramento delle condizioni del credito bancario. In particolare, i prestiti ai consumatori hanno riaccelerato, quelli alle imprese sono rimasti invariati presso le grandi banche (non coinvolte dall’escalation di tensioni di marzo) e hanno mostrato una forte accelerazione presso le piccole banche.
3) Le vendite al dettaglio sono rimbalzate in aprile, e lasciano presagire che il boom dei consumi registrato a inizio anno possa avere ancora un certo slancio nei prossimi mesi.
Lo scenario base di ANIMA. Ci aspettiamo una crescita dell’1,1% nel primo trimestre 2023 e rispettivamente +1%, -0,5% e -1,1% nel secondo, terzo e quarto trimestre (a fronte di stime precedenti di 0,8%, -0,7% e -1,4%), coerenti con una crescita annua dell’1,2%.
Area Euro – Il tiro alla fune dei dati
Il flusso di dati relativo all’economia reale resta coerente con il nostro scenario base. Continuiamo ad aspettarci una contrazione della crescita nel terzo trimestre, per l'inasprimento delle condizioni monetarie e creditizie. I dati supportano questa view: il PIL del primo trimestre ha mostrato una crescita debolmente positiva, ma le singole rilevazioni nazionali mostrano la debolezza della domanda interna, a differenza che negli Stati Uniti, visto il contributo decisivo dell’export. Le vendite al dettaglio di marzo, gli ordinativi tedeschi e la produzione industriale confermano questo messaggio, e la pubblicazione del report dettagliato sul PIL del primo trimestre (che sarà rilasciato l’8 giugno) offrirà maggiori dettagli. In aggiunta, i dati sull’attività creditizia di marzo supportano la nostra convinzione che è in corso un inasprimento degli standard per la concessione di prestiti: i flussi del credito bancario verso le imprese non finanziarie si sono congelati, mentre quelli diretti alle famiglie restano depressi.
In realtà, gli indici PMI non hanno anticipato in modo molto puntuale la dinamica del PIL recentemente, un elemento chiave nella valutazione dei rischi per il nostro scenario base. Qualora i dati relativi all’economia reale dovessero recuperare terreno rispetto ai sondaggi sulla fiducia, e in particolare i PMI dei servizi (che continuano a suggerire la resilienza della domanda interna), la crescita potrebbe sorprendere al rialzo. In effetti, storicamente, le divergenze tra le due categorie di dati si sono risolte a favore dei secondi. Pertanto, i rischi intorno al nostro scenario base sono orientati al rialzo, ovvero l’inizio della recessione potrebbe essere posticipato.
Lo scenario base di ANIMA. Ci aspettiamo una crescita del PIL di 0,1% nel secondo trimestre (dal precedente 0,2%) e una recessione tecnica nella seconda parte dell’anno (-0.3% nel terzo e quarto trimestre, a fronte di stime precedenti di -0.4% e -0.5%), coerenti con un tasso di crescita annuo rivisto al ribasso da 0,5% a 0,3%.
Cina – Il boom è concluso, ma non ancora esaurito
Con la fase di maggior slancio del reopening in via di esaurimento, la crescita è destinata a indebolirsi nei prossimi trimestri. I dati di aprile hanno leggermente disatteso le aspettative e suggeriscono una perdita di momentum della crescita fra primo e secondo trimestre, con il venir meno del massimo impulso inferto dal processo di riapertura. Tuttavia, questi numeri non dovrebbero essere letti troppo negativamente. L’effetto base favorevole rispetto ad aprile 2022 (quando Shanghai era in lockdown) supporta il confronto su base annua; tuttavia, si nota una divergenza sequenziale tra il rallentamento del settore manifatturiero e la perdurante forza dei servizi. La produzione industriale è salita, seppur meno del previsto, principalmente grazie al forte contributo positivo della produzione di automobili, ma le altre componenti hanno ceduto il passo. D'altro canto, il ritmo di crescita dei servizi (che rappresentano fino al 53% del PIL) è apparso ancora sostenuto, nonostante una marginale perdita di smalto in termini sequenziali. Le vendite al dettaglio hanno fatto registrare un incremento significativo, soprattutto grazie alla componente dei servizi (ristoranti, viaggi) e alle vendite di automobili.
Nonostante segnali contrastanti, prosegue il rimbalzo del settore immobiliare. Da un lato, la costruzione di case nuove ha subito una lieve flessione dopo gli incrementi registrati nei due mesi precedenti, dall'altro: 1) il numero di case completate è aumentato e 2) le vendite di immobili sono tornate in territorio positivo per la prima volta dal 2021, con i prezzi in aumento per il secondo mese consecutivo. Queste metriche segnalano che l’impatto negativo del settore sul PIL si sta finalmente affievolendo.
Nei primi quattro mesi dell'anno, le esportazioni cinesi hanno sorpreso significativamente in positivo nonostante i timori di recessione nei Paesi sviluppati. Ad oggi, il saldo positivo della bilancia commerciale per la parte di beni ha totalizzato 294 miliardi di dollari, ben oltre i 261 miliardi di disavanzo commerciale per i servizi nell’intero 2019. In prospettiva, però, il commercio con l’estero fornirà un contributo sempre più modesto alla formazione del PIL, in virtù del peggioramento atteso della crescita dei paesi sviluppati nel secondo semestre.
In questo contesto, una fase di rallentamento sequenziale della crescita nel secondo trimestre, dopo la vigorosa accelerazione del primo, resta coerente con la nostra view, poiché gli scambi commerciali dopo la riapertura saranno più orientati ai servizi che ai beni. La crescita manterrà un profilo positivo nei prossimi trimestri, ma con ritmo meno sostenuto, visto che il "boom" provocato dalla riapertura può dirsi concluso.
Lo scenario base di ANIMA. Manteniamo quindi l’aspettativa che nel 2023 il PIL si espanda a un tasso superiore al potenziale, 6,3% dal 3,0% del 2022. A livello sequenziale, ci aspettiamo tassi di crescita del 7.5% nel secondo trimestre, 5,5% nel terzo e 6,5% nel quarto.
INFLAZIONE
Stati Uniti – Cauto ottimismo
La direzione sembra giusta. Il dato sull'inflazione di aprile indica che i primi, timidi segnali di disinflazione emersi nel primo trimestre potrebbero prendere slancio. Gli sviluppi sono stati particolarmente incoraggianti a livello core, inclusi i servizi, e lasciano presupporre che la traiettoria al ribasso iniziata a settembre 2022, potrebbe proseguire nei prossimi mesi.
Gli indicatori più recenti sulla dinamica dei salari supportano questa tesi. Il tracker sui salari elaborato della Fed di Atlanta ha registrato un forte calo ad aprile, dopo l’accelerazione del primo trimestre, in aperto contrasto con il segnale fornito dalle retribuzioni medie orarie (AHE), che potrebbero essere state distorte degli effetti di ricomposizione della forza lavoro. Il tracker della Fed, infatti, tende ad essere più informativo sulle tendenze salariali sottostanti, poiché tiene conto delle differenze nei livelli di competenza, utilizzando i dati dell'indagine sulle famiglie che permettono di confrontare il salario della stessa persona nell’arco di un anno.
La cautela è d'obbligo. Sebbene la scomposizione della componente core lasci presagire che anche i prezzi dei servizi abbiano imboccato una tendenza al ribasso, riteniamo improbabile che il processo si svilupperà in modo lineare. Al contrario, tre sono le ragioni per cui ci attendiamo un andamento irregolare, e potenzialmente un rimbalzo:
1) Non è ancora chiaro se la disinflazione sulla componente dei servizi legati al settore residenziale (shelter) sia iniziata. Il nostro scenario centrale ipotizza un calo degli affitti, reali e figurativi; l’accelerazione di aprile non è sorprendente, dal momento che segue il calo eccessivo di marzo. Tuttavia, si intravede un percorso di allentamento delle pressioni sui prezzi rispetto ai robusti tassi di crescita registrati dalla seconda metà del 2022 (in area 0,7-0,8% su base mensile), in linea con la tendenza al ribasso suggerita da alcune misurazioni di fonte privata. È bene però tenere presente che in passato l’inflazione su questa componente ha di gran lunga superato le stime del modello; quindi, servono ulteriori evidenze prima di concludere che il nostro scenario centrale si sta finalmente materializzando;
2) Continuiamo a prevedere un blando allentamento delle pressioni sui prezzi dei servizi core non connessi alle abitazioni. Tuttavia, ulteriori cali importanti delle tariffe aeree e alberghiere, al pari di quelli registrati in aprile, sono improbabili, e non si possono anzi escludere rincari nel mese di maggio. In coerenza con le indicazioni provenienti dai dati sui salari rettificati per la composizione della forza lavoro, ci aspettiamo che questa dinamica possa consolidarsi verso la fine dell'anno, entrando nel 2024. Se il mercato del lavoro dovesse tenere più del previsto, non si può escludere che l’inflazione sui servizi non abitativi possa rivelarsi più vischiosa del previsto;
3) la dinamica dei prezzi dei beni core rimane vincolata alla volatilità dei prezzi delle auto usate. I livelli elevati delle scorte, la normalizzazione delle tensioni lungo la catena di approvvigionamento globale (come suggerito dal Global Supply Chain Pressures Index prodotto della Fed di New York) e la lieve recessione che ci attendiamo nel secondo semestre dovrebbero spingere i prezzi dei beni core al ribasso. Tuttavia, nel breve termine si evidenziano rischi al rialzo per la dinamica dei prezzi delle auto usate.
Lo scenario base di ANIMA. Ci aspettiamo che l'inflazione headline/core si attesti in media al 4,0%/5,2% su base annua nel secondo trimestre del 2023, 3,1%/4,2% nel terzo e 2,4%/3,4% nel quarto, coerenti con un tasso annuo del 3,8%/4,6% (la stima precedente era 4,0%/4,4%).
Area Euro – La discesa è ancora lontana
Ad aprile, il dato headline è risalito marginalmente. I prezzi dell'energia e dei beni alimentari freschi sono scesi il mese scorso, probabilmente grazie ai minori costi di produzione e al miglioramento delle condizioni di approvvigionamento. Tuttavia, nuovi aumenti si sono registrati sui prezzi dei beni alimentari trasformati, a dimostrazione del fatto che il calo delle quotazioni delle materie prime energetiche e agricole si sta propagando lungo la catena del valore con forti ritardi. Anche i prezzi dell'energia sono scesi meno del previsto, complice la permanenza delle tariffe finali di gas ed elettricità su livelli elevati. Un caso particolare è stato quello dell'Italia, dove la rilevazione preliminare dell’inflazione sul gas ha registrato un'impennata mentre l’indice sull’energia elettrica è sceso in misura significativamente inferiore rispetto al calo dei prezzi delle utenze regolamentate.
Si registra una perdita di slancio dei prezzi dei beni core, determinata principalmente dalla componente dei beni non energetici, che ad aprile ha registrato aumenti di prezzo inferiori rispetto all'anno precedente. Opposta la dinamica dei prezzi dei servizi, che hanno continuato a mostrare una solidità di fondo, accelerando rispetto a marzo.
Nel complesso, i segnali preliminari di disinflazione continuano a essere molto meno convincenti e confortanti di quelli emersi negli Stati Uniti, e sostengono il nostro scenario centrale secondo il quale il percorso di rientro dell’inflazione in Area Euro sarà più lento, poiché le pressioni sottostanti rimangono elevate.
Lo scenario base di ANIMA. Ci aspettiamo che l'inflazione headline/core si attesti in media al 6,3%/5,4% su base annua nel secondo trimestre del 2023, 4,8%/5,1% nel terzo e 2,8%/3,6% nel quarto, coerenti con un tasso annuo del 5,4%/4,9%.
Cina – Dal calo dell’inflazione headline al rimbalzo dell’indice core
L'inflazione continua a sorprendere al ribasso, poiché il marcato effetto base negativo sui prodotti alimentari e il calo dei prezzi delle materie prime hanno più che compensato le pressioni al rialzo sui prezzi dei servizi. Nello specifico, dopo aver sorpreso al ribasso nel primo trimestre, l'inflazione ha continuato a decelerare all'inizio del secondo trimestre, a causa della totale assenza di pressioni sui prezzi della carne di maiale. Inoltre, i prezzi dell'energia sono rimasti fermi da ottobre a causa del raffreddamento dell’economia globale e degli effetti base negativi.
L'inflazione core, al contrario, si è dimostrata più resiliente grazie al contributo positivo dei prezzi dei servizi, con la ripresa delle attività turistiche per le vacanze.
I prezzi alla produzione si sono spinti ulteriormente in territorio deflazionistico all'inizio del secondo trimestre, a causa della persistente debolezza dei beni di consumo, soprattutto durevoli. In ottica prospettica, ci aspettiamo che i prezzi alla produzione si indeboliscano ulteriormente a causa del raffreddamento della crescita globale e del commercio con l’estero, ma i minimi non sono lontani.
Lo scenario base di ANIMA. La ripresa non sincronizzata di domanda e offerta ha limitato le pressioni sui prezzi finora, ma continuiamo ad aspettarci che l’inflazione registri un punto di flesso nel secondo trimestre e riprenda gradualmente quota nella seconda parte dell’anno. Tuttavia, poiché i prezzi al consumo hanno sorpreso costantemente al ribasso nel corso del primo e all'inizio del secondo trimestre, abbiamo rivisto al ribasso il profilo per l’anno in corso, in questi termini: 0,4% su base annua nel secondo trimestre, 1,0% nel terzo e 1,7% nel quarto, coerenti con una media annua dell’1,1%, dal precedente 1,3%.
NOTA: Approfondimento presentato in occasione dell’ultimo Comitato Investimenti, tenutosi il 22/24 maggio 2023