Cime tempestose
Dal punto di vista macroeconomico, diversi picchi si profilano all'orizzonte: molti sembrano vicini, ma non sono ancora stati raggiunti. Probabilmente la crescita globale raggiungerà il picco nel primo semestre, dato che le conseguenze delle tensioni geopolitiche e il colpo di coda dalla pandemia gettano un'ombra sulle prospettive di Area Euro e Cina. Una recessione globale sembra però improbabile nel corso dell'anno: negli Stati Uniti la crescita si conferma robusta grazie a una domanda interna resiliente nonostante l'inflazione elevata, mentre in Cina il rallentamento indotto dalla lotta contro il COVID non dovrebbe durare a lungo.
Ipotizzando che le criticità sul fronte dell'offerta e l'impennata dei prezzi di materie prime energetiche e beni alimentari provocata dalla guerra non persistano o si intensifichino ulteriormente, continuiamo ad aspettarci che l'inflazione headline inizi a scendere nel secondo trimestre nei paesi sviluppati. Le prospettive per l'inflazione core sono invece più incerte: l'incremento maggiore del previsto registrato nel mese di aprile introduce rischi al rialzo per le nostre previsioni. In Cina, infine, le pressioni sui prezzi restano modeste, benché in lieve aumento.
Manteniamo la convinzione che il trend di inasprimento della retorica delle banche centrali raggiungerà il picco tra la fine del secondo trimestre e l'inizio del terzo. Evidenze preliminari sono emerse in occasione dell'ultima riunione della FOMC. Nel contempo, la BCE è apparsa perfino più aggressiva di quanto avevamo previsto, il che suggerisce che il Consiglio sia pronto ad azzardare un'espansione della funzione di reazione. Tuttavia, far leva sull'inflazione core elevata per giustificare un rialzo dei tassi in questa fase sembra una scelta singolare, per non dire pericolosa.
In coerenza con il nostro scenario macro centrale, restiamo dell'avviso che sia la Fed che la BCE consegneranno una stretta meno aggressiva di quella scontata dai mercati. Quanto alla Cina, nel secondo trimestre la PBoC dovrebbe potenziare ulteriormente gli stimoli, visti i rischi per la crescita in aumento e l'inflazione gestibile.
MACRO ASSET ALLOCATION
In questo contesto, la nostra allocazione macro resta invariata:
1) I tassi reali dovrebbero continuare a oscillare in territorio positivo nel secondo trimestre, ma senza andare fuori controllo. Perderanno slancio entrando nel terzo trimestre, quando le banche centrali ammorbidiranno i toni (pur mantenendo un orientamento restrittivo) a fronte del ridimensionamento dei rischi di una spirale prezzi-salari.
2) Manteniamo un SOTTOPESO tattico sull'azionario globale. Dopo le dichiarazioni aggressive della Fed, il mercato sta ancora prezzando un hard landing, come avevamo previsto. Restiamo però dell'idea che la correzione in atto sia una vera e propria riconsiderazione delle valutazioni azionarie alla luce del nuovo contesto di tassi reali positivi, non l'inizio di un bear market prolungato. Se le insidie per la crescita rappresentate dal Covid e dalla guerra saranno lette come indicative dell'evoluzione del quadro macro, e le banche centrali risponderanno al calo dell'inflazione nel secondo semestre (come ipotizzato nel nostro scenario base), i mercati azionari dovrebbero prezzare un rallentamento meno drastico (soft landing) e recuperare terreno nel terzo trimestre.
3) I tassi nominali sono prossimi al picco, di pari passo con l'aggressività delle banche centrali. Confermiamo quindi l'indicazione di SOVRAPPESO, pur continuando a raccomandare di rallentare la fase di accumulazione di posizioni, soprattutto in Area Euro, in vista della riunione della BCE di giugno.
4) Sul fronte valutario, infine, manteniamo un giudizio tatticamente neutrale, ma strategicamente negativo sul dollaro.
Crescita – Il meglio è alle spalle, ma la recessione non è così vicina
Stati Uniti – Spinta interna, ostacoli esterni
Nel primo trimestre il PIL si è contratto (-1,4% su base trimestrale annualizzata) a causa di un inatteso aumento delle importazioni e delle scorte. Le esportazioni nette hanno sottratto alla crescita 3,2 punti percentuali, con un incremento delle importazioni del 18% rispetto al trimestre precedente e un calo delle esportazioni del 6,0%. Il primo è ascrivibile probabilmente all'accumulo preventivo di scorte di input produttivi a fronte della persistenza di colli di bottiglia importanti lungo le filiere, mentre la flessione dell'export si deve all'indebolimento della domanda estera.
La domanda interna resta però sostenuta. Gli investimenti non residenziali hanno registrato un rimbalzo dopo la stabilità osservata nel secondo semestre del 2021, mentre la spesa per consumi è aumentata del 2,7%, con le famiglie che continuano a dirottare risorse dai beni ai servizi grazie al calo dei rischi di contagio. Riteniamo che questo trend sia destinato a consolidarsi nei prossimi trimestri.
I dati più recenti indicano che la spesa per consumi registrerà un nuovo deciso aumento nel secondo trimestre. L'ultima revisione annuale delle stime ha modificato in modo significativo la traiettoria mensile delle vendite al dettaglio e parte della volatilità contenuta nelle stime preliminari è venuta meno: la forte crescita che era stata riportata a gennaio si è distribuita in realtà fra febbraio e marzo, il che sposta meccanicamente la crescita dal primo al secondo trimestre.
Il mercato del lavoro continua a rappresentare un fattore di supporto per i consumi. Il numero degli occupati non agricoli è salito di 428 mila unità, oltre le stime di consenso e in linea con il dato rivisto di marzo, grazie soprattutto a un nuovo, consistente aumento mensile nel settore dei servizi (+340 mila). Questi numeri continuano a dipingere un trend di solido miglioramento del reddito delle famiglie, che a sua volta dovrebbe aiutare a combattere l'erosione del potere d'acquisto derivante dal rialzo dei prezzi.
Cresce anche l'ottimismo. La fiducia dei consumatori è rimbalzata dopo le flessioni di febbraio e marzo, e le valutazioni più recenti sull'andamento del reddito personale confermano che l'incremento del reddito da lavoro compensa discretamente le pressioni rialziste sui prezzi al consumo di generi alimentari ed energia.
Infatti, i risparmi in eccesso accumulati durante la pandemia sono stati utilizzati solo in minima parte per finanziare i consumi a fronte dell'aumento dei prezzi, sicuramente meno di quanto avvenuto in Area Euro. Questo vale anche per i cittadini statunitensi a basso reddito, come indicano due dati: (a) coloro che si collocano nei tre quintili inferiori della scala del reddito detengono circa il 15% dei 2500 miliardi di dollari di risparmi in eccesso accumulati durante la pandemia; (b) per gran parte dei lavoratori peggio retribuiti, la crescita salariale in termini reali si mantiene comunque in territorio positivo.
L'andamento della fiducia delle imprese rinforza il messaggio costruttivo. E non solo i PMI, ma anche gli indici ISM, benché in aprile siano risultati marginalmente inferiori alle attese. Infatti, nonostante gli indicatori sintetici su manifatturiero e servizi abbiano evidenziato un'espansione più moderata (con cali rispettivamente di 1,7 e 1,2 punti), le componenti relative a tempi di consegna dei fornitori, prezzi dei fattori produttivi e nuovi ordini di esportazione segnalano una buona tenuta di produzione e ordinativi, malgrado i colli di bottiglia sul fronte dell'offerta e la diminuzione della domanda estera.
In questo contesto, il nostro scenario di base per la crescita resta invariato. Con la domanda interna ancora piuttosto solida e il freno costituito da scambi commerciali e scorte destinato a svanire nei prossimi mesi, ci aspettiamo che il PIL si espanda a un ritmo del 3,7% nel secondo trimestre e 3,5% nel terzo, coerenti con un dato di crescita annua al 2,9% per l'anno in corso.
Area Euro – Sul filo del rasoio
Inizio d'anno in sordina. Nel primo trimestre il PIL dell'Area Euro è salito dello 0,2%, raggiungendo un livello lievemente superiore a quello di fine 2019. Se si analizza la ripartizione della crescita, si osserva che due forze tendono in larga misura a compensarsi. Da una parte, il settore dei servizi ha risentito delle nuove ondate di COVID, Delta a novembre (con effetti di trascinamento nei mesi successivi) e Omicron fra dicembre e gennaio. Dall'altra, la guerra in Ucraina ha sollevato ulteriori criticità. Questi sviluppi hanno provocato una contrazione dei consumi, mentre gli investimenti hanno tenuto.
Avrebbe potuto andare peggio. Se la crescita non fosse stata straordinariamente robusta in alcuni paesi minori, nel primo trimestre il PIL dell'Area Euro sarebbe anche potuto scendere. Infatti, l'espansione è stata pressoché nulla nei quattro paesi maggiori, mentre le economie più piccole hanno avuto dinamiche più costruttive; i numeri migliori si spiegano però in primis con la debolezza innescata dalla pandemia nel quarto trimestre, il che significa che gli effetti base positivi verranno probabilmente meno nel secondo trimestre.
Le prospettive per il breve e medio termine restano fosche. La prima fase del secondo trimestre è stata segnata dal recupero dopo le criticità provocate dalla pandemia, ma la strada è irta di ostacoli. Mentre infatti la fiducia delle imprese operanti nel settore dei servizi segnala un momentum discreto per la domanda interna, l'inflazione elevata rischia di intaccare i consumi: gli stipendi nominali sono ancora vicini ai minimi storici, e costringono le famiglie a bruciare i risparmi extra accumulati durante la pandemia per effettuare gli acquisti desiderati.
Le famiglie continueranno a spendere fino a quando disporranno di risparmi addizionali e/o il mercato del lavoro resterà in condizioni di solidità. Ma l'esaurimento dei risparmi è una questione di tempo, mentre per quanto riguarda le prospettive di assunzione si notano già i primi segnali di preoccupazione tra consumatori e imprese.
Aumentano inoltre i rischi al ribasso dal lato dell'offerta. Nello stesso tempo, i prezzi elevati dell'energia e le nuove strozzature lungo le filiere provocate dal conflitto in Ucraina e dai lockdown in Cina peseranno su alcuni comparti del settore industriale, mentre l'incertezza potrebbe frenare gli investimenti delle imprese.
La recrudescenza della pandemia mina la domanda estera. Come se non bastasse, il rallentamento della Cina comporta rischi al ribasso anche per la crescita dell'Area Euro, tramite il canale della domanda estera: la Cina è uno dei principali partner commerciali della regione, dal momento che rappresenta l'8% del totale delle esportazioni e l'1,5% del PIL dell'area. Questo potrebbe essere un problema serio: una decelerazione dell'export guidata dalla Cina potrebbe colpire la crescita europea in modo sproporzionato, soprattutto se nel secondo trimestre le importazioni continuassero ad aumentare come è successo alla fine del primo trimestre del 2021.
In questo contesto, il nostro scenario base è invariato. Dal momento che abbiamo già fattorizzato gran parte di questi rischi subito dopo lo scoppio della guerra in Ucraina, le nostre previsioni restano inalterate: ci aspettiamo un tasso di crescita del PIL nuovamente vicino a zero nel secondo trimestre (0,1%), seguito da un modesto miglioramento nel terzo trimestre (+0,3%), sulla scorta del completamento del processo di riapertura. Il 2022 dovrebbe chiudersi con un'espansione complessiva del PIL pari al 2,2%.
Tuttavia, i rischi sono decisamente orientati al ribasso. Oltre a quelli già citati, l'interruzione delle forniture di gas russo potrebbe condizionare pesantemente l'economia della regione. Il Consiglio di Esperti Economici della Germania stima una deviazione rispetto alla previsione centrale sul PIL compresa fra l'1,4 e il 3%, mentre la Bundesbank propende per una flessione vicina al limite superiore di questo range. In aggregato, l'effetto depressivo per il PIL dell'Area Euro potrebbe arrivare al 4%.
Le brutte notizie non sono ancora diventate buone notizie. Con ogni probabilità, l'UE proporrà un blocco alle importazioni di greggio e prodotti petroliferi raffinati dalla Russia entro il 2022. Cresce quindi la probabilità che si raggiunga l'accordo per una risposta coordinata sul fronte monetario e fiscale. Tuttavia, ad oggi i segnali in questa direzione sono ancora scarsi, e sicuramente non sufficienti per indurci a includere questa prospettiva nel nostro scenario centrale.
Cina – La pandemia colpisce ancora
In aprile la domanda interna ha subito un duro colpo. Probabilmente nel mese di aprile la produzione industriale ha rallentato fin sotto l'1% in termini di variazione annua (rispetto al 5,0% precedente), mentre le vendite al dettaglio sono crollate a causa dei colli di bottiglia nella logistica e dei severi lockdown imposti in diverse città, tra cui Shanghai, e intere province (Jilin).
Il numero dei contagi ha iniziato a scendere in modo più consistente a maggio rispetto al picco di quasi 30.000 casi registrato in aprile. Tuttavia, 12.000 nuovi casi al giorno sono più che sufficienti per mantenere politiche anti COVID molto rigide, il che significa che le restrizioni resteranno importanti anche nelle prossime settimane.
Evidenze preliminari sui dati di mobilità a Shanghai suggeriscono che i disagi lungo le catene produttive persisteranno fino alla fine di maggio. Ad oggi, meno del 70% delle società inserite nella cosiddetta white list ha ripreso la produzione. Pertanto, nel mese di maggio ci aspettiamo solo un lieve ridimensionamento delle disruptions osservate in aprile e modesti progressi sequenziali; a giugno, invece, l'attività dovrebbe iniziare a normalizzarsi.
La politica di tolleranza-zero contro il COVID è destinata a permanere. Per il futuro, non si possono escludere ulteriori criticità legate alla pandemia, dal momento che l'ultima riunione del Politburo ha segnalato che la Cina continuerà a rispettare in modo rigoroso la politica di tolleranza-zero contro il COVID. Non ci aspettiamo sostanziali deviazioni rispetto a questa linea, almeno per gran parte dell'anno in corso; tuttavia, visti i rischi per la crescita, le autorità potrebbero apportare piccole modifiche alle misure adottate e ridurre le restrizioni più severe su logistica e produzione, sulla falsa riga di quanto fatto a Pechino, dove sono stati istituiti test periodici per evitare lockdown simili a quelli imposti a Shanghai (la cosiddetta strategia zero-COVID dinamica). Nel complesso, ci aspettiamo che la rigida applicazione delle politiche anti COVID rappresenterà il freno principale per la crescita cinese nel 2022, con la dinamica dei consumi che resterà deludente nei prossimi trimestri.
Gli stimoli fiscali sono destinati ad essere potenziati, dal momento che le autorità sembrano sempre più propense a tollerare un incremento del deficit quest'anno. A nostro avviso, Pechino non ha scelta: dopo il lockdown di Shanghai, può solo rafforzare o prolungare gli stimoli fiscali per centrare il target di PIL prefissato. Ci aspettiamo misure di supporto per circa l'1% del PIL, distribuite nei prossimi trimestri, con un incremento degli investimenti in capitale fisso (+10% su base annua nel 2022), il lancio di nuovi progetti infrastrutturali e un rilassamento delle normative nei settori più duramente colpiti dalla pandemia (in particolare per le piccole e medie imprese).
Quanto al settore immobiliare, riteniamo che le autorità continueranno ad allentare le politiche e normalizzare la regolamentazione, in linea con l'esito dell'ultima riunione del Politburo, al fine di favorire il credito. Oltre 60 città hanno già rivisto i criteri per l'acquisto di abitazioni e il trend ribassista in atto nel settore dovrebbe gradualmente stabilizzarsi verso la fine del secondo trimestre.
L'indebolimento dello yuan dovrebbe permettere al commercio con l'estero di offrire un contributo alla crescita più consistente del previsto nei prossimi trimestri. Nel mese di aprile, il commercio estero è rallentato: i nuovi ordini di esportazioni hanno evidenziato una netta flessione a causa dei problemi logistici legati al COVID (nel porto di Shanghai, la movimentazione giornaliera di container si è ridotta del 19% rispetto all'anno scorso). Le importazioni, al contrario, sono rimaste invariate, principalmente per l'ingresso di volumi superiori al previsto di petrolio, carbone e acciaio (il Governo spinge per accumulare scorte di materie prime). Per il futuro, le autorità dovrebbero consentire un'ulteriore, lieve svalutazione del Renminbi rispetto al dollaro statunitense, al fine di compensare il rallentamento del commercio con l'estero provocato dagli effetti base negativi.
In questo contesto, abbiamo rivisto al ribasso le nostre stime sulla crescita cinese nel secondo trimestre, dal 5,4% al 4,0% su base annua (da 0,5% a 0,2% su base trimestrale), ma ci attendiamo un rimbalzo sequenziale del 7,0% nel terzo trimestre (+1,0% t/t), grazie alla fine dei lockdown in varie province e agli effetti positivi delle misure fiscali che sosterranno l'attività economica nel settore manifatturiero, nelle costruzioni, nei servizi e negli scambi con l'estero. Confermiamo pertanto il nostro scenario base, che vede una crescita al 5,0% nell'anno in corso.
Inflazione - Vicina al picco, con qualche “ma" sul tasso core
USA – Inflazione headline in linea con le attese, sorprese sul fronte core
Nel mese di aprile, l'inflazione complessiva misurata dall'indice dei prezzi al consumo è scesa, in linea con le attese. La flessione si deve in primis ai prezzi dell'energia, mentre l'inflazione sulla componente dei generi alimentari è rimasta solida. In particolare, i prezzi al consumo dell'energia sono scesi del 2,7% su base mensile, principalmente grazie al calo della benzina, che a marzo avevano registrato un'impennata. Nel settore alimentare, invece, l'inflazione è rimasta elevata: +0,9% su base mensile e +9,4% rispetto a un anno fa, con i prezzi dei pasti consumati a casa in rialzo dell'1,0% rispetto a marzo, e quelli dei pasti fuori casa in aumento del 7,2% (dal +6,9% di marzo).
L'inflazione core si è rivelata più robusta del previsto. I prezzi dei servizi core sono saliti dello 0,7% su base mensile (+4,7% su base annua), sulla scia dei rincari di tariffe aeree e affitti. Il costo dei biglietti aerei, in particolare, è aumentato inaspettatamente del 18,6% rispetto a marzo, con un contributo di 0,12 punti percentuali al dato core complessivo. L'inflazione sulla componente affitti/abitazioni è salita dello 0,5% rispetto al mese precedente. Affitti e affitti figurativi sono aumentati rispettivamente dello 0,6% e 0,5% (entrambi su ritmi più sostenuti rispetto a marzo), mentre i costi per soggiornare fuori casa sono saliti per il terzo mese consecutivo (+1,7%). Questa categoria ha superato il trend pre-pandemico ormai da qualche tempo, probabilmente in virtù di una domanda solida e di un'offerta limitata.
L'inflazione core sui beni è diminuita meno del previsto. L'indice è salito dello 0,2% rispetto al mese scorso (9,7% in termini annui), dopo aver registrato un calo dello 0,4% a marzo; il rimbalzo si deve all'accelerazione dei prezzi dei veicoli nuovi, saliti dell'1,1% dopo due mesi di debolezza. Ma mentre i rincari sulle auto nuove sono riconducibili a fattori tecnici, la moderazione della deflazione sull'usato è più preoccupante e suggerisce possibili pressioni al rialzo per questa categoria nel breve termine.
Nel complesso, i dati di aprile confermano la nostra view che gli effetti base favorevoli dovrebbero spingere al ribasso sia l'inflazione headline che l'inflazione core nel secondo trimestre. Nello stesso tempo, però, segnalano rischi al rialzo per le nostre stime del tasso core. Con l'inflazione sugli alloggi che ha già recuperato il trend pre-COVID, il rischio è che il momentum persista, complici la solidità del reddito delle famiglie, la forza del mercato del lavoro e lo storno più modesto del previsto dei prezzi delle auto usate (nella prima settimana di maggio, i prezzi non destagionalizzati delle auto usate hanno evidenziato un trend rialzista, il che sembra ridurre la probabilità di una flessione nei prossimi mesi).
Area Euro – Preoccupazione per l'inflazione core
Picco in vista. Nel mese di aprile l'inflazione headline è rimasta invariata al 7,5%. Si tratta di un livello record, ma è la prima volta da giugno dell'anno scorso che il tasso non aumenta.
All'interno del paniere di componenti volatili, le dinamiche sono state miste. L'inflazione sull'energia è scesa di 6 punti percentuali raggiungendo il 38%, per il calo del prezzo del petrolio e gli interventi dei Governi, ma l'inflazione sui generi alimentari è salita di 1,4 punti percentuali al 6,4%, soprattutto a causa dell'aumento dei prezzi degli alimenti non trasformati (dal 7,8% di marzo al 9,2% di aprile).
Continuiamo ad aspettarci che l'inflazione headline inizi a rallentare nel secondo trimestre. La discesa sarà legata soprattutto al ribasso dei prezzi del petrolio rispetto ai picchi registrati dopo lo scoppio della guerra in Ucraina, ma anche alle misure fiscali recentemente annunciate (i Governi stanno intervenendo direttamente per calmierare i prezzi dell'energia, invece che utilizzare i trasferimenti fiscali come fatto in precedenza).
Nel frattempo, le pressioni sull'inflazione core continuano ad allargarsi. In aprile l'inflazione core, che esclude generi alimentari, alcolici, tabacco ed energia, è salita di 0,6 punti percentuali al 3,5%, il livello più elevato di sempre. L'aumento ha interessato più o meno uniformemente gli articoli commerciabili e quelli non commerciabili. L'inflazione sui servizi è cresciuta di 0,6% raggiungendo quota 3,3%, mentre i prezzi dei beni industriali (energia esclusa) sono saliti di 0,4% al 3,8% su base annua.
La forte accelerazione dell'inflazione core segue i dati deludenti di marzo. Questa dinamica suggerisce che i prezzi stavano salendo grazie all'allentamento delle restrizioni sociali dopo l'ondata di Omicron e alla domanda stagionalmente forte del periodo pasquale.
A conferma del messaggio emerso dai sondaggi realizzati fra le imprese dell'Area Euro, anche in aprile le pressioni sul fronte dei costi sono state trasferite ai prezzi al consumo. Inoltre, la recente svalutazione della moneta unica (soprattutto nei confronti del dollaro) potrebbe intensificare le pressioni inflazionistiche sottostanti.
Per il momento, ci attendiamo che il momentum sui prezzi innescato dai costi continui a plasmare la dinamica dell'inflazione core nel secondo e forse anche terzo trimestre. Il drastico peggioramento della fiducia dei consumatori europei, un segnale di rallentamento della domanda per consumi, non ha ancora impattato in modo significativo sull'andamento dell'indice armonizzato dei prezzi al consumo. Pertanto, un ritorno dell'inflazione core dell'Area Euro sotto il 3,0% entro fine anno sembra sempre più difficile.
Cina – Guidano le componenti volatili, ma le pressioni interne sono sotto controllo
In aprile l'inflazione è salita oltre le attese. La variazione annua dell'indice dei prezzi al consumo è passata da 1,5% a 2,1% per i rincari sui prezzi del cibo e gli interventi finalizzati al ripristino delle scorte esaurite a causa delle restrizioni anti COVID molto severe; nello stesso tempo, però, l'inflazione core è scesa da 1,1% a 0,9%, in scia a una domanda interna molto debole.
Si allentano le pressioni sui prezzi a monte. Come ci aspettavamo, l'indice dei prezzi alla produzione ha registrato una variazione su base annua in calo, dall'8,3% di marzo all'8,0% di aprile, in virtù di effetti base negativi e di aumenti dei prezzi più contenuti nel settore manifatturiero.
Nel complesso, le pressioni inflazionistiche dovrebbero rimanere limitate: l'inflazione core resterà depressa dalla spesa esigua delle famiglie, e i prezzi alla produzione hanno imboccato un trend ribassista. L'indice headline dovrebbe accelerare meccanicamente verso 2,5% fra maggio e giugno, complici gli effetti base positivi innescati dall'impennata dei prezzi della carne di maiale, e successivamente raggiungere 2,7% nel terzo trimestre e 2,9% nel quarto (il dato relativo al 2022 dovrebbe attestarsi al 2,3%).
NOTA: Approfondimento presentato in occasione dell'ultimo Comitato Investimenti, tenutosi il 17/19 maggio 2022