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Nelle ultime sedute di borsa il mercato azionario statunitense si è riportato nuovamente vicino ai massimi di sempre registrati ad inizio anno. Il rimbalzo è stato guidato prevalentemente dai settori definiti in gergo Growth, cioè quelli caratterizzati da prospettive di crescita più elevate e quindi spesso scambiati a multipli di mercato maggiori.

​​Dai minimi toccati dallo S&P 500 a metà marzo ad oggi, settori come Electric Vehicles, Semiconduttori, Tecnologia, Software, e Media & Entertainment hanno messo a segno performance a doppia cifra. Ciò che rende questo rally del Growth alquanto interessante è che sta avvenendo nonostante i tassi di rendimento dei Treasury Inflation-Protected Securities [1] abbiano ripreso anch’essi a salire. Questa combinazione è piuttosto inusuale nei mercati azionari. Infatti, lo stile Growth ha storicamente sovraperformato le strategie definite Value, cioè quelle che puntano su società che scambiano a prezzi giudicati inferiori al loro valore intrinseco, soltanto in concomitanza di rendimenti reali decrescenti. Proprio per questo, molti operatori finanziari hanno sentenziato che Growth contro Value è soltanto un macro-trade. Noi non la pensiamo così. 


Abbiamo anzi sempre creduto che la sovraperformance del Growth sia principalmente dovuta alla capacità di tali aziende di rafforzare costantemente i propri fondamentali ed attuare generose politiche di ritorno agli azionisti tramite crescita dei dividendi e importanti piani di Buybacks. Certo i rendimenti reali bassi hanno aiutato i loro corso azionari, ma non sono stati l’unico driver della performance complessiva dello stile. Crediamo quindi opportuno operare una netta distinzione all’interno dell’ampio universo Growth statunitense tra società profittevoli e con grande liquidità nel bilancio, e società non-profittevoli. 


A partire dal 2020 le prime sono salite del 33% per anno, le seconde del 31%. La miglior performance è stata ottenuta anche con un minor grade di volatilità e soprattutto con correzioni meno brusche (Figura 1).



Figura 1. Andamento delle società profittevoli e non-profittevoli all’interno del Growth

 
Fonte: Bloomberg, ANIMA Research


Osservando più attentamente il grafico sopra, vediamo che i due indici si sono mossi abbastanza in linea fino al febbraio 2020. Poi, durante la correzione azionaria dovuta alla prima ondata pandemica del Covid, le società profittevoli hanno limitato le proprie perdite rispetto alle società non redditizie. Successivamente, grazie all’importante intervento della Fed, il mercato azionario complessivo è rimbalzato ed il continuo calo dei tassi reali ha innescato una performance stellare del comparto non-profittevole che è durata fino a febbraio 2021. Poi il primo grande sell-off in TIPS (Treasury Inflation-Protected Securities) ed il successivo andamento alternante dei tassi reali ha posto fine alla corsa di queste società, mentre quelle profittevoli hanno continuato a registrare ottime performance, incrementando il loro valore di un altro 40%.
Noi crediamo che la performance migliore, e soprattutto costante nel tempo, dei titoli Growth profittevoli sia il frutto dei propri fondamentali, che offrono un supporto solido a queste aziende nei periodi più turbolenti e le rende meno legate ai movimenti dei tassi reali. A conferma di questo, dal 9 novembre 2021, quando il rendimento reale ha ripreso a salire dai minimi di sempre, e con nel mezzo la crisi tra Ucraina e Russia, le società profittevoli hanno perso il 20%, mentre quelle non redditizie sono affondate, perdendo sino al 60%.

La storia ci insegna quindi due importanti lezioni:
  • È ancora remunerativo essere selettivamente lunghi Growth quando i rendimenti reali salgono
  • Ci si può permettere di credere a vane prospettive di poter generare flussi di cassa in futuro solo quando i rendimenti reali scendo. Altrimenti quando i tassi reali salgono, bisogna fidarsi (e comprare) solo quelle società aventi fondamentali solidi.
  • Caveat: ogni scostamento a tale regola non è destinato a perdurare.



[1] Treasury Inflation-Protected Securities (TIPS): Titoli di stato emessi dal Tesoro americano ed indicizzati all'inflazione. I rendimenti di tali titoli di debito vengono definiti rendimenti reali, per contraddistinguerli dai rendimenti, invece detti nominali, dei Treasuries americani non indicizzati.

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