La BCE bussa sempre due volte

Fabio Fois

Responsabile Investment Research & Advisory

08.06.2020

La BCE bussa sempre due volte

Dopo aver sorpreso positivamente i mercati nell’ultima riunione del Consiglio Direttivo, è molto probabile che sia la retorica che l’azione di politica monetaria della BCE diventeranno ancora più accomodanti entro la fine dell’anno.

​​​​​​Puntuale come le tasse, Philip Lane, membro del Comitato E​secutivo della BCE, è tornato venerdì scorso sulle decisioni prese il giorno precedente dal Consiglio Direttivo della BCE.

 

Due punti analizzati da Lane sono particolarmente interessanti:

 

1) Le motivazioni che hanno convinto la BCE ad aumentare lo stimolo monetario sono due. Il rischio che lo shock Covid-19 possa influenzare negativamente l'andamento di medio termine dell'inflazione e la perdurante fragilità delle condizioni finanziarie.

 

Con riferimento al primo punto, è curioso che la BCE si affidi ad uno strumento temporaneo (PEPP) caratterizzato da una forward guidance estremamente vaga (“Il Consiglio direttivo effettuerà acquisti netti di asset sotto il programma PEPP fino a che riterrà conclusa la fase di cisi da Coronavirus)  per gestire un problema di medio termine (il raggiungimento del target di inflazione).

 

Verrebbe da chiedersi: cosa succederebbe se la crisi Covid-19 dovesse migliorare già nei prossimi mesi ma l'inflazione dovesse continuare a scendere come da attese della BCE stessa? Sarebbe sufficiente un aumento del 5y5y inflation breakeven (peraltro uno degli strumenti più inadatti per giudicare le pressioni inflazionistiche di medio periodo) per giustificare uno stop al programma PEPP? E quale sarebbe, a quel punto, l'impatto sulle condizioni finanziarie e, quindi, sulle stesse attese di inflazione di medio termine?

 

L'unico modo di uscire da questo potenziale stallo è quello di interpretare la forward guidance di PEPP nel modo più conservativo possibile. E cioè che la BCE stessa reputi che la “fase di crisi" sia terminata nel momento in cui il PIL dell'Area euro dovesse tornare sui livelli pre-crisi. Stando alle previsioni della BCE questo scenario non si verificherebbe prima di Q1/Q2 2023. Tutto questo lascia presagire che il programma PEPP ci accompagnerà ancora per molto, tanto nella sua componente attiva (di acquisti netti) che in quella passiva (di reinvestimenti) come discutiamo in dettaglio di seguito.

 

2) Sul tema dei reinvestimenti, Lane riprende la formulazione del comunicato stampa (riportata anche dalla Lagarde durante la conferenza stampa di giovedì 4) facendo, però, un piccolo ma significativo chiarimento: “Reinvestiremo le quote di capitale maturate acquistate sotto il programma PEPP fino almeno alla fine del 2022 (la fine del nostro attuale orizzonte di proiezione) e, in ogni caso, il futuro roll-off del portafoglio PEPP sarà gestito in modo da evitare interferenze con la politica monetaria".

L'aver voluto rimarcare che il 2022 è la fine dell'orizzonte temporale – cosa non fatta nel comunicato stampa ufficiale di giovedì 4 – è di particolare rilevanza. Considerato quanto le banche centrali, e la BCE in particolare, siano maniacali nel controllo della comunicazione scritta verrebbe da pensare che l'aggiunta di Lane suggerisca con ancora più determinazione che un'estensione della calendar part della forward guidance passiva di PEPP sia già nelle cose.   

 

Quali considerazioni possiamo fare?

Le ultime decisioni prese dalla BCE hanno una doppia valenza positiva:

 

1) Nel breve periodo, Francoforte ha sgombrato ogni dubbio sul fatto che continuerà a supportare economia reale e mercati finanziari. Gli investitori sapevano che la BCE sarebbe stata pronta a farlo ma, come si dice in questi casi, repetita iuvant. Assumendo che la BCE continui a comprare all'attuale ritmo mensile di EUR120bn, l'aumento di EUR600bn della potenza di fuoco del programma PEPP le permetterà di continuare la sua azione attiva di supporto fino alla fine del primo trimestre dell'anno prossimo. Assumendo, invece, uno scenario più in linea con le dichiarazioni della Lagarde in merito all'avvio accelerato degli acquisti del programma PEPP e dunque immaginando una riduzione a EUR80bn mensili da ottobre in poi, il supporto attivo del programma pandemico potrebbe continuare al massino fino a giugno 2021, in linea con l'attuale durata minima prevista per il programma stesso.

 

2) L'adagio latino del punto precedente si presta bene anche a descrivere la componente inattesa degli annunci di giovedì scorso. E cioè che la BCE si impegnerà a reinvestire il capitale rimborsato sui titoli in scadenza almeno fino a dicembre 2022. Con questa decisione la BCE ha iniziato a sgombrare il campo dal dubbio che la natura transitoria del programma PEPP fosse adeguata alla gravità della crisi ma non alla sua estensione temporale.

 

Oggi sappiamo che PEPP è un po' meno transitorio di quello che ci era stato presentato nella sua prima versione il 18 marzo. Questo ha aiutato a ridurre notevolmente il rischio di rollover connesso ai titoli emessi dai governi europei per far fronte alla crisi socio-economica innescata dal Covid-19. A questo proposito, le parole di Lane di venerdì suggeriscono che, quantomeno nelle intenzioni del Consiglio direttivo, i reinvestimenti potranno proseguire anche oltre il 2022, aumentando così le possibilità che il debito attualmente detenuto dalla BCE venga di fatto segmentato in una versione COVID-19 - destinata a rimanere a lungo sul bilancio della BCE - ed una versione non-COVID-19 - che potremmo definire marketable.  

 

3) Forward guidance, we have a problem. La gestione della forward guidance del programma PEPP merita un approfondimento ad hoc che tratteremo più in dettaglio in un post dedicato. Quello che possiamo dire oggi è questo: se la BCE non riporterà PEPP nuovamente nell'alveo degli strumenti aventi una funzione stabilizzatrice del mercato anziché reflattiva, a lungo andare potrebbe essere molto difficile farne un suo run-off senza impattare in modo negativo le condizioni finanziarie stesse.

 

E ora? Spazio per un approccio ancora più espansivo

 

È molto probabile che la BCE rivedrà ulteriormente a ribasso le aspettative di inflazione già nella riunione di settembre. In particolare quelle sulla componente core – che tanto sono importanti per determinare la convergenza verso il target di medio periodo dell'inflazione headline. Il probabile aggiustamento avverrà per tre motivi. Il primo è che le ultime previsioni pubblicate non incorporano l'effetto deflattivo della recente decisione presa dal governo tedesco di tagliare l'IVA di 3pp per sei mesi a partire dal 1 luglio. La seconda è che i prezzi fin qui imputati da Eurostat perché non direttamente rilevabili (quali ad esempio quelli per vacanze a pacchetto, biglietti aerei,  hotel ecc) saranno molto più bassi di quelli attualmente stimati. Il terzo è che la dinamica salariale rallenterà notevolmente, riducendo la pressione sui margini delle aziende. Rispetto a questo quadro, il probabile aumento di alcuni prezzi dovuti ad un irrigidimento delle condizioni di offerta (ad esempio nel settore della ristorazione) non sarà sufficiente a controbilanciare le spinte disinflazionistiche in essere.

 

A fronte di un'improbabile revisione al rialzo delle stime di crescita che sia sufficientemente forte da giustificare spinte inflazionistiche, è molto probabile che la retorica della BCE, quantomeno sul lato inflazione, diventerà ancora più accomodante (dovish). Pertanto un nuovo aumento di PEPP entro la fine dell'anno è molto probabile. Rimane invece un po' meno certo se la BCE deciderà o meno di comprare titoli High yield. Dopo la decisione di includere i falling angel (i titoli oggetto di downgrading) fra i collaterali accettati nelle operazioni di rifinanziamento, è possibile che la BCE prenda questa strada. Riteniamo però che prima di fare questo passo vorrà valutare la severità della recessione in Q2 e quali saranno i suoi potenziali effetti di trascinamento sul tessuto industriale. Pertanto, una decisione in questa direzione prima di settembre sembra improbabile a questo punto. Infine, una revisione dei tiering multipliers tra luglio e settembre sembrerebbe logica (e auspicabile) visto il continuo aumento del surplus di liquidità.





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