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04.01.2023

Parola d’ordine: moderazione

L’intervento aggressivo della BCE a dicembre ha riportato i mercati con i piedi per terra: la strada per una normalizzazione delle politiche monetarie, soprattutto in Area Euro, è ancora lunga. Per questo consigliamo un atteggiamento prudente sia sui mercati obbligazionari che su quelli azionari, pur monitorando con attenzione eventuali opportunità a livello settoriale o geografico, come quelle che si profilano in Cina



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Se quello appena chiuso è stato, per i mercati finanziari, un anno di eccezionale complessità, il 2023 si apre all'insegna di un concetto-chiave che potrebbe accompagnarci per diversi mesi a venire: quello di moderazione. A livello macro le attese restano quelle di un rallentamento della crescita e dell'inflazione ma in alcune regioni – come l'Europa – questo processo sembra preannunciarsi meno rapido e lineare. Le Banche centrali sembrano decise a non rinunciare alla linea hawkish prima di aver colto successi significativi nella lotta all'inflazione: dopo il rally di metà autunno, che aveva portato un po' di sollievo agli investitori, l'intervento aggressivo della BCE nel meeting di dicembre ha costretto i mercati a rivedere le previsioni sul ciclo di rialzi dei tassi e ci ha indotti ad adottare un approccio tatticamente più prudente nell'orientamento dei portafogli. Il primo trimestre potrebbe porre diverse sfide, che non escludono però la possibilità di cogliere opportunità a livello geografico o settoriale. La view a breve termine è cauta per quanto riguarda i bond dell'Area Euro e l'azionario, fatta eccezione per Cina e Paesi emergenti, mentre resta neutrale sui Treasury e sul debito emergente in valuta forte. Del resto, così come durante il recupero dei mercati di novembre era necessario evitare entusiasmi troppo facili, oggi è consigliabile non offrire visioni negative eccessivamente forti: la visibilità a breve è limitata e la via migliore da seguire, per ora, è quella mediana.

 


Crescita. Il 2023 si preannuncia come un anno segnato da crescita debole, inflazione in calo e Banche centrali riluttanti ad adottare un approccio più morbido.

 

Negli Stati Uniti diversi fattori segnalano la perdurante solidità della domanda interna, dall'aumento della spesa personale in termini reali (il maggiore da gennaio) alla crescita della fiducia delle imprese di servizi a novembre, superiore alle attese. Tuttavia, le nubi all'orizzonte si addensano: il numero dei licenziamenti è in forte ascesa e il deficit commerciale si è ampliato in modo sostanziale a ottobre per il duplice contributo del calo delle esportazioni e dell'aumento delle importazioni.

 

In Area Euro si accumulano gli indizi di un rallentamento: gli ultimi dati su vendite al dettaglio e spesa per beni manifatturieri in Francia sono stati deboli e la produzione industriale è salita solo grazie al contributo dell'Irlanda – dove si è registrata un'impennata della spesa per prodotti di proprietà intellettuale – e dei settori non energivori. Ciò detto, i dati sulla fiducia di consumatori e imprese, benché ancora a livello coerenti con una contrazione dell'attività economica, non sono più in caduta libera e confermano le nostre attese di una recessione non profonda.

 




Inflazione.

Per quanto riguarda l'inflazione, restiamo convinti che il picco sia stato registrato nel terzo trimestre negli Stati Uniti e sia in corso in Area Euro. Nel 2023 dovrebbero emergere diffuse pressioni al ribasso: secondo le nostre stime, l'inflazione rallenterà da 8,0% a 3,5% negli Stati Uniti e da 8,4% a 5,4% in Area Euro, sulla scorta del pass-through (cioè dalla trasmissione) dello shock sui prezzi di gas ed elettricità.


In Cina, le tendenze disinflazionistiche saranno arginate dal processo di riapertura dell'economia.

 


Banche centrali.

Per quanto riguarda le politiche monetarie, nella riunione di dicembre la Fed è stata più aggressiva del previsto, a conferma della volontà di orientarsi verso un plateau, prima che verso un pivot. Ci aspettiamo che i tassi salgano di altri 75 punti base nel 2023, raggiungendo quota 5-5,25%, e che la Fed avvii un ciclo di tagli nel secondo semestre, se i dati su crescita e salari lo consentiranno.

 

La BCE è stata eccezionalmente aggressiva. In base alle informazioni oggi disponibili, ci aspettiamo che la BCE continui ad alzare i tassi fino al terzo trimestre; elaborare stime puntuali è molto difficile, ma non si può escludere che il tasso di deposito possa spingersi fin sopra il 4%, se l'economia dovesse reggere meglio del previsto e l'inflazione sui servizi rivelarsi vischiosa.


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