Overview - Recessione, sì o no?

Fabio Fois

Responsabile Investment Research & Advisory

Nelle ultime settimane, le prospettive di breve termine per la crescita europea sono notevolmente migliorate e ci aspettiamo che la recessione arrivi più tardi di quanto stimato in precedenza, non prima del secondo trimestre. L’inflazione headline ha raggiunto il picco su entrambe le sponde dell’Atlantico, ma le pressioni a livello core restano più persistenti, specie lato servizi, e nel corso dell’anno si allenteranno più rapidamente negli USA che in Area Euro



Confermiamo la nostra previsione secondo cui nel corso del 2023 sia gli Stati Uniti che l'Area Euro attraverseranno una fase di recessione, breve e di modesta entità. Tuttavia, la contrazione dell'attività economica potrebbe iniziare più tardi di quanto stimato in precedenza in Area Euro, nel secondo trimestre del 2023 invece che nel quarto trimestre del 2022, e potrebbe essere posticipata anche negli Stati Uniti, potenzialmente nel terzo trimestre del 2023. La prossima ondata di accelerazione dei consumi, dettata dal ritorno alla normalità dopo le misure restrittive del passato, arriverà dalla Cina: ipotizzando che 1/3 dei risparmi in eccesso accumulati finora dalle famiglie cinesi (circa 2,6 trilioni di CNY) sia speso quest'anno, il contributo dei consumi alla crescita del PIL dovrebbe salire al 2% nel 2023 (+1,2% nel 2022), trainando la crescita cinese oltre il livello potenziale.


A dicembre l'inflazione headline ha registrato una nuova decelerazione negli Stati Uniti e in Area Euro, e riteniamo che il picco sia stato superato in entrambe le aree geografiche. Tuttavia, le pressioni sull'inflazione core continuano a dimostrarsi più persistenti, soprattutto per quanto riguarda la componente servizi, e in prospettiva si allenteranno più lentamente in Area Euro che negli USA. La riapertura costituisce senza dubbio un processo inflazionistico e la Cina non farà eccezione: ci aspettiamo un incremento delle pressioni sui prezzi nel gigante asiatico, ma non i rincari stellari osservati nei paesi occidentali. I rischi sono orientati al rialzo, con tempi e ritmi della riapertura che restano incerti.


In questo contesto è possibile che l'ostinazione dei mercati nello scontare uno scenario “Goldilocks" spinga sia la Fed che la BCE a scontrarsi a muso duro con gli investitori, e a ribadire ancora una volta come, malgrado il trend discendente, il livello di inflazione rappresenti un problema serio. Fintanto che la crescita economica e il mercato del lavoro non mostreranno segni di raffreddamento, il rischio di perdere il controllo dell'inflazione rimane elevato. Ci attendiamo che la BCE si dimostri più sensibile della Fed su questo punto, dal momento che ha rimesso i salari e i rischi di second round effects al centro della propria funzione di reazione, come già accaduto in passato, ma con argomentazioni più convincenti.

 

 Crescita

 

Stati Uniti - Qualche nota stonata


Il flusso di dati economici pubblicati durante l'ultimo mese mostra una discreta tenuta dell'economia statunitense nel suo complesso. Nelle prossime settimane, se il crollo inatteso dell'indice ISM di dicembre sarà riassorbito e i dati manterranno l'intonazione costruttiva che hanno avuto recentemente, il nostro scenario base sarà rivisto e la fase di contrazione dell'attività economica, lieve e di breve entità, sarà posticipata.   


La domanda interna si conferma solida: Il PIL del terzo trimestre è stato rivisto grazie alle dinamiche più costruttive registrate sul fronte della spesa per servizi; i consumi reali hanno mostrato una buona tenuta a novembre, le vendite al dettaglio hanno solamente dimezzato il dato particolarmente robusto di ottobre e la fiducia dei consumatori è tornata a salire a dicembre.


Il mercato del lavoro resta sotto pressione. Il numero di nuovi assunti nel settore privato ha registrato un'accelerazione nel mese di dicembre e il tasso di disoccupazione ha toccato un nuovo minimo storico, malgrado l'aumento della partecipazione alla forza lavoro. Nel frattempo, il dato sulle offerte di lavoro ha sorpreso al rialzo, sostanzialmente invariato rispetto a novembre. I progressi nel riequilibrio fra domanda e offerta di lavoro rimangono scarsi, con gli annunci di licenziamenti in frenata a dicembre e le richieste di sussidi di disoccupazione che non lasciano intravedere un imminente incremento del tasso di disoccupazione.


Segnali contrastanti dal settore edilizio, che continua a registrare una tendenza al ribasso. Per la prima volta dopo diversi mesi, a novembre sono giunte alcune buone notizie per il settore immobiliare. Al netto di un calo delle vendite di case esistenti, dell'avvio di nuovi cantieri e delle concessioni edilizie, la vendita di nuove case e la spesa per costruzioni hanno registrato un incremento. 


Non è tutto oro quello che luccica. A fronte dei segnali rassicuranti che emergono dalla maggior parte dei dati in arrivo, due indicatori rappresentano un campanello di allarme per le prospettive dell'economia statunitense:


1) sembra che il settore manifatturiero abbia iniziato a risentire dell'aumento dei tassi di interesse. Seppur in maniera poco pronunciata, la produzione industriale è risultata in calo a novembre, per il secondo mese consecutivo, con la forte contrazione che ha interessato l'attività manifatturiera e quella mineraria compensata dalle dinamiche costruttive nella produzione di servizi di pubblica utilità;


2) l'indice ISM relativo al settore dei servizi è crollato a dicembre, affossato dall'improvviso calo dei nuovi ordini e dalla moderazione della componente riguardante l'attività delle imprese (un dato, questo, che appare coerente con la nostra aspettativa di una modesta recessione a partire dal secondo trimestre).


Prima di trarre conclusioni definitive, preferiamo attendere ulteriori conferme. Alcune considerazioni di natura temporanea potrebbero infatti aver contribuito al crollo registrato a dicembre, compresi il clima sfavorevole e un effetto “normalizzazione": il calo di 10 punti della componente sull'attività delle imprese segue un incremento di 9 punti registrato a novembre (se escludessimo questa serie dal computo dell'indice, ci si troverebbe ancora in territorio espansivo).


Lo scenario base di ANIMA. In questo contesto, confermiamo la nostra previsione secondo cui l'economia statunitense attraverserà una recessione lieve e di breve entità nel secondo trimestre. Ci aspettiamo una crescita del 2,0% nel quarto trimestre 2022, e rispettivamente 1,2%, -0,8%, -1,2% e +0,6% nei quattro trimestri del 2023 (dati destagionalizzati, su base trimestrale). Se il crollo dell'indice ISM sarà riassorbito e i dati delle prossime settimane manterranno l'intonazione costruttiva che hanno avuto recentemente, il nostro scenario base sarà rivisto e la fase di contrazione dell'attività economica, lieve e di breve durata, sarà posticipata.   


 

Area Euro – Sostenuta dai consumatori, in balia della BCE


Crisi, quale crisi? La tanto temuta crisi energetica, che avrebbe dovuto portare addirittura al razionamento delle forniture, è stata scongiurata grazie al clima mite, alla drastica riduzione dei consumi e alle scorte di gas preventivamente accumulate. Gli stoccaggi hanno evidenziato un andamento laterale, e recentemente hanno persino registrato un incremento, con conseguente drastica riduzione dei rischi di coda derivanti da potenziali tagli alle forniture energetiche.


Gli stimoli dei governi. Dall'inizio della crisi energetica, in tutti i Paesi europei sono stati stanziati circa 600 miliardi di euro (di cui 460 miliardi solo in Germania, Francia, Italia e Spagna) per ridurre l'impatto negativo dall'aumento dei costi energetici sui bilanci delle famiglie.


Gli sviluppi più recenti indicano che i Governi restano orientati a potenziare gli aiuti. In Germania, per esempio, a fine 2022 la Camera Alta ha approvato un tetto massimo per i prezzi di gas ed energia elettrica, da applicarsi nel periodo compreso tra il primo trimestre del 2023 e aprile 2024, e che coprirà circa l'80% dei consumi dell'anno precedente. Inoltre, il governo provvederà al rimborso, per i soli clienti retail, delle bollette di gas e riscaldamento per il periodo compreso tra dicembre 2022 e febbraio 2023. Stimiamo che il valore di queste misure ammonti complessivamente a non meno di 30 miliardi di euro, in aggiunta agli oltre 265 già stanziati. Nel frattempo, in Italia il governo ha approvato misure espansive per ulteriori 21 miliardi di euro, che si aggiungono ai 91 già stanziati per aiutare le famiglie e le imprese ad affrontare la crisi energetica. La maggior parte di questi provvedimenti troverà applicazione dal primo trimestre.


Il mercato del lavoro è estremamente solido. A novembre, il tasso di disoccupazione per la fascia d'età 25-74 anni è sceso di 0,1% al 5,6%, nuovo minimo storico. La tendenza alla crescita delle retribuzioni, sebbene molto contenuta rispetto agli Stati Uniti, prosegue, e fornisce ulteriore sostegno alla spesa.


La FOMO (Fear Of Missing Out) dei consumatori continua. In questo contesto, i consumatori non stanno mostrando alcuna remora nell'attingere ai propri risparmi, spinti dal desiderio di recuperare la quota di consumi rimandati per colpa della pandemia. L'eccesso di risparmi, che nel primo trimestre del 2020 aveva toccato quota 500 trilioni di euro, è stato ormai eroso, mentre i depositi bancari stanno rapidamente tornando verso le medie storiche. La relativa tranquillità delle famiglie nel valutare le prospettive di risparmio emerge anche dagli indicatori di fiducia: a partire dall'ottobre dello scorso anno, la sotto-componente che monitora le aspettative sui trend di risparmio è tornata a salire, e si colloca su livelli molto vicini a quelli pre-pandemici.


Migliorano le prospettive per la domanda estera. Il commercio con l'estero sarà favorito non solo dalla sorprendente resilienza dell'economia statunitense, per la quale continuiamo a prevedere una recessione lieve e di breve durata non prima del secondo trimestre, ma anche e soprattutto dal forte impeto alla crescita cinese inferto dalla riapertura. Le esportazioni verso Cina e Stati Uniti rappresentano rispettivamente il 7% e il 16% delle esportazioni totali dell'Area Euro, ed incidono rispettivamente per il 2,4% e il 5,3% del PIL.


I dati sulla fiducia di imprese e consumatori segnalano che probabilmente il peggio per l'economia europea è alle spalle. Dal lato dell'offerta, le letture definitive degli indici PMI indicano prospettive meno negative alla fine del quarto trimestre: a dicembre, l'indice composito è salito per la seconda volta consecutiva, con un miglioramento generalizzato, diffuso a diversi paesi e guidato principalmente dal settore dei servizi. Sul fronte della domanda, la fiducia dei consumatori è aumentata ormai per tre mesi di fila, grazie al deciso miglioramento del giudizio su condizioni finanziarie e contesto economico generale.


La recessione è nelle mani della BCE. La ragione per la quale l'economia dell'Area Euro rischia in ogni caso di sprofondare nella recessione risiede nelle scelte della BCE. Fin tanto che le famiglie manterranno questi livelli di spesa, che sia per la maggiore propensione al consumo o per le misure di stimolo fiscale, e gli sviluppi in Cina e USA saranno costruttivi, è probabile che l'Area Euro riesca ad evitare una contrazione. Tuttavia, con il picco del ciclo restrittivo della BCE ancora lontano, la recessione nel secondo trimestre potrebbe comunque arrivare.


Un avvio ancora più tardivo non si può escludere, per due ragioni:


1) non è affatto detto che l'economia statunitense entrerà in recessione nel secondo trimestre. Infatti, se l'indice ISM dei servizi dovesse registrare un rimbalzo a gennaio, o venissero meno i timori di una brusca contrazione della domanda interna, il sostegno fornito dall'economia americana potrebbe continuare più a lungo del previsto.


2) nel corso degli anni, i consumatori dell'Area Euro, e molto probabilmente anche le imprese, sono diventati più resistenti/meno vulnerabili ai rialzi dei tassi della BCE, grazie al calo della quota di prestiti a tasso variabile: il volume complessivo dei mutui a tasso variabile è sceso al 18% nell'intera Area Euro, in calo di quasi dieci punti percentuali rispetto ai livelli del 2013.


Lo scenario base di ANIMA. In questo contesto, le nostre stime sono state riviste: ci aspettiamo una crescita reale del PIL pari a 0,1% nel quarto trimestre 2022 (a fronte di una stima precedente di -0,3%) e 0,0%, -0,2%, -0,3% e 0,4% su base sequenziale nei quattro trimestri del 2023, coerenti con una crescita media annua dello 0,2%.

 


Cina - La riscossa dei consumatori


La riapertura si svilupperà nel primo trimestre. Lo smantellamento della politica di tolleranza-zero prosegue e le autorità si sono mosse più rapidamente del previsto, accelerando la rimozione di molte restrizioni che avevano congelato l'economia lo scorso anno.

 

I contagi potrebbero raggiungere il picco all'inizio di febbraio. Nelle grandi città come Pechino, Wuhan, Shenzen e Shanghai il numero di nuovi casi ha già toccato i massimi o li sta segnando. Nel complesso, l'ondata pandemica che sta interessando la Cina continentale dovrebbe raggiungere il picco tra la fine di gennaio e i primi di febbraio, dopo le festività del Capodanno cinese. Il peso sul sistema sanitario non si è ancora fatto sentire.   


La mobilità è in rapida ripresa. Gli indicatori di mobilità segnalano che gli spostamenti delle persone si sono ridotti considerevolmente nel mese di dicembre, a causa dell'aumento significativo dei contagi e di una generalizzata cautela. Tuttavia, a partire da gennaio, il volume dei passeggeri sulle metropolitane ha mostrato segni di ripresa. 


Nel 2023 il “revenge spending" sarà il vero motore della crescita, ma il percorso potrebbe essere accidentato. Nel 2022 la spesa delle famiglie ha risentito oltremodo del Covid e degli effetti della politica di tolleranza-zero, che ha minato la fiducia dei consumatori; con il consolidamento del processo di riapertura, però, ci attendiamo un graduale miglioramento del sentiment. Le famiglie cinesi si apprestano infatti a vivere questa nuova fase avendo alle spalle una situazione patrimoniale solida, grazie da una parte allo stock significativo di risparmi in eccesso accumulati dal 2020 e, dall'altra, alla continua riduzione dell'ammontare di mutui. Secondo le nostre stime, nel 2022 le famiglie hanno accumulato risparmi per circa 15 trilioni di Yuan rispetto agli 8,0 trilioni del 2021 (contro una media di 7 trilioni nel periodo 2017-2019), il che proietta l'eccesso di risparmi a circa 8 trilioni di Yuan a novembre 2022, il 6-7% del PIL. L'impiego di 1 trilione di Yuan dovrebbe tradursi in una crescita nominale di 0,8 punti percentuali di PIL, ma è probabile che la maggior parte di queste risorse sia concentrata fra le fasce di popolazione a reddito medio-alto (nello specifico, nelle mani delle famiglie urbane rispetto a quelle rurali); quindi, in via prudenziale, assumiamo che solo 1/3 dei risparmi in eccesso si traduca effettivamente in spesa per consumi. Con questa ipotesi, il contributo dei consumi al PIL dovrebbe salire al 2,1% nel 2023, dall'1,2% del 2022.


Lo scenario base di ANIMA. In questo contesto, abbiamo rivisto al rialzo le nostre previsioni sulla crescita cinese: ci aspettiamo che il PIL si espanda a un ritmo del 6,5% (a fronte di un 5,2% stimato a dicembre), grazie all'ulteriore spinta derivante dall'impennata dei consumi; il contributo negativo del rallentamento del settore immobiliare sarà più modesto rispetto al 2022, e compenserà il freno rappresentato dalle esportazioni nette. I tassi di crescita sequenziali dovrebbero attestarsi al 2,7% e 9,3% nel primo e secondo trimestre, 7,0% nel terzo e quarto trimestre.

 


INFLAZIONE

 

Stati Uniti - Dati previsti, ma comunque non graditi


L'inflazione statunitense è risultata in linea con il consenso Bloomberg. A dicembre, l'indice headline è sceso dello 0,1%, a fronte di un aumento dello 0,1% nel mese precedente, mentre l'indice core è salito dello 0,3% rispetto allo 0,2% di novembre. Su base annua, l'inflazione complessiva è scesa da 7,1% a 6,5%, quella core da 6,0% a 5,7%.  


A livello headline, l'inflazione sulla componente alimentare è scesa di 0,2 punti percentuali a +0,3% su base mensile (il dato più basso da marzo 2021), con il rallentamento che ha interessato i prodotti consumati sia a casa (-0,3 pp a 0,2% su base mensile) che fuori casa (-0,1 pp a 0,4%). All'interno del paniere energetico (in calo di 2,8 pp a -4,4%), le commodity energetiche hanno subito una forte decelerazione di 7,4 pp a -9,4% su base mensile, mentre i prezzi dei servizi energetici sono saliti di 2,6 pp a 1,5%.


A livello core, i dati di dicembre confermano il rallentamento dell'inflazione sui beni, mentre quella sui servizi è salita.  


Più in dettaglio, i prezzi dei beni core hanno registrato il terzo dato negativo consecutivo su base mensile (-0,3%) e hanno subito una decelerazione di 1,6 pp su base annua, scendendo a 2,1%. I prezzi delle auto nuove, in particolare, si sono ridotti di 0,1 pp scendendo a -0,1% su base mensile (minimo da gennaio 2021) a seguito del forte aumento delle promozioni da parte dei concessionari. I prezzi delle auto usate hanno mantenuto una dinamica deflazionistica (-2,5% su base mensile), che riflette il calo dei prezzi delle aste di auto usate a dicembre. L'inflazione sull'abbigliamento, da ultimo, è salita di 0,3 pp a 0,5%.


Sull'altro fronte, i prezzi dei servizi core sono aumentati di 0,1 pp a 0,5% su base mensile, e di 0,2 pp al 7,0% su base annua. Il settore dei servizi abitativi ha fornito il contributo più importante, con la componente affitti che ha mostrato grande solidità: gli affitti delle prime case sono rimasti invariati allo 0,8% su base mensile, gli affitti figurativi (Owners' Equivalent Rent, OER) sono saliti di 0,1 pp a quota 0,8%, e il prezzo degli alloggi fuori casa è aumentato di 2,2 pp a +1,5% su base mensile. Al netto dei servizi abitativi, contributi al rialzo non trascurabili sono arrivati anche dai servizi di assistenza medica (+1,7 pp a 0,1% su base mensile) e dai servizi di trasporto (+0,9 pp a 0,2%), mentre il calo delle tariffe aeree (-3,1%) è stato compensato dai rincari sul noleggio di auto (+0,9 pp a -1,5%).


Complessivamente, le dinamiche descritte si sono tradotte in un'accelerazione dell'indicatore preferito dalla Fed, ovvero l'inflazione sui servizi core ex shelter, da +0,2% a +0,3% su base mensile, con il tasso di variazione su base annua invariato a +6,3%.


Benché attesi, difficilmente questi dati saranno accolti con favore dalla Fed. All'interno del paniere core, due dei tre sottoindici più attentamente monitorati, quello dei prezzi dei servizi per le abitazioni (shelter) e dell'inflazione core ex shelter, hanno registrato un'accelerazione.


Lo scenario base di ANIMA. Ci aspettiamo che l'inflazione headline/core si attesti in media al 5,3%/5,2% su base annua nel primo trimestre del 2023, 3,2%/4,1% nel secondo trimestre, 2,3%/3,1% nel terzo trimestre e 1,9%/2,5% nel quarto, coerenti con un tasso annuo del 3,2%/3,8%.

 


Area Euro - Una storia di due inflazioni


L'inflazione headline sprofonda a dicembre. Il calo è stato guidato dal settore energetico, e amplificato dalla decisione della Germania di rimborsare alle famiglie il costo delle bollette di gas e riscaldamento. Al di là di questo effetto una tantum, l'inflazione su gas ed elettricità è stata piuttosto vischiosa a dicembre, complici gli aumenti dei prezzi dell'energia all'ingrosso tra fine novembre e inizio dicembre, e i ritardi nel trasferimento delle variazioni dall'ingrosso al dettaglio. Anche i prezzi dei prodotti alimentari sono saliti.


Nello stesso tempo, l'inflazione core ha registrato nuovi massimi. All'interno del paniere, sia i beni industriali non energetici sia i servizi hanno subito rincari, il che lascia supporre che la passata svalutazione dell'euro e la domanda interna ancora forte continuino a esercitare pressioni al rialzo sui prezzi core, anche se è ipotizzabile che la seconda componente sia stata sostenuta dall'aumento stagionale della spesa per viaggi, attività ricreative e ospitalità.


In prospettiva, ci aspettiamo che i trend dell'inflazione headline e core continuino a separarsi. Gli effetti base favorevoli, uniti alla riduzione dei prezzi delle utenze e delle materie prime alimentari, dovrebbero continuare a spingere l'inflazione headline al ribasso. Al contrario, la domanda ancora solida (sostenuta da un mercato del lavoro forte, un potenziale aumento della propensione al consumo da parte delle famiglie e aumenti retributivi) continuerà a offrire supporto ai prezzi finali, in particolare nel settore dei servizi. 


Area Euro vs. Stati Uniti. In termini relativi, manteniamo l'aspettativa che l'inflazione rallenti in Area Euro nel corso del 2023, ma in modo meno spiccato rispetto agli Stati Uniti, soprattutto a livello core. Le ragioni sono due: 1) in Area Euro non ci sono forze meccaniche che spingono l'indice al ribasso, come fanno invece i prezzi di servizi abitativi, assicurazioni sanitarie e auto nuove negli USA; 2) il trasferimento dei costi lungo la catena dei prezzi dei beni ha ancora spazio per consolidarsi.


Lo scenario base di ANIMA. Nel complesso, l'inflazione dovrebbe attestarsi al 7,6% su base annua nel primo trimestre 2023, 5,8% nel secondo trimestre, 4,5% nel terzo trimestre e 2,7% nel quarto, con il tasso annuo al 5,1%.

 


Cina – La discontinuità della riapertura


Nel mese di dicembre, l'inflazione headline è salita da 1,6% a 1,8%, con il traino dei prezzi dei prodotti alimentari, mentre l'inflazione core è passata da 0,6% a 0,7% su base annua, lasciando intendere che i minimi siano stati segnati a fine 2022. Nel primo trimestre del 2023, l'inflazione headline potrebbe anche raffreddarsi ulteriormente a causa della stagionalità negativa dei prezzi della carne suina, dato che la domanda interna raggiunge tipicamente un punto di flesso con il passaggio al nuovo anno.


Successivamente, l'inflazione salirà, ma senza schizzare alle stelle come accaduto negli Stati Uniti e in Area Euro. Le ragioni sono tre: 1) sul fronte interno, i prezzi dei beni non dovrebbero andare fuori controllo, vista la capacità produttiva senza pari della Cina; 2) il contesto globale è molto diverso rispetto a quello del 2021: la domanda esterna è più debole, quindi i prezzi alla produzione subiranno pressioni più limitate; 3) le famiglie cinesi non sono state sovvenzionate oltre misura dai sussidi governativi.


Lo scenario base di ANIMA. In questo contesto, l'inflazione dovrebbe segnare i minimi a cavallo d'anno e riaccelerare all'inizio del secondo trimestre grazie al processo di riapertura, il cui effetto si dipanerà per tutto il 2023. La variazione annua dell'indice dei prezzi al consumo potrebbe spingersi al 4% a dicembre 2023, con il dato medio annuo in accelerazione dall'1,8% del 2022 al 2,8% del 2023; i rischi intorno a questa proiezione sono orientati al rialzo.


 

NOTA: Approfondimento presentato in occasione dell'ultimo Comitato Investimenti, tenutosi il 18/19 gennaio 2023


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