Guerre commerciali: l’unica certezza è l’incertezza

Investment Advisory

19.08.2019

Guerre commerciali: l’unica certezza è l’incertezza

Dopo l’escalation delle tensioni di inizio agosto, l’Amministrazione Trump ha fatto un passo indietro. Ma i timori per la crescita globale continuano a intensificarsi.

​​A meno di due settimane dall'annuncio shock da parte di Trump di ulteriori dazi sulle importazioni cinesi, è arrivata una parziale schiarita. L'ufficio del Rappresentante per il Commercio americano ha comunicato che le tariffe, pari al 10% e destinate ad entrare in vigore il 1 settembre, saranno applicate solo su una parte dei prodotti originariamente indicati: alcuni verranno eliminati dalla lista per ragioni di salute e sicurezza nazionale, altri saranno oggetto di una temporanea esenzione. Si tratta di beni per un controvalore di circa 160 miliardi di dollari (il 55% del totale), prevalentemente prodotti di largo consumo (computer portatili, telefoni cellulari, giocattoli, videogiochi, alcune tipologie di abbigliamento e calzature), che saranno sottoposti a dazi solo dal 15 dicembre, in modo da limitare le ricadute negative per consumatori e imprese nella stagione natalizia. Il provvedimento non ha impedito alle autorità cinesi di denunciare la violazione degli accordi presi fra Trump e Xi al G20 di Osaka e dichiarare che sono allo studio rappresaglie.


Difficile valutare l'impatto di questi sviluppi sulle trattative in corso: in teoria, le negoziazioni avrebbero dovuto riprendere a settembre, ma pare siano in programma alcuni colloqui telefonici e c'è attesa per la decisione del Dipartimento del Commercio USA sulle deroghe concesse a Huawei. Un compromesso è ancora possibile, specie se la debolezza dell'economia o della borsa dovessero renderlo politicamente conveniente per Trump, ma qualunque accordo, per quanto parziale, sarebbe soggetto a monitoraggio (con revisioni periodiche e meccanismi punitivi in casi di mancato rispetto degli impegni) e non potrebbe eliminare integralmente i molti margini di libertà di cui gode il Presidente USA in tema di rapporti con l'estero.


L'incertezza associata alla politica commerciale americana, dunque, è destinata a rimanere elevata e le conseguenze per l'economia globale sono sempre più significative.


Molteplici le evidenze negative che si sono accumulate negli ultimi giorni. I dati più allarmanti sono stati pubblicati in Cina, con la produzione industriale salita nel mese di luglio del 4.8% (il valore più basso dal 2002) e in Germania, con il prodotto interno lordo relativo al secondo trimestre in contrazione dello 0.1% e rischi crescenti di recessione tecnica (gli indicatori anticipatori relativi al mese di luglio sono in calo, con la componente aspettative dell'Indagine ZEW ai minimi dal 2011). Notizie più positive negli Stati Uniti, dove i dati sulle vendite al dettaglio migliori delle attese testimoniano la solidità dell'economia domestica e del settore dei consumi in particolare. Tuttavia, gli investitori sembrano nutrire seri dubbi sulla capacità dell'economia americana di rimanere immune alle minacce rappresentate dall'indebolimento della crescita globale e del commercio internazionale, per lo meno stando ai segnali che emergono dal mercato obbligazionario: il 15 agosto per la prima volta nella storia il tasso dei Treasuries americani a trent'anni si è spinto sotto il 2% e il giorno precedente il differenziale di rendimento fra titoli a due e dieci anni è sceso (ma non ha chiuso la sessione) in territorio negativo. Se questa dinamica dovesse consolidarsi, il messaggio non sarebbe tranquillizzante: tutti gli episodi di inversione della curva dei tassi americani che si sono verificati dal 1956 sono stati seguiti da una recessione, per quanto dopo intervalli di tempo anche considerevoli.


Per certo, in un contesto di elevata incertezza e crescente focalizzazione delle Banche Centrali sul quadro macro, il flusso di dati sulla crescita sarà sempre più importante per la direzione dei mercati.  


La crescita in Area Euro


Fonte: elaborazione ANIMA su dati Bloomberg


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